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Zelensky a Sanremo: l’affaire

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Da qualche settimana ormai si discute animosamente sulla presenza di Zelensky alla serata finale 73° edizione del Festival della Canzone Italiana, ma ai primi gridi entusiastici sono sopraggiunte le polemiche e i dietrofront. Quella che doveva essere una videoconferenza è diventata un video, e poi una lettera letta da altra persona.

L’affaire Zelensky

La questione spinosa è nata da una volontà confessata dal Presidente dell’Ucraina a Bruno Vespa in occasione dell’intervista che quest’ultimo ha condotto a Kiev.

La volontà di un Presidente già abituato a ‘calcare’ i palchi della cultura, vista la sua precedente carriera di attore e vista la presenza al Festival di Cannes, al Festival del Cinema di Venezia e alla cerimonia dei Golden Globe. Una volontà che non è piaciuta a molti politici italiani.

Concordi nel dire no Salvini (che si è auspicato un Festival dedicato solamente alla musica), Conte (che ricorda di aver apprezzato la possibilità di un confronto con il Parlamento italiano, ma che non reputa congrua la presenza di Zelensky in un contesto leggero come Sanremo) e Calenda (per il quale una simile presenza, fuori contesto, non avrebbe giovato né a Zelensky né alla causa ucraina).

Di un’altra opinione alcuni membri del PD: Matteo Orfini giudica la presenza di Zelensky addirittura importante, dal momento che il palco dell’Ariston veicola da sempre messaggi importanti; Alessandra Moretti, anche, ritiene giusto dare visibilità ad un popolo che sta lottando per la propria libertà.

Zelensky a Sanremo? Perché no?

Se a Pier Silvio Berlusconi l’eventuale ospitata non sarebbe piaciuta, perché gli sarebbe sembrata una ricerca di visibilità senza evidenti legami con il Festival sanremese, Carlo Fuortes la pensa diversamente.

Il nuovo AD di RAI, infatti, si è complimentato con Amadeus per aver fatto parlare Sanremo a tutto il pubblico italiano, lo scorso anno, assecondando la sua volontà di innovazione, che troppo spesso si è dovuta confrontare con l’onnipresente problema dello share.

A suo dire, in virtù di detta innovazione, sembrerebbe una forzatura escludere dal Festival la guerra in Ucraina, visto l’impatto che ha avuto negli ultimi mesi nella vita degli italiani e l’importanza che gli è stata dedicata dai media del paese.

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Volodymyr Zelensky e la moglie Olena Zelenska su Vogue.

Niente politica, o quasi

Chi si è detto contrario alla presenza di Volodymyr Zelensky a Sanremo ha chiamato in causa lo storico “niente politica” del Festival, che pure non è stato sempre così costante come si immagina:

si ricordano infatti gli operai di Italsider, a rischio licenziamento, che hanno fatto irruzione nel 1984, l’attacco di Beppe Grillo del 1989, diretto fra gli altri all’allora Presidente del Consiglio Ciriaco de Mita, e la presenza, nel 1999, di Michail Gorbačëv.

Quello del 2023 sarà un altro Festival eccezionale, in questo senso: al di là di ciò che accadrà o meno sul palco dell’Ariston, i politici, in nome dell’apoliticismo, hanno già reso politico Sanremo, prima ancora del suo inizio.

É così che, dopo la presunta esclusione della diretta da parte dei vertici RAI (smentita dai vertici stessi), dopo le interferenze politiche, dopo i dovuti atti di diplomazia, dopo il dibattito culturale, l’ambasciatore ucraino a Roma ha fatto richiesta – almeno così pare – di tramutare l’intervento video in una lettera.

Forse la fine ingloriosa di qualcosa che avrebbe potuto essere di più, o forse un modo per trarsi d’impaccio da una situazione che stava impegnando troppo chi aveva cose più importanti a cui pensare.

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