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Turbanti SS19, per Anna Sui sono vintage

Turbanti SS19: il copricapo che farà tendenza è stato disegnato da Anna Sui

Correte su in soffita, accendete una candela e affrettatevi ad aprire il baule. Non trovate nulla che vi possa interessare? Bene, allora lasciatevi ispirare dai turbanti SS19 disegnati da Anna Sui.

Li abbiamo ammirati durante la New York Fashion Week all’interno di una location che odorava di cannella e di naftalina: i turbanti hanno un fascino d’altri tempi, sono eleganti, misteriosi, intrisi di allure.

Anna Sui è la regina di questo copricapo esotico. Per lei, va indossato in ogni occasione, tutto il giorno e 365 giorni l’anno.

Per la prossima bella stagione sarà il broccato a dettare tendenza con colori pastello e soggetti ispirati dalla natura.

Turbante. Breve storia.

È l’antica Persia a dare i natali a questo copricapo. Il turbante era un accessorio prettamente maschile, successivamente adottato anche dalle donne.

Era una sorta di carta d’identità di ogni individuo, capace di indicare la città di provenienza e il rango sociale.

Nei paesi a maggioranza islamica e in India, inoltre, veniva utilizzato per avvolgere il corpo di un cadavere.

La storia racconta che siano state le donne afroamericane, nell’Ottocento, a dargli maggiore visibilità. Nelle lunghe distese di cotone, per proteggere il loro capo dal caldo asfissiante che calava nelle terre desolate d’America (dove erano lasciate schiave) o della stessa Africa.

Poi ancora, nelle fabbriche, per evitare che i capelli s’impigliassero negli ingranaggi delle macchine.

Nel Novecento è stato il cinema a consacrarlo come accessorio di culto ma primo di esso, però, fu Paul Poiret a lanciarlo nelle sue collezione come simbolo di eleganza e glamour.

Le dive ne furono affascinate tanto da indossarlo non solo sul set come fece Greta Garbo  ne “Il velo dipinto” ma anche nella vita privata come Sophia Loren, Mariangela Melato, Elsa Schiaparelli e Grace Kelly.

 

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Negli anni del secondo conflitto mondiale, interrompe la sua attività e, trasferitasi negli Stati Uniti, milita nella Croce Rossa Internazionale. Solo nel dopoguerra, apre una sartoria a New York (’49) e, ritornata a Parigi, accoglie nella sua équipe giovani promesse dello stilismo, quali Hubert de Givenchy, Pierre Cardin e Philippe Venet.”

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