Storie di bambole, modelle e avatar. Come sono cambiate le sfilate di moda nel tempo
Come sono cambiate le sfilate di moda nel tempo? Dalle poupées de la mode agli avatar digitali. Le passerelle di moda non sono sempre state come le vediamo
Le sfilate di moda non sono sempre state così come le vediamo adesso e sembra che, in futuro non troppo lontano, saranno anche molto diverse da quelle che vediamo oggi. La moda cambia. E se è vero -come è vero- che i cambiamenti della moda vanno di pari passo ai cambiamenti della società, in una realtà fatta di nuove abitudini di consumo, distanziamenti sociali e crisi economiche le sfilate con esili modelle e lunghe passerelle attorniate da un pubblico altamente ristretto, sono un lontano ricordo.
A settant’anni da quella che è stata definita la prima sfilata italiana, scopriamo come erano le sfilate di moda.
In principio erano le bambole
Quando il ben vestire era una questione riservata a pochissimi e prima che modelle in carne ed ossa sfoggiassero le creazioni dei sarti, le ultime novità della moda erano presentate con le bambole chiamate poupées de la mode. Bambole in cera, in legno o in ceramica, rivestite da prototipi di abiti in miniatura. Viaggiavano tra le case delle clienti che poi decidevano se commissionare la creazione dell’abito. Un catalogo tridimensionale ante litteram.
Atelier, salon e indossatrici
Agli albori del del ‘900, Charles Worth rivoluzionava la moda e con esso anche le sfilate. Inventore dell’haute couture, fu sua l’idea di invitare le clienti presso il suo atelier e di far indossare i suoi abiti alle indossatrici. Worth aveva liberato le donne dalla crinolina e aveva capito prima di altri l’importanza delle relazioni nella moda.
Poi fu la volta di Paul Poiret. Visionario e lungimirante, i défilé di Poiret erano dei veri e propri fashion show. È del 1911 la sfilata la mille et deuxième nuit, eppure fa sembrare poca cosa le sfilate a cui oggi si guarda con stupore e si grida alla genialità. Una grande festa, tutta in stile orientale dove baldacchini dorati, fontane, tappeti colorati, porcellane pregiate e animali esotici facevano da sfondo ad abiti etnici dalle linee fluide e innovative. La sfilata diventava un trionfo di luci, colori e suoni e da qui non si è mai più tornati indietro.
Mentre il mondo provava a fatica a riprendersi dalla Prima Guerra Mondiale, al numero 31 di Rue Cambon a Parigi, una signora minuta e dallo stile impeccabile vestiva le donne di jersey e con abiti dalla linee morbide facendole sfilare in presenza di pochi amici. Quella signora si chiamava Gabrielle Chanel e in pochi sanno che, durante le sue sfilate, sbirciava le reazioni degli invitati dalle scale sovrastanti la sala. Vent’anni dopo, Christian Dior, aprì la moda ad un pubblico sempre più ampio, invitando per la prima volta i fotografi, oltre che amici e addetti ai lavori. Monsieur sapeva bene come compiacere il suo pubblico e anche il suo ego.
Il fermento del clima parigino fece sì che in poco tempo prendessero forma dei veri e propri fashion show sempre più simili a quelli moderni. Modelle, couturier e tutti i protagonisti del bel mondo si districavano tra i salon parigini, ammirando e godendo atmosfere magiche tanto quanto esclusive.
Le passerelle di moda in Italia: avvio lento, sviluppo trionfale
A Parigi si svolsero le sfilate di moda più importanti e avvennero gli incontri più preziosi. Dall’Ottocento fino agli anni ’60 del Novecento, Parigi dettava le leggi della moda, mentre il resto del mondo stava a guardare.
È il 12 febbraio 1951 e a Firenze, a Villa Torrigiani, un giovane signorotto aristocratico di nome Giovanni Battista Giorgini capì che era arrivato il momento di smettere di guardare attoniti la moda parigina, per iniziare a creare qualcosa di unico e speciale anche in Italia. L’Italia vantava una manodopera eccellente e materie prime di ottima qualità ed era arrivato il momento di mostrarlo anche oltreoceano. Una lunga passerella si stagliava tra lampadari di cristallo e soffitti affrescati, mentre i grandi nomi della moda italiana come Simonetta, le Sorelle Fontana, Schuberth, Marucelli e Veneziani facevano sfilare i loro capi.
Il successo non fu immediato ma qualcosa era cambiato per sempre.
Quel che resta oggi delle sfilate
Da quando Giorgini ha aperto le porte al made in italy sono cambiate molte cose. Abbiamo visto l’insorgere delle top model con Versace, le presentazioni dissacranti di McQueen e Galliano fino ad arrivare ai più recenti fashion show digitali di Alessandro Michele.
Il 2021 è stato l’anno del digitale. Le passerella non scompare ma gli abiti adesso sono presentati in scenari suggestivi e complessi al pari di quelli cinematografici. Il fashion show diventa un fashion film e in molti casi anche un fashion game. L’online ha drasticamente modificato il modo creare e percepire una sfilata così: le modelle in carne ed ossa di Worth e Poiret si sono trasformate in avatar. I tessuti degli abiti si sono trasformati in pixel e i designer sfilano su schermi nella ricerca spasmodica di entertainment.
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