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Referendum 12 giugno, se ne parla troppo poco: perché è necessario votare

Il 12 giugno si vota per i referendum sulla giustizia: evitare il rischio astensione

Domenica 12 giugno, dalle 7 alle 23, oltre 50 milioni di Italiani potranno esprimersi sui cinque quesiti proposti dal Referendum sulla giustizia presentati da Lega e Radicali. C’è un nodo importante legato a queste votazioni: il quorum. Un referendum abrogativo, infatti, è valido solo se partecipa metà della popolazione più uno (50%+1) degli aventi diritti di voto. E in questi giorni si guarda con preoccupazione a quella che potrebbe essere l’affluenza di domenica alle urne.

Da sottolineare è il diffuso scarso interesse nei confronti dei referendum, da parte della stessa politica e dei media. Infatti, la televisione, principale mezzo d’informazione in Italia, sembra aver dedicato poco spazio ai quesiti che verranno proposti in sede di voto.

I referendum sono il principale strumento di democrazia diretta a disposizione dei cittadini italiani. La scelta di non recarsi alle urne è la manifestazione di uno scarso senso civico e di disinteresse verso la vita collettiva.

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Lo scarso interesse per i Referendum del 12 giugno

Fino a una settimana fa, un sondaggio Ipsos rilevava che solo un Italiano su due sapeva delle votazioni del referendum del 12 giugno. Sempre secondo i dati, molti ignoravano i temi proposti dai quesiti, e prevaleva la quota di coloro che avrebbero potuto astenersi a ciascuno di essi.

L’Agcom ha pubblicato ieri il monitoraggio sullo spazio che la televisione italiana ha dedicato al referendum sulla giustizia. Sono stati analizzati telegiornali e programmi extra-tg di 14 emittenti televisive diverse, da Rai e Mediaset, a Sky e La7. Il risultato è che in media, nel periodo tra il 29 maggio e il 4 giugno, i canali televisivi hanno dedicato l’1,6% del loro tempo su questo argomento.

Messo a confronto con i referendum del passato, questo spazio dedicato dalla tv sembra essere molto più basso.

Le cause

Sicuramente la causa principale dello scarso interesse verso i referendum è legata all’agenda dei media d’informazione. Da mesi, infatti, la guerra in Ucraina è al centro dell’attenzione mediatica di giornali, web e televisione.

Allo stesso tempo, però, la stessa politica promotrice dei quesiti referendari ha una certa responsabilità in merito. Lega e Partito radicale, i due principali promotori dei referendum, hanno denunciato il poco spazio lasciato dai mezzi d’informazione. Tuttavia, lo stesso Matteo Salvini, che sostiene i sì ai cinque quesiti, per lungo tempo non si è per niente occupato della questione.

Dallo scorso 16 febbraio, quando la Corte Costituzionale ha ammesso i cinque quesiti, fino a inizio maggio, il leader leghista non ha mai parlato dei referendum sui suoi profili social. Ancora oggi, le pagine web della Lega non hanno sponsorizzato contenuti per promuovere il voto ai referendum.

Strategia? Secondo alcuni, infatti, il timore di non raggiungere il quorum avrebbe indotto il partito a esporsi meno del previsto ed evitare, in caso, una sconfitta importante sotto gli occhi di tutti.

Referendum 12 giugno: le posizioni poco chiare in Parlamento

Bisogna ammettere che neanche gli altri partiti della maggioranza in Parlamento si sono spesi per incentivare il voto ai referendum. Enrico Letta, segretario Pd, ad esempio, non ha dato precise indicazioni di voto. Sicuramente un atteggiamento che non incentiva al raggiungimento del quorum.

Nel centrodestra, Forza Italia si è detto favorevole ai cinque quesiti. Fratelli d’Italia a tre sui cinque totali. Una coalizione che, quindi, non appare del tutto unita. E questo non fa altro che complicare ulteriormente le decisioni degli elettori sul voto.

 

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Editor: Susanna Bosio

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