VITTORIO GREGOTTI E LA SUA MILANO
Architettura

Vittorio Gregotti e la “sua” Milano

Vittorio Gregotti fu sempre legatissimo alla metropoli lombarda. No, non era milanese (come molti credono); era nato a Novara nel 1927. Ma la piccola città stava un pò stretta al giovane e brillante Vittorio che aspirava a fare l’architetto.

Per questo il suo punto di riferimento non poteva essere che Milano, la capitale industriale che in Italia era già all’avanguardia dei cambiamenti. Ed è proprio qui che si laurea, al Politecnico, nel 1952 anche se già nel 1951 aveva firmato con il suo professore e mentore Ernesto N. Rogers la sala della mostra “Architettura, misura dell’uomo”.

Seguono tre esempi di edilizia residenziale: la cooperativa di Via Palmanova (vicina alla stazione di Lambrate), la casa di via Desiderio da Settignano e il condominio di Via Casoni.
Seguono tre esempi di edilizia residenziale: la cooperativa di Via Palmanova (vicina alla stazione di Lambrate), la casa di via Desiderio da Settignano e il condominio di Via Casoni.

Il primo periodo

Con Giotto Stoppino e Ludovico Meneghetti fonda il suo primo studio d’architettura, operativo sia a Novara che a Milano. E proprio di questo periodo rimangono nella periferia milanese almeno tre importanti interventi. Il primo, ebbe come teatro un’opera corale sotto  la regia di Gino Pollini: il quartiere Feltre, ancora oggi una delle più belle realizzazioni della felice stagione del piano Ina casa. Seguono tre esempi di edilizia residenziale: la cooperativa di Via Palmanova (vicina alla stazione di Lambrate), la casa di via Desiderio da Settignano e il condominio di Via Casoni. Opere tutte realizzate fra il 1962 e il 1972.

Tre complessi che segnano l’impatto di Milano sul giovane architetto di provincia. Dimentica la giovanile “fase neoliberty” per sperimentare un cambio di passo più consono alla funzione dell’architettura in una grande città. Il risultato: strutture asciutte, rigorose e industriali nell’uso della prefabbricazione.

Bicocca. L' ultimo lavoro di Gregotti riguarda non un'architettura ma un'intera, nevralgica parte di Milano
Bicocca. L’ ultimo lavoro di Gregotti riguarda non un’architettura ma un’intera, nevralgica parte di Milano

Triennale

Ma la reputazione di Gregotti “milanese” rimane legata, sia nella storia ufficiale che nella memoria diretta di chi l’ha conosciuto, alla straordinaria edizione della XIII Triennale nel 1964 che segnò, alla vigilia del boom, una svolta nella ricerca sociale e un punto fermo per gli allestimenti d’eccezione.  Sempre in questo periodo entra in quel formidabile laboratorio generazionale che fu Casabella e frequenta alla Statale le lezioni del filosofo Enzo Paci. Oltre a studiare viaggia molto e conosce così i maestri del razionalismo moderno, come Gropius, Van de Velde, Le Corbusier, Mies Van der Rohe.

Il Teatro degli Arcimboldi alla Bicocca di Milano disegnato da Vittorio Gregotti
Il Teatro degli Arcimboldi alla Bicocca di Milano disegnato da Vittorio Gregotti

I suoi ultimi lavori milanesi

Il suo ultimo lavoro riguarda non un’architettura ma un’intera, nevralgica parte di Milano. Un tassello importante per il futuro della città sempre più policentrica e disseminata.

Il progetto di conversione funzionale delle aree della Bicocca una volta occupate dagli stabilimenti della Pirelli, è certamente uno degli eventi più significativi della storia urbanistica della Milano di fine millennio, che ha segnato il dibattito sulla riqualificazione delle aree industriali dismesse non solo italiane.

La Bicocca, sede dell’Università statale, del teatro degli Arcimboldi, degli headquarter della Pirelli, di residenze e di importanti imprese finanziarie è stata la prima grande riconversione di un’area industriale in una parte della città post industriale.

In un interessante carteggio fra Stefano Boeri e Vittorio Gregotti dal titolo: “Gli enzimi dell’architettura”, pubblicato su Domus, lo stesso Gregotti afferma: “Il programma di Bicocca era, come ho scritto, costruire un’architettura civile semplice. La semplicità è una complicatissima conquista. Ordinata. L’ordine è forma. Precisa. Dalla lunga durata e senza ricerca dell’applauso”.

 

 

 

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