Dizionario Arte

vetrata

Vetro a cui è stato dato un colore traslucido, usato prevalentemente per le finestre delle chiese. L’arte della vetrata nacque e si sviluppò nell’Europa occidentale e settentrionale in stretta connessione con la chiesa cristiana e con l’architettura *gotica. La sua origine è piuttosto oscura e possediamo solo rari esemplari di vetrate antecedenti al romanico: in una finestra realizzata nel 1980 nella chiesa di St Paul a Jarrow, vicino a Newcastle upon Tyne, furono inseriti alcuni frammenti forse provenienti da una vetrata di un monastero della fine del VII secolo. Le più antiche vetrate integre e conservate in situ a noi note si trovano nella cattedrale di Augusta e sono datate tra il 1050 e il 1150. Furono realizzate con una tecnica praticamente perfetta, che sopravvisse immutata nei principi per molti secoli e fu sviluppata o modificata solo in dettagli irrilevanti.
Le vetrate medievali sono generalmente composte da centinaia di piccoli pezzi di vetro di varie forme e colori uniti mediante strisce di piombo, quasi un mosaico o un puzzle con contorni scuri attorno ai singoli pezzi. Con questo procedimento si potevano realizzare vetrate di tutte le dimensioni, collocandole in cornici di ferro, chiamate armature, che servivano sia da supporto contro la pressione esercitata dal vento, sia per accentuare le linee di contorno della finestra. L’apogeo dell’arte della vetrata si colloca all’incirca tra il 1150 e il 1250: le opere realizzate in questo periodo sono caratterizzate da colori accesi e semplici e disegni originali e decisi, e veicolano sentimenti nobili e timore reverenziale. Il vetro veniva colorato allo stato fuso aggiungendo ossidi di diversi metalli (per esempio rame per il rosso e cobalto per il blu). I dettagli, come i particolari del volto, erano aggiunti con pigmento nero, fissato alla superficie del vetro mediante esposizione a una debole fonte di calore.
Dal XV secolo la vetrata divenne generalmente più pittorica, a imitazione della pittura a olio; questa tendenza si accentuò nel corso del XVI secolo per effetto dell’introduzione di una gamma di vernici a smalto con cui l’artista poteva dipingere direttamente su vetro quasi come se stesse dipingendo su tela; il progresso della tecnologia aveva nel frattempo reso disponibili fogli di vetro più grandi e più sottili. Con le vetrate della parete ovest della cappella del New College a Oxford, progettate da Reynolds ed eseguite nel 1778-85, il processo di pittoricizzazione delle vetrate raggiunse il suo momento culminante; esse comprendono una scena di natività ispirata all’opera di Correggio, le cui forme fluide e soffici sono lontanissime dai contorni neri e solidi delle vetrate medievali. E. Liddell Armitage, nel libro intitolato Stained Glass (1959), descrive invece l’uso dello smalto come “un veleno artistico… che uccise ogni abilità artistica degli artigiani”. Con il neogotico (vedi gotico) del XIX secolo ci fu un ritorno ai principi medievali; William Morris (con altri tra cui Burne-Jones) fu tra i principali progettisti di vetrate realizzate in questo stile. Nel XX secolo molti artisti noti hanno progettato vetrate, sia figurative che astratte, tra questi Chagall, Matisse, Piper e Patrick Reyntiens (1925), uno specialista del settore che, oltre a crearne di proprie, realizzò le vetrate disegnate da Piper.
La bellezza travolgente delle vetrate è stata descritta da Gerald Randall in Church Furnishing and Decoration in England and Wales (1980): “Per quanto pareti e soffitti dipinti possano essere intrinsecamente interessanti, non c’è dubbio che il contributo delle vetrate nelle nostre chiese sia più importante. Il vetro ha il vantaggio di trasmutare la luce invece che rifletterla soltanto e nelle migliori realizzazioni le vetrate possiedono una vitalità e una brillantezza che nessuna superficie opaca potrebbe produrre. Gli effetti cambiano con la luce, da un giorno all’altro e da un’ora all’altra, e ci sono momenti in cui grazie a esse la chiesa stessa sembra prendere fuoco”.

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