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Moda

La storia della minigonna: dal 1963 a oggi

La storia della minigonna affonda le sue radici molto indietro nel tempo. Continua a leggere per scoprirne di più.

La storia della minigonna: com’è nata questa tendenza

La storia della minigonna affonda le sue radici molto indietro nel tempo: se ne hanno testimonianze, infatti, già nelle raffigurazioni dell’antico Egitto, in cui gli uomini vestivano il cosiddetto shendit, un indumento che ricorda in tutto e per tutto l’odierna minigonna. Analoghe, per forma e coprenza, erano le gonne indossate dalle donne Duan Qun Miao, vissute in Cina all’epoca della dinastia Qing (1644 – 1912).

storia della minigonna

Storia della minigonna
Raffigurazione delle donne Duan Qun Miao

Tuttavia la minigonna che abita l’immaginario collettivo, quella che accompagnò la rivoluzione socio-culturale improntata all’emancipazione femminile e alla liberazione sessuale, apparve per la prima volta nel 1963, quando la gioventù ribelle della Swinging London sfidò il conservatorismo e la pudicizia della società borghese di allora.

Mary Quant o André Courrèges?

C’è una parte della storia che attribuisce la comparsa della minigonna a Mary Quant, giovane stilista londinese che all’epoca gestiva Bazaar, un negozio giovane e alla moda in King’s Road: accogliendo le richieste delle sue clienti, che desideravano gonne sempre più corte e che non impedissero loro i movimenti, la stilista espose in vetrina la sua prima minigonna nel 1963, anticipando le tendenze dello street-style londinese.

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Mary Quant

C’è, tuttavia, un’altra parte della storia che lega la comparsa del capo al couturier francese André Courrèges, foriero di un’estetica avanguardista fatta di linee a trapezio, body, ispirazioni alla Pop Art e tessuti in plastica e vinile.

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André Courrèges

La verità forse risiede nelle parole che pronunciò la stessa Quant:

«Non siamo stati né io né Courrèges a inventare la minigonna: sono state le ragazze della strada a farlo»

Si trattava in effetti di un capo comodo e pratico, che conferiva comfort e libertà di movimento ed esprimeva sul piano estetico i risultati di un mutamento sociale che stava giungendo a maturità.

Erano gli anni della rivoluzione giovanile e non ci si voleva più vestire come i propri genitori; a differenza di quanto era avvenuto in passato, la strada già tracciata non era più attraente e si cercavano l’informalità e la rottura dei codici sociali. I vestiti – come diceva Mary Quant – non dovevano solo tener caldo, ma anche attirare l’attenzione, far sembrare sexy e far stare bene; e il minimalismo sembrava la strada per ottenere comodità e seduttività. La gonna alla Coco Chanel non bastava più.

Il successo planetario

Gli anni ’60 videro la vorticosa ascesa della minigonna a capo cult, icona di una generazione. Dapprima fu l’effetto Courrèges a ingenerare un cambiamento: le sue collezioni influenzarono l’alta moda francese, spingendo Cristóbal Balenciaga ad accorciare di 10 cm gli orli delle sue gonne e Yves Saint Laurent a creare abiti meno convenzionali.

Poi fu la stampa: la minigonna comparve addosso a Twiggy, una modella adolescente e magrissima che contravveniva ai canoni tradizionali di bellezza, i quali volevano la donna madre e formosa. Poi furono icone già consacrate, come Jackie Kennedy e Brigitte Bardot, a farne uso, sdoganandola definitivamente. Simbolo di mondanità e libertà sessuale, la minigonna fu indossata da sempre più donne e divenne sempre più corta: nata per scoprire due pollici di pelle sopra il ginocchio, arrivò ad avere un limite minimo per essere definita tale, cioè i 4 cm sopra il ginocchio.

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Twiggy

L’ascesa della minigonna, inoltre, influenzò anche altri capi di abbigliamento: il desiderio era quello di liberare le gambe dalle costrizioni imposte da una società oppressiva, perciò si accorciò anche la lunghezza degli abiti – e comparvero i cosiddetti minidress – e nel ’68 non mancarono giovani ragazze vestite esclusivamente di pullover e collant, che magari prendevano parte alle manifestazioni di piazza in cui, sempre in nome della libertà, si bruciavano i reggiseni.

Le critiche e il declino negli anni ’70

Il nuovo capo d’abbigliamento non fu apprezzato da subito da tutti: se in Italia era malvisto e per molto comparve solamente al chiuso, nelle balere o in occasione di feste private, in Francia suscitò addirittura l’emanazione di una legge di buon costume che ne sconsigliava l’uso. Neanche il mondo della moda fu immune da critiche: a Christian Dior non piacque perché scopriva il ginocchio, quella che lui riteneva la parte meno attraente del corpo, mentre Coco Chanel la bollò come «semplicemente orribile» e vi vide il simbolo dell’omologazione di una donna reificata.

Anche i governi espressero le proprie preoccupazioni in merito: nel 1967, infatti, in Italia e Francia si fece strada la preoccupazione che indossare un capo così corto potesse rendere le donne oggetto di attrazione sessuale e minarne l’incolumità. Inoltre i movimenti femministi iniziarono a criticarla fortemente, in quanto era passata a simboleggiare non più la libertà, ma la reificazione di un corpo femminile a cui si imponeva, per sfoggiarla, di avere gambe lunghe e magre come quelle di Twiggy.

Così, durante gli anni ’70, le preoccupazioni femministe, insieme alla presa di coscienza che non era possibile accorciare ulteriormente la minigonna, tanto era stata accorciata nel decennio precedente, provocarono un nuovo graduale allungamento degli orli di gonne e abiti.

Un capo tornato per restare

La minigonna godette di una nuova stagione di successo negli anni ’80, quando entrò a far parte del power dressing che caratterizzò le donne in carriera dell’epoca. Nel decennio successivo, poi, conquistò nuovamente le passerelle, grazie alle collezioni di Yves Saint Laurent, Karl Lagerfeld, Gianni Versace, Dolce&Gabbana, Gucci e Prada.nn.     storia della minigonna

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L’ultima conquista di questo capo d’abbigliamento rivoluzionario risale al 6 giugno 2015, quando ne fu istituita la giornata internazionale. Voluta da Rachid Ben Othman, presidente della Lega in difesa della Laicità e della Libertà, e da Najet Bayoudh, attivista femminista, fu istituita come risposta alla discriminazione subita da una studentessa algerina, cui fu impedito di sostenere un esame per via della sua gonna, ritenuta troppo corta.

Nel 2015, quindi, la minigonna, già icona della moda del XX secolo, fu consacrata come simbolo di quella libertà, di quel diritto di mostrare le gambe che ne avevano decretato il successo 50 anni prima.

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Conclusioni: questo è tutto ciò che c’è da sapere sulla storia della minigonna, un capo che ha definito la moda del Novecento e che si conferma ancora emblema di libertà.

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Editor: Leonardo Santarelli

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