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Xi Jinping esce dalla Cina e incontra Putin. È l’inizio della fine della “politica Zero-Covid”?

Xi Jinping è atterrato in Kazakistan e incontrerà Putin in Uzbekistan ai margini degli eventi della Shanghai Cooperation Organization di giovedì. È la prima volta che il leader cinese esce dal Paese dall’inizio della pandemia.

Dall’inizio della pandemia di Covid-19 la Cina si è chiusa sia esternamente che internamente a intermittenza per impedire che il virus si diffondesse e contagiasse la popolazione rischiando di mettere a dura prova il fragile sistema sanitario. Uscire ma soprattutto entrare nel Paese era (è) difficile per via della cosiddetta “politica Zero-Covid”. Oggi Xi Jinping è arrivato in Kazakistan per la prima parte della visita di tre giorni in centro Asia. Successivamente, si incontrerà con il presidente russo Vladimir Putin a Samarcanda in Uzbekistan ai margini della Shanghai Cooperation Organization (SCO).

È la prima volta che Xi Jinping esce dalla Cina in due anni e mezzo. Alcuni analisti e osservatori interpretano questo viaggio come un segno di un possibile rilassamento delle restrizioni e quindi di apertura (ancora molto parziale) della Cina. Inoltre, l’incontro tra i due leader servirà per rinforzare l’intesa reciproca su temi quali l’energia, la sicurezza in Asia e la situazione geopolitica internazionale di Ucraina e Taiwan.

Xi Jinping esce dalla Cina: fine della “politica Zero-Covid”?

Per ben due anni e mezzo i leader cinesi sono rimasti in patria. L’ultimo viaggio di Xi Jinping fuori dalla Cina risale a pochi giorni prima che venisse imposto il primo lockdown a Wuhan per contrastare la diffusione del Covid-19. Il leader cinese era andato in Myanmar per una visita di Stato nel gennaio 2020 e, una volta tornato a Pechino, ci è rimasto fino ad oggi. Prima del suo viaggio in centro Asia per gli incontri della SCO e di quello con Putin (ancora non confermato al 100%) i viaggi all’estero dei top leader cinesi si contano sulle dita di una mano.

Pochi giorni fa il numero tre della gerarchia del Comitato Permanente del Politburo, che è l’organo di Partito più importante, è andato in Russia a Vladivostok e si è incontrato con Putin (la delegazione cinese ha visitato anche Mongolia, Nepal e Corea del Sud). A maggio il vice premier Wang Qishan ha partecipato alla cerimonia d’insediamento del nuovo premier sudcoreano. Il giugno scorso, invece, il ministro dell’Ambiente Huang Runqiu è andato negli USA. Pochi, pochissimo viaggi.

Li Zhansu (destra) stringe la mano a Vladimir Putin (sinistra) a Vladivostok, Russia. Reuters.

Questa scelta di limitare i viaggi rientra nella cosiddetta “politica Zero-Covid” che ha comportato, da una parte, il controllo efficace del virus, dall’altra, la chiusura forzata di intere aree del Paese al primo accenno di focolai. Xi Jinping fino a oggi non si è mai spinto al di là del confine. Un po’ per dare forza a una ferma (a volte anche crudele) politica che non sempre ha incontrato la benevolenza della popolazione. I video delle proteste degli abitanti di Shanghai sono apparsi su tutti i social anche cinesi, prima di essere stati rimossi. E un po’ per non apparire ipocrita e quindi “perdere la faccia” (concetto molto caro ai cinesi) in vista della sua rielezione a Segretario Generale del Partito.

Ecco che molti osservatori e analisti reputano che questa visita possa portare a un graduale rilassamento della chiusura cinese. È ancora presto per capire se il cambiamento sarà decisivo già nei prossimi mesi perché la Cina reputa il Covid come una malattia ancora molto pericolosa. Alcuni esperti, come il professore di epidemiologia all’Università della California Zhang Zuofeng, sostengono che se la Cina dovesse seguire le orme tracciate da altri Paesi nella convivenza con il virus ci sarà un aumento fisiologico dei casi e delle morti. Quindi è probabile che il Partito e il governo agiranno con molta cautela e che un cambio di rotta repentino è assai improbabile anche perché la componente politica che ruota attorno al Covid è assai prominente.

Xi Jinping in centro Asia e l’incontro con Putin

Il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev ha accolto Xi all’atterraggio nell’aeroporto Nursultan Nazarbayev della capitale Nur-Sultan.  Come riportato dall’agenzia di stampa statale cinese Xinhua la delegazione comprende anche  Ding Xuexiang, uno dei suoi collaboratori più fidati, il capo della politica estera Yang Jiechi, il ministro degli Esteri Wang Yi e He Lifeng, capo della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme, la principale agenzia di pianificazione economica del Paese.

Xi Jinping (sinistra) è accolto dal presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev (destra). Entrambi portano la mascherina. AFP.

Una nota dell’ufficio presidenziale kazako afferma che i due presidenti hanno discusso a riguarda della “cooperazione nei settori dei trasporti, della logistica e dell’agroindustria, – hanno anche – analizzato il tema dell’utilizzo delle risorse idriche transfrontaliere”. Il viaggio in centro Asia è un tentativo per rafforzare da una parte l’influenza cinese nella zona e dall’altra per tessere buone relazioni coi vicini in un momento geopolitico e energetico internazionale molto stressante. Ecco che l’altro tema affrontato in Kazakistan e che affronterà alla SCO in Uzbekistan è ” la cooperazione in materia di applicazione della legge, sicurezza e difesa”.

Un particolare riferimento è stato fatto all’Afghanistan che dopo l’uscita militare USA si ritrova nel caos con i talebani al governo. La Cina considera la stabilità di tutta quella zona fondamentale per mantenere il saldo controllo sullo Xinjiang, che da pochi giorni se la sta passando brutta anche per via dei lockdown che hanno interrotto la catena di approvvigionamento alimentare.

L’incontro con Putin è l’occasione per discutere delle complicate relazioni politiche e economiche tra i due Paesi. La Cina non ha mai fornito assistenza militare a Mosca per la guerra in Ucraina ma si è spesso schierata contro le sanzioni Occidentali e non ha mai condannato l’operato di Putin. La crisi ucraina sarà dunque al centro del loto incontro assieme al rafforzamento delle forniture energetiche e alla questione di Taiwan. La Cina quest’anno ha importato più carbone, gas e petrolio dalla Russia che, a sua volta, sta cercando di spostare il centro delle proprie vendite dall’Europa (che ha imposto ingenti sanzioni) all’Eurasia. Tra domani e venerdì sapremo se i due Paesi si allineeranno ancora di più o si riaffermerà che la comunione d’intenti esiste soltanto finché avvantaggia la Cina.

 

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Editor: Lorenzo Bossola

 

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