restituzione delle opere
Arte

Nuove speranze sulla restituzione delle opere confiscate?

25 anni fa l’approvazione i Principi di Washington, il cui scopo era regolare e agevolare i processi di restituzione delle opere confiscate dai nazisti. Negli ultimi mesi la questione delle razzie – non solo naziste, ma anche coloniali –  ha generato un certo fermento, sia per le discussioni che alcune restituzioni hanno generato sia per la recente pubblicazione del volume L’arte indifesa: il destino di artisti e collezioni dopo l’emanazione delle leggi razziali, che raccoglie gli atti di un convegno tenutosi ad Ancona nel 2020 e, dopo una presentazione scritta da Liliana Segre, racconta le vicende di collezionisti e opere d’arte seguite all’emanazione delle leggi razziali da parte dei nazisti.

La restituzione delle opere d’arte nigeriane

Il 01 luglio 2022, sulla scorta di quanto già fatto dalla Smithsonian Institution, la Germania ha deciso di restituire alla Nigeria 1.130 opere d’arte trafugate dai britannici durante una spedizione punitiva nel 1897 e che da allora si trovavano anche in vari musei tedeschi.

Dopo decenni di dispute e varie richieste di restituzione delle opere confiscate (le prime avanzate sin dagli anni ’60, le ultime risalenti al 2020), il governo tedesco ha restituito le opere confiscate, accompagnate da un contributo economico per la costruzione di un nuovo museo atto a ospitarle, vicino a Benin City. Ma forse ancora più importante è stato il commento con cui il Ministro degli Esteri Annalena Baerbock ha accompagnato l’evento: «È stato sbagliato appropriarsi di questi manufatti e trattenerli per 120 anni». Una frase non senza conseguenze, né nella stessa Germania né negli ambienti legati al British Museum di Londra.

In discussione anche il Busto di Nefertiti e l’Altare di Pergamo

Le due opere, esposte rispettivamente al Neues Museum e al Pergamon Museum di Berlino, sono state oggetto delle discussioni nate in seguito alla restituzione alla Nigeria. Ci si è chiesti quale comportamento adottare, non solo per l’enorme numero di visitatori che attirano ogni anno, ma anche per le differenti condizioni che le hanno portate nel cuore dell’Europa. Il Busto di Nefertiti infatti è stato rinvenuto dall’archeologo tedesco Ludwig Borchardt nel 1912 nella località egizia di Tell-el-Amarna e portato in Germania l’anno successivo con l’autorizzazione del governo egiziano; l’Altare di Pergamo, invece, è frutto di un acquisto concluso con l’Impero ottomano nel 1879.

opere confiscate
Il Busto di Nefertiti, al Neues Museum.

Vari funzionari berlinesi hanno smentito qualsiasi voce di restituzione. Tuttavia qualche mese fa Saraya Gomis, vice della Senatrice per la giustizia Lena Kreck, accogliendo le ipotesi secondo cui tali acquisizioni sarebbero avvenute con l’esercizio di forti pressioni da parte della Germania, si è detta favorevole a un’eventuale restituzione, sostenendo che «Tutti i beni culturali provenienti da altre regioni del mondo non ci appartengono, sono qui illegalmente».

E i marmi del Partenone?

É annosa anche la questione riguardante i marmi di Elgin, che da molti anni la Grecia chiede al British Museum, arroccato dietro il British Museum Act del 1902 e dietro un altro provvedimento legislativo del 1963, che vietano ogni alienazione permanente dalla collezione del museo, impedendo di fatto qualsiasi eventuale tentativo di restituzione delle opere. La recente trattativa per una partnership fra il governo greco e il museo londinese, che prevede il prestito a lungo termine di alcuni dei marmi sottratti nel 1816, da esporre a rotazione ad Atene in cambio di altre antichità da portare temporaneamente a Londra, ha scaldato gli animi.

I marmi di Elgin esposti al British Museum.

Pare infatti che un portavoce del Ministero della Cultura greco abbia accusato l’Inghilterra di furto: «Ribadiamo, ancora una volta, la ferma posizione del nostro Paese che non riconosce la giurisdizione, il possesso e la proprietà delle sculture da parte del British Museum, in quanto frutto di un furto». Da parte sua, il presidente dell’istituto museale George Osborne ha chiaramente sostenuto che i marmi appartengono al Regno Unito e che «è importante alzarsi in piedi e proteggere la nostra cultura».

Le razzie naziste

Un film recente, Woman in Gold, in cui Maria Altmann, interpretata da Helen Mirren, lotta per farsi restituire un capolavoro di Gustav KlimtRitratto di Adele Bloch Bauer, ha ricordato al grande pubblico le razzie operate dai nazisti in campo artistico, di cui da decenni non si smette di parlare nelle aule dei tribunali di tutto il mondo. É recente la sentenza del Tribunale di Parigi che impone alla casa d’aste Christie’s la restituzione di La Maddalena penitente, dipinto del 1707 di Adriaen van der Werff, agli eredi della famiglia di Marcel Proust, alla quale fu sottratto negli anni ’40 del ‘900.

Ancora controversa, invece, è la situazione riguardante la collezione di Fritz Grünbaum, che di recente si è resa di nuovo protagonista nelle aule giudiziarie. Il famoso attore e sceneggiatore ebreo aveva costituito un’importante collezione, comprendente anche circa 80 opere di Egon Schiele; nel 1938, a seguito della sua deportazione a Dachau, cedette la procura alla moglie Elisabeth, anch’ella deportata nel 1942. In quegli anni si è persa traccia dei dipinti; alcuni di questi, a partire dagli anni ’50, sono stati acquistati dalla galleria Klipstein & Kornfeld di Berna da Mathilde Lukacs, sorella di Elisabeth Grünbaum: questa notizia permette di ricostruire la sorte di 110 opere, mentre altre 300 circa si sono smarrite nei meandri della storia e nelle importanti lacune di una lunga storia familiare.

Una nuova sensibilità?

L’approvazione della Legge Bachelot in Francia, a febbraio dello scorso anno, ha imposto la restituzione di alcune importanti opere confiscate conservate nei musei francesi ed ha aperto la strada per la presentazioni di altri provvedimenti legislativi, il cui scopo sarebbe velocizzare i processi di restituzione, non rendendo più necessario l’intervento del Parlamento. Questo importante cambiamento legislativo in fieri si affianca all’iniziativa di Christie’s Reflecting on restitution, un ciclo di approfondimento della durata di un anno che, proprio in occasione del 25° anniversario dei Principi di Washington, mira a responsabilizzare collezionisti, acquirenti e venditori in merito al tema della restituzione delle opere, dal momento che a volte capita che sia proprio in occasione di alcune importanti aste che si ritrovino opere confiscate e per lungo tempo ritenute perdute.

Si tratta indubbiamente di un processo che richiederà tempo: la memoria delle razzie naziste si ricollega a quella, più labile, dei saccheggi coloniali ed il tentativo di riparare alla prima decontestualizzazione potrebbe causarne un’altra. Se in un’ottica eminentemente culturale è indubbia l’appartenenza di un’opera a un determinato contesto, dal punto di vista storico la situazione non è altrettanto semplice: il fatto di riportare un’opera nel suo paese di origine potrebbe, sul lungo termine, cancellare la memoria della razzia, far pensare, senza un’adeguata documentazione, che questa non sia mai avvenuta. Si tratterebbe di un’eventualità rischiosa, perché – come sosteneva George Santayana – «quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo».

Leggi anche:

Grecia: restituire i marmi di Elgin

Gustav Klimt a Vienna: la mostra

L’arte in guerra: la Russia chiede la restituzione delle opere d’arte in prestito

Editor: Leonardo Santarelli

Vuoi ricevere Mam-e direttamente nella tua casella di posta? Iscriviti alla Newsletter, ti manderemo un’email a settimana con il meglio del nostro Magazine.

CLICCA QUI PER SAPERNE DI PIÙ!