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Proteste in Sudan a 1 mese dal Golpe: cadaveri delle vittime del Sudan riemersi nel Nilo

Cadaveri delle vittime del Sudan riemergono dal Nilo: a un mese dal Golpe militare le proteste del popolo sudanese continuano

Le vittime del Sudan sono disperse, ma alcune iniziano a riemergere dalle acque del Nilo.

Dopo il Golpe del 25 ottobre scorso, il popolo sudanese protesta contro i militari, contro la violenza che ancora una volta è usata come mezzo di repressione.

Le proteste contro le milizie militari: la ricerca della verità

A un mese dal colpo di stato militare in Sudan, il popolo sudanese scopre la verità sui “dispersi”. Sono stati gettati nel Nilo. Non si hanno più notizie delle persone scomparse in quest’ultimo mese, ma secondo testimoni dopo essere stati uccisi sarebbero stati gettati dalle Rapid Support Force, forze militari sudanesi, nelle acque ingrossate del Nilo.

L’alta stagione delle piogge abbondanti, ha portato all’innalzamento del livello del fiume africano in tutto il Sudan. Nelle periferie si è riversato oltre gli argini devastando coltivazioni e case, a Khartoum, la capitale, ha favorito l’occultamento dei corpi dei manifestanti.

Le vittime infatti sono coloro che da un mese a questa a parte protestano dopo il Golpe del 25 ottobre. Golpe in cui il governo del primo ministro Abdalla Hamdok fu sciolto: le speranze verso una transizione democratica, dopo la destituzione nell’aprile 2019 dell’autocrate Omar Al-Bashir vennero spente, lasciando spazio alle milizie militari.

Dal 25 ottobre proteste: tra violenza e morte

Dopo il Golpe militare del 25 ottobre, una serie di rivolte si è innalzata tra il popolo sudanese, proteste che non hanno intenzione di fermare. La meta finale: la transizione verso la democrazia. È una forma di dissenso pacifica che coinvolge uomini, donne, bambini, giovani e persino disabili scesi in carrozzina a protestare per la democrazia e per la libertà, per la giustizia e la verità sulle vittime e sui “dispersi” da un mese a questa parte.

Sono passati due giorni dopo l’ultima manifestazione contro i militari, che nel frattempo hanno ripristinato il governo del primo ministro Abdalla Hamdok, agli arresti il 25 ottobre per non avere sostenuto il Golpe militare. Ma nonostante la repressione delle proteste sia parecchio sanguinosa, provocando parecchie vittime in Sudan, i manifestanti non hanno intenzione di indietreggiare. E non tollerano e non perdonano ai generali di essere ricorsi ancora una volta alla violenza.

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Proteste del popolo sudanese

Centinaia di feriti, moltissimi in gravi condizioni, e 50 morti: questa è la portata delle repressioni, per ora. Aprire il fuoco, con l’intento di uccidere, scoraggiare alle proteste, questo lo schema visto e rivisto per reprimere chiunque manifestasse malcontento e intenzioni rivoltose. Dalla capitale, come in Darfur e sui Monti Nuba, dove il governo del Presidente-Dittatore Omar Hassan Al-Bashir, prima, e il Consiglio sovrano guidato dai militari, oggi, utilizzano lo schema per annientare il dissenso.

I corpi iniziano a riemergere

Se il Nilo, fino a poco fa nascondeva le atrocità delle milizie sudanesi, ora non è più così. Pochi giorni fa il riemergere di un cadavere nei giorni scorsi, a valle rispetto all’epicentro delle rivolte, ha svelato l’orrore delle milizie sui manifestanti e sulle vittime del Sudan. Wahid Arman Yousif, ingegnere e attivista politico racconta:

Temo che le persone di cui non sappiamo più nulla siano ancora lì, nel Nilo. Ma le acque per quanto limacciose e vorticose non riescono mai a nascondere troppo a lungo.

La Sudan Professional Associations, non crede all’impegno del ripristinato primo ministro Hamdok. L’Associazione è chiara: “stiamo ancora aspettando giustizia per i martiri del 3 giugno, figuriamoci se avremo mai quella per i manifestanti scesi in piazza per difendere la transizione.

Noi non stringeremo mai più accordi con i militari”. Si proseguirà con la resistenza non violenta, fino a quando i militari non lasceranno il potere a un governo civile al 100% che porti alle elezioni nel 2023. A un mese dal colpo di stato, domani, è già convocato un nuovo sciopero generale.

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