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Può Putin da solo distruggere l’economia mondiale?

Davvero la Russia di Putin da sola è in grado di alterare lo status quo minacciando l’economia mondiale? Più il tempo passa, più le sanzioni aumentano e più la capacità offensiva e la tenuta economica della Russia di Putin diminuiscono ma c’è il rischio che il prolungamento della guerra possa avere effetti negativi su tutto il mondo, in particolare sull’Europa e sui Paesi emergenti.

Guerra in Ucraina e le sanzioni

È innegabile che la Russia abbia sconvolto il mondo con un guerra scellerata ma le ripercussione ora iniziano a pesare anche su Mosca. Nei mesi scorsi molti commentatori internazionali si sono prodigati nel cercare di sminuire l’effetto che le sanzioni occidentali stanno avendo sulla Russia. In particolare, hanno sovrainterpretato la forza del Rublo, le riserve monetarie e la capacità di rivendere il gas e il petrolio, che erano destinati al mercato europeo, ad altri Stati. Secondo le analisi riportate da The Guardian, però, le sanzioni stanno avendo un pesante impatto sull’economia russa nel medio e lungo periodo. Sul breve periodo, invece, la vendita a prezzi molto maggiorati di metano e petrolio, che hanno fatto registrare introiti record nel secondo trimestre del 2022, ha dato l’illusione della tenuta del sistema economico e della capacità di finanziare l’esercito.

Ciononostante, le importazioni sono crollate creando un danno potenzialmente devastante. Infatti, le sanzioni imposte da USA, UE e Regno Unito vietano l’esportazione alla Russia di tutti quei componenti e prodotti strategici, per lo più Hi-Tech, per le industrie delle telecomunicazioni, aerospaziale, militare e petrolchimico.

Il risultato è che le industrie russe non possono, anche per l’arretratezza tecnologica domestica, continuare a produrre come prima della guerra per mancanza effettiva di componenti adeguate. Putin se sapeva dell’eventualità di questo scenario lo ha accettato come prezzo da pagare per la sua missione imperialistica e se non lo sapeva mostra l’enorme errore strategico commesso da lui stesso e dall’élite di Mosca.
Si può pensare che la Russia possa trovare nella famosa “amicizia senza limiti” (mai dimostrata) tra Putin e Xi Jinping una scappatoia alle sanzioni ma non è così. Non è così perché le sanzioni si applicano anche ai prodotti costruiti in Paesi terzi ma con tecnologie USA.

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Sul fronte energetico l’interruzione dei rifornimenti all’Europa ha danneggiato le economie UE, ma la prospettiva russa pare nebulosa. Sempre secondo le analisi di The Guardian, la Russia dipende dai gasdotti per esportare il gas e la maggior parte di essi conducono in Europa. A Est con la Cina il gasdotto, “Power of Siberia”, trasporta gas estratto a oriente e non può redistribuire lo stesso gas che era destinato a occidente. Inoltre, il secondo gasdotto con la Cina, “Power of Siberia 2”, non esiste ancora e ci vorranno anni per vederlo in funzione, se mai entrerà in funzione.

L’alternativa a questo impasse è l’utilizzo del gas liquefatto (GNL) che può essere trasportato via nave. Ma “Putin può interrompere le forniture di gas verso l’Europa, ma non può deviare il gas per la vendita ad altri Paesi perché avrebbe bisogno di terminali GNL per immagazzinare il gas. Non ha il tempo, la tecnologia o le attrezzature per farlo, quindi deve rimanere nel terreno “, come ha affermato da Tim Ash, un esperto di Russia presso il think tank di Chatham House.

La Russia sembra essersi avviata verso l’isolamento geopolitico e il suo peso nell’economia mondiale calerà inevitabilmente. Putin ha sempre la carta del nucleare da giocare per sconvolgere il mondo ma, per il momento, gli analisti sia occidentali che cinesi escludono questa possibilità. La mobilitazione quasi generale delle riserve non fa che aumentare l’incertezza per il futuro.

 

La situazione Italiana

Come detto, la guerra in Ucraina ha inflitto un duro alle economie europee, soprattutto dal punto di vista energetico. La prima mossa è stata quella di staccarsi dagli approvvigionamenti russi per cercare l’indipendenza energetica. Se prima del 24 febbraio l’Europa importava circa il 40% del proprio fabbisogno dalla Russia ora si è arrivati attorno al 9% ma non senza problemi. Il primo problema è stato l’aumento quasi incontrollato del prezzo delle bollette di gas e luce. Non a caso il premier Italiano, Mario Draghi, è da mesi che propone di intervenire a livello europeo con uno strumento, un “tetto al prezzo del gas” o “price cap“, per mitigare il peso che grave sulle spalle delle famiglie e delle aziende. Il secondo è quello di riuscire a trovare altri fornitori in tempo per l’inverno.

A questo proposito, il ministro della Transizione Ecologia, Roberto Cingolani, ha rassicurato che l’Italia riuscirà a passare l’inverno senza troppe preoccupazioni. “Abbiamo messo in sicurezza il paese, dovremmo fare una stagione invernale tranquilla. Gli stoccaggi sono pieni (circa al 90%, NdR). Avremo problemi sui prezzi, ma se il 20 si conclude bene sul price cap, avremo risolto la situazione. Purtroppo non toglieremo la sofferenza a famiglie e imprese. Il “price cap” l’avevamo proposto mesi fa. La Commissione europea è stata lenta, poi ha accelerato. Speriamo anche che la guerra finisca”, ha detto il ministro al Corriere della Sera.

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Il vero problema si presenterà l’anno prossimo perché le infrastrutture sostitutive non sono all’altezza. In particolare, il nuovo esecutivo dovrà decidere a livello politico e pragmatico se impegnarsi nella costruzione dei rigassificatori di Piombino, dichiarato come asset per la sicurezza nazionale da Cingolani, e Ravenna. “Non abbiamo una produzione nazionale, abbiamo un terzo dei rigassificatori che ci servono e dobbiamo aumentare la capacità di stoccaggio”, ha commentato il CEO di Eni, Claudio Descalzi.

È chiaro che la guerra ha inferto un duro colpo all’Italia e all’Europa ma per il momento è stato attutito abbastanza bene. Ciononostante, gli sforzi italiani non posso prescindere dalla coordinazione con gli altri Stati e con l’Unione Europea.

Solo gli USA possono compromettere l’economia mondiale

Il vero problema per l’economia mondiale probabilmente non è Putin direttamente ma la possibile recessione degli Stati Uniti, indotta anche indirettamente dalla guerra. Il Pil dell’ultimo trimestre è diminuito dello 0,6% dopo che era già diminuito dell’1,6% durante il primo trimestre del 2022. Di fatto, gli USA per i primi sei mesi dell’anno sono andati in recessione, come riporta Al Jazeera. L’amministrazione Biden, però, continua ha dichiarare che l’economia è “resiliente” puntando sul fatto che la disoccupazione è molto bassa. Tuttavia, i dati sono difficili da ignorare.

La Banca Mondiale ha affermato che la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina hanno creato degli “shock straordinari” all’economia mondiale ma se un ce ne sarà uno al sistema finanziario americano non c’è limite al peggio, in particolare per i Paesi in via di sviluppo, come affermato dal direttore della Divisione per la Globalizzazione alla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, Richard Kozul-Wright.

Inoltre, una recessione o anche una stagnazione significa un rallentamento dei consumi. Rallentamento che affliggerebbe, di conseguenza, gli esportatori in USA, come Cina, Canada e Messico. La reazione a catena è il rischio che il mondo non può permettersi in questo momento. A peggiorare la situazione per gli USA, e per l’Europa, è la decisione dell’OPEC di tagliare la produzione di petrolio per tenere i prezzi alti.

“Penso che la decisione dell’OPEC sia inutile e poco saggia: non è chiaro quale impatto avrà, ma certamente è qualcosa che, a me, non sembrava appropriato, nelle circostanze che affrontiamo”, ha detto la presidente della Fed, Janet Yellen, al Financial Times. L’impegno di Washington di tenere i prezzi bassi del petrolio ha la duplice funzione di aiutare i Paesi non produttori a far fronte all’emergenze energetiche e per impedire a Mosca di rifinanziare la guerra. Allo stato attuale delle cose, sembra che la Russia di Putin sia destinata a una recessione pesante, si stima oltre il 10%, mentre USA e Europa viaggiano col segno più.

Dunque, tutta la partita si gioca attorno al successo dell’Occidente nel superare “indenne” la crisi energetica, perché sul lungo periodo la Russia rischia di fallire economicamente. Come ha precisato Ash, “la NATO è un blocco economico da circa 40 trilioni di dollari e ne spende circa il 2% in difesa e armi, mentre la Russia vale “solo” 1,7 trilioni di dollari”.

 

Foto di copertina: AFP

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Editor: Lorenzo Bossola 

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