Tampon tax nel mondo
Attualità

Tampon tax nel mondo: paesi diversi scelte diverse

E quella dell’Italia è una sconfitta per tutti.

Tampon tax nel mondo: un problema di cui si parla da tanto ma che in molti Paesi ancora non trova soluzione.

“Non ci sono soldi” questa la motivazione con la quale il 14 maggio il Parlamento italiano ha bocciato l’emendamento proposto dal PD. L’idea era quella di modificare la legge sulle semplificazioni fiscali per ridurre l’Iva su assorbenti ed altri prodotti igienici femminili dal 22% al 5%. Eppure, con 253 voti contro e 189 a favore, la Camera ha respinto la proposta.

ORIGINI DELLA TAMPON TAX

Con il termine Tampon tax, preso in prestito dal mondo anglosassone, si fa riferimento al fatto che in molti Paesi i prodotti igienici femminili non godono di agevolazioni fiscali finendo per essere tassati con un’aliquota IVA piuttosto elevata. Non esiste dunque una legge che impone una specifica tassazione su questi prodotti, ma è più un problema di classificazione.

In Italia, infatti, i normali prodotti ritenuti non essenziali sono tassati al 22%. Spetta poi ad una legge del 1972 elencare tutti quei beni che, per le loro carattereistiche specifiche, godranno di aliquote speciali. Tra i beni di prima necessità (tassati al 4% e in alcuni casi al 5%) troviamo, ad esempio, generi alimentari, prodotti sanitari, servizi primari e molto altro (l’origano è tassato al 5%!).

Il caso (o forse un certo sessismo) ha voluto, però, che i prodotti igienici femminili non venissero inseriti in queste categorie “protette” con ovvie conseguenze a livello fiscale.

TAMPON TAX NEL MONDO

Il primo Paese al mondo che ha scelto di eliminare ogni tassa sui prodotti igienici famminili è stato il Kenya nel 2004, spinto dll’alto tasso di abbandono scolastico legato al ciclo mestruale. Non sono molti gli Stati che hanno adottato la stessa politica. Alcuni esempi sono Canada, Giamaica, Nicaragua, Nigeria, Libano, Irlanda e alcuni Stati USA. Negli ultimi tempi, però, molti Paesi hanno scelto di diminuire la tassazione portandola attorno al 5% come nel caso di Francia (dal 2015) e Inghilterra o al 6% come Portogallo e Belgio. Al momento lo Stato europeo con l’aliquota IVA più alta su questi beni è l’Ungheria (27%) seguita da Danimarca e Norvegia (25%).

Tampon tax nel mondo
La Tampon Tax nel mondo (foto via Twitter)

Per sensibilizzare gli Stati membri al problema, l’Unione Europea ha emanato nel 2006 una direttiva che stabilsce che i prodotti per la contraccezione e l’igiene femminile “possono essere assoggettati alle aliquote ridotte”.

LA SCELTA ITALIANA

Anche in Italia il problema è ampiamente discusso. Ad agosto 2018 il Partito Democratico ha presentato una proposta per diminuire la Tampon Tax. Il 14 maggio questa possibilità è, però, sfumata e il motivo sono i  300 milioni che si perderebbero con la diminuzione dell’IVA su questi beni. In questo modo, però, questa somma continua a pesare ingiustamente sulle donne. Infatti alcune stime sostengono che nel periodo fertile ogni donna viva in media 456 cicli mestruali, con una conseguente spesa di circa 1.704 euro

Tampon tax nel mondo
Un cartello di protesta contro la Tampon Tax

Il problema, però, è più ampio. Ancora una volta, infatti, c’è da chiedersi per quale motivo gli interessi di metà della popolazione non vengano presi in considerazione. Forse bisognerebbe ricordarsi che i bisogni delle donne riguardano tutti. Le donne votano, e sono parte fondamentale dell’economia italiana: invece che come impoverimento, facilitarle dovrebbe essere visto come un’opportunità.

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