Raul Gardini
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Cusani: «Non mi perdonerò mai per il suicidio di Raul Gardini»

Cusani e la morte di Raul Gardini: «Da colpevole affermo che la colpa non è risarcibile»

Raul Gardini. Sergio Cusani fu l’unico imputato del primo processo Enimont.  E’ tornato a Palazzo di giustizia, a Milano, per il convegno dell’Associazione nazionale magistrati sui testimoni di Mani Pulite. Si è seduto in Aula magna accanto a Gherardo Colombo, uno dei pm del pool che lo arrestò nel 1993, con il quale si stringe la mano.

Sergio Cusani: «Non mi perdonerò mai» per il suicidio di Raul Gardini

«Sono certo di essere in quest’aula l’unico pregiudicato. Io non venivo in questo palazzo da tantissimo tempo, è un po’ come tornare a trent’anni fa» ha detto Sergio Cusani, tornato ieri al Tribunale di Milano per i 30 anni di Mani Pulite. «Ho commesso la colpa e non ho cercato il perdono, io stesso non mi perdonerò mai per gli errori commessi. Da colpevole affermo che la colpa, come la sofferenza, non è risarcibile. Una volta commessa è inemendabile, ma può diventare occasione di riscatto sociale, come ho tentato di fare in tanti anni».

Sergio Cusani ha avuto un forte coinvolgimento emotivo nel tornare in quell’aula dopo tanti anni. «So che quando sarà, me ne andrò con un pesante fardello.

Sono consapevole di avere una responsabilità personale che non può essere in alcun modo sottaciuta. Ancor più perché avevo tutti gli strumenti per capirlo, per la mia esperienza di responsabile del Movimento studentesco nazionale in Bocconi».

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Mani Pulite: il suicidio di Raul Gardini e l’arresto del consulente

Sergio Cusani è stato un finanziere socialista d’assalto. Cusani è ritenuto l’imputato simbolo di Mani Pulite. Conosciuto per la vicenda delle maxitangenti Enimont, pagate dall’imprenditore Raul Gardini a numerosi esponenti politici in seguito alla vendita dell’azienda. Sergio Cusani è stato consulente di Raul Gardini, che fu uno tra i più famosi manager che guidò Montedison, azienda chimica privata importantissima.

Sergio Cusani venne arrestato il 23 luglio 1993 e condannato a 5 anni e 10 mesi: su di lui pesavano le accuse di falso in bilancio e di violazione alla legge sul finanziamento dei partiti in concomitanza al caso Enimont, dalla fusione di Eni e Montedision. Lo stesso giorno in cui Cusani venne arrestato, Raul Gardini si suicidò. Dopo il carcere Sergio Cusani lasciò, almeno pubblicamente il campo della finanza

Mani pulite e la morte di Raul Gardini

Correva l’anno 1988 quando Raul Gardini creò Enimont, dalla fusione di Eni, azienda pubblica leader nel settore degli idrocarburi, e Montedison, numero uno nella chimica nei gruppi privati. Le quote per il 40% a entrambi, mentre il resto in mano ai mercati. Dopo aver messo insieme Montedison ed Eni, Gardini aveva capito che il sogno del polo chimico non andava in porto e voleva uscirne. Negli anni ’90 Gardini entra in conflitto con la famiglia Ferruzzi e nell’estate del ‘93 sente il fiato sul collo dal pool di Mani Pulite.

Il sogno del polo chimico fallì e Gardini decise di cedere allo Stato il 40% di proprietà di Montedison. La cessione azionaria incassava il denaro, che finiva nelle mani del sistema politico, attraverso il finanziario Sergio Cusani, che a quei tempi era dirigente della famiglia Ferruzzi, socio di maggioranza di Montedison. Così risultò ad Antonio Di Pietro, ex magistrato coinvolto nel pool di Mani Pulite. Le somme intascate arrivavano a 150 miliardi di lire.

Raul Gardini

Come conseguenza le inchieste portarono suicida prima Gabriele Cagliari, presidente Eni, e, poi, Raul Gardini. Tra gli imputati sarà proprio Sergio Cusani a chiedere e poi a ottenere il rito abbreviato. Gardini si suicidò il 23 luglio 1993, lo stesso giorno in cui doveva andare in procura a Milano. Non si presentò mai e venne trovato nel suo letto con una pistola in mano.

Quella morte deviò il processo Enimont. «Il suo interrogatorio avrebbe rappresentato una svolta per l’inchiesta e per la storia d’Italia.

Avrebbe fatto i nomi dei beneficiari della tangente Enimont da 150 miliardi di lire. Se l’avessi fatto arrestare subito quella notte, sarebbe ancora qui con noi» disse Antonio Di Pietro. Il 17 luglio Gardini sapeva già di dover essere arrestato e concordò con i suoi avvocati di parlare di tutta la vicenda Enimont e anche dei soldi ai partiti. Molti furono i sospetti di un omicidio, ma alla fine le indagini confermarono il suicidio. Una decisione che, forse, Gardini prese perché sapeva che prima o poi sarebbe finito in carcere, se Cusani non avesse detto quello che sapeva della vicenda.

Cusani: «Poco per vivere in carcere, niente per morire»

«Raul Gardini si è sottratto a questo disegno della procura. Un gesto vile ed eroico. A questa domanda non riesco a rispondere e a dare un giudizio. Posso solo dire che in carcere per vivere ci vuole poco, per morire non ci vuole niente» disse Sergio Cusani ascoltato in tribunale da Antonio Di Pietro.

Secondo fonti della Procura di Milano, il gesto che portò al suicidio di Gardini fu provocato dalla mancata testimonianza di Cusani sulla gestione della tangente. Poiché era evidente che, secondo quanto affermato, Gardini aveva deciso con i suoi avvocati di parlare. Misteri che proseguono 30 anni dopo.

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