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Arte

Un tesoro di 50 milioni di reperti torna in Italia. Sarà destinato ai musei

Il valore dei reperti recuperati dall’operazione Teseo dei carabinieri appartenenti al nucleo Tutela Patrimonio Culturale (Tpc) è altissimo: tra i 50 e i 60 milioni di euro. E i reperti stessi, vasi di tipologie come crateri, oinochoe e loutrophoros, kylix, coppe kantharos greche ed etrusche, corazze in bronzo, trozzelle, statue votive e affreschi dall’area vesuviana sono di una bellezza rara.

Alla conferenza di presentazione del ritrovamento, avvenuta ieri al Museo Nazionale Romano nelle Terme di Diocleziano, il ministro Dario Franceschini ha comunicato che “È il più grande ritrovamento italiano, eccellente per qualità e bellezza. Destineremo tali pezzi a musei del territorio o per la creazione di nuovi: dobbiamo valorizzare queste opere sul territorio”.

Dietro a questa conclusione a lieto fine c’è però una storia molto preoccupante, legata al traffico illecito di opere d’arte, che porta alla luce una criminalità organizzata a livello internazionale che non solo ruba i reperti ma è in grado di restaurarli, “ripulirli” e rimetterli sul mercato.

In questo caso l’asse era Italia-Svizzera, con un enorme deposito che custodiva gli oggetti a Basilea. Gianfranco Becchina era l’intermediario italiano, titolare della galleria svizzera Palladio Antique Kunst, che godeva della complicità della moglie, cittadina svizzera. Dietro di loro c’è l’ombra del più importante trafficante Pasquale Camera. Ma poichè sono passati troppi anni dall’inizio delle indagini (i reperti sono tornati in Italia già da quattro anni), il fascicolo di Becchina è in prescrizione, mentre la moglie è stata arrestata in Svizzera.

A questa falla legislativa il Ministro Franceschini risponde: “Con il ministero della Giustizia siamo in una fase abbastanza avanzata per un provvedimento che inasprisca le pene per reati contro il patrimonio culturale”, concetto rimarcato dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo: “I nostri beni archeologici sono nel mirino della criminalità organizzata. Serve una continua collaborazione fra i soggetti che tutelano il patrimonio culturale. Decisivi i rapporti internazionali: questi criminali non sono semplici delinquenti ma “colletti bianchi”, difficilmente individuabili, spesso protetti”.

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