Dizionario Opera

Amico Fritz, L’

Dopo il grande successo di Cavalleria rusticana , sul quale si addensò il sospetto di esser stato provocato in larga misura dal testo tratto da Verga, la scommessa di Mascagni riguardò proprio il libretto; ma questa sua nuova opera fece registrare una svolta anche nella partitura, di minore intensità drammatica, che abbandona i climi della tragedia a favore di quelli della commedia.

Atto primo . In Alsazia, al tramonto, nella sala da pranzo in casa di Fritz si parla di matrimoni e di doti da sborsare; e stavolta è lui a doverla pagare, per una delle unioni combinate dal rabbino David. Proprio Fritz, acerrimo nemico del matrimonio. Arriva Suzel, si mette a cantare “Noi siamo figlie timide e pudiche” e offre un mazzolino di fiori a Fritz, che la invita a restare. Perfino gli ‘scafatissimi’ Federico e Hanezò restano colpiti dalla carineria e dal candore di Suzel, che è un bel segno di quel che sta per accadere e che tutti abbiamo già capito. Fritz chiede a Suzel del papà, tanto per fare due chiacchiere e trattenerla. Lei è proprio contenta, e tanto candida. Torna il rabbino David, che se n’era andato, e tutti insieme bevono vino ( sic : anche il rabbino; però sono salottieri, non come in Cavalleria rusticana , dove ogni bevuta meritava un annuncio all’universo mondo: L’amico Fritz è il lato borghese di Mascagni). Perché tutto stia a posto con i buoni sentimenti, si sente un violino suonare: è naturalmente Beppe lo zingaro, che è un mezzosoprano, per far più dolce la cosa. Suzel, guarda un po’, piange, e Fritz le chiede perché: è commossa. E fra un po’ si commuove anche Fritz. Beppe canta “Laceri, miseri tanti bambini”, straziante canzone che indispettisce Fritz: ma per altrui invito, s’è deciso che lo strazio deve continuare. Piace a tutti. Alla fine Suzel se ne va perché il babbo l’aspetta. Fritz dice che andrà a trovare entrambi e, da come s’inchina a salutarla, tutti capiscono che è innamorato, però lui dice che non è vero niente e li manda alla malora. David fa un bel sermone (“Per voi, ghiottoni inutili”) e li rimprovera tutti quanti. E aggiunge, per far buon peso, che crede di stare per accompagnare Fritz alle giuste nozze appena dopo aver detto che occorre fare di Suzel la più vaga sposina di tutta l’Alsazia, tanto per far capire a cosa pensa, se per caso qualcuno dovesse essere un po’ duro di comprendonio; ma Fritz, davvero convinto che ciò non potrà mai e poi mai succedere, sta alla scommessa propostagli da David, e mette in posta la villa di Clairfontaine. Si sa già che perderà, perché il librettista non si è nemmeno sforzato di dire qual’è la posta da parte di David. Si sente una fanfara e arrivano gli orfanelli beneficiati dalla dote di Fritz, che è molto ma molto buono.

Atto secondo . All’alba, nel cortile della fattoria di Mésanges. Suzel raccoglie le ciliege e dice fra sé di volerle fare assaggiare al signor Fritz, anzi, già che c’è, si mette anche a raccogliere il suo secondo bel mazzolino di fiori, sempre per lui, e canta, intanto, quasi fosse la sua seconda canzon per l’amato (il secondo atto pare a un dipresso la replica del primo, con una maggiore intimità in aggiunta) di un cavaliere che incontra una bella figliola… “Suzel, buon dì. D’un gaio rosignuolo / la voce mi svegliò”, la saluta Fritz per fare il galante dall’alto della scala, dove stava senza essere visto, mentre Suzel credeva, candida, che dormisse ancora. Si mettono a cantare insieme e iniziano a duettare sulle ciliege. Da solo, al proscenio, Fritz dice che “Tutto tace, / eppur tutto al cor mi parla”. S’è innamorato. Torna Suzel col grembiulino ricolmo di ciliege. Duettano ancora sullo stesso argomento. All’improvviso, su un barroccino di cui s’odono i sonagli (ma non come in Cavalleria rusticana , dove ogni entrata in calesse meritava un’ode al carrettiere: L’amico Fritz è anche il lato idilliaco di Mascagni) arrivano David, Beppe, Hanezò e Federico che si congratulano con Fritz perché lo trovano in forma. Vanno tutti a fare una passeggiata in campagna, tranne David, che vuol indagare con Suzel e si sospetta già vincitore della scommessa (ma una scommessa buona, non come quella di Don Rodrigo nei Promessi sposi ). Cade qui l’incredibile scena quarta del secondo atto. Suzel attinge l’acqua, David ne chiede un po’ e la trova «purissima e fresca». Poi dice, e qui sta l’incredibile: «Presso la fonte / porgendomi da ber, tu mi sembravi / Rebecca; e mi credetti Eleazaro». Quindi, insieme a Suzel, si mette a dire la Bibbia. Ma è uno stratagemma, e infatti a bruciapelo David dice: «E sposa fu Rebecca… Ed ora Suzel» fissandola negli occhi. Lei, mentre si sente la voce di Fritz che torna, si nasconde il viso. E David, con un sorriso di soddisfazione, conclude: «La sposa sua sarà». Prende di petto la questione con Fritz, che si schernisce ma, da solo, sente i turbamenti di quell’amore che, già deriso, ora si vendica (“Quale strano turbamento”). Tutti tornano in città e David resta solo con Suzel, che piange per l’abbandono. Dispera di riuscire a conquistare Fritz (la ammonisce anche il coro).

Atto terzo . Siamo di nuovo nella sala da pranzo, dove Fritz parla con Beppe che lo trova cambiato e un po’ giù: e allora gli canta una canzone (“O pallida, che un giorno mi guardasti”). Mentre, rimasto solo, parla d’amor con sé (“Ed anche Beppe amò”), lo sorprende David che cita la Bibbia e dice di aver combinato le nozze di Suzel. Fritz non ha capito ancora che lo sposo è lui stesso e impallidisce. Teme. Ma quando (siamo alla penultima scena) incontra Suzel, rimossi gli equivoci, si dichiara (“Non mi resta che il pianto”). Lei non osa, ma poi sì. David ha vinto la scommessa, e regala la vigna a Suzel.

Deliziosa ed esile, tutta melodia e sentimento, è questa un’opera che ebbe notevole e meritata fortuna, che tuttora prosegue: furba al punto giusto, e forse un po’ di più, con quel violino e quelle canzoni, tanto che proprio di quelle astuzie fu accusata. Ma non c’è accusa che tenga, e L’amico Fritz resta l’unica di Mascagni a far compagnia stabile a Cavalleria rusticana nel repertorio lirico, lontana da quei toni sanguigni, anche in orchestra, che avevano caratterizzato l’esordio del musicista livornese. La scommessa di Mascagni, s’è detto, fu intesa a dimostrare che non era stato Verga il motivo del successo di Cavalleria : e a quel pessimismo corrisponde il lieto fine, alla Sicilia una nordica rarefazione, a quei colori un’aria tersa, a quel sangue una limpida castità che sconfigge il cinismo. È un mondo di buoni sentimenti ritratti con leggerezza strumentale. Si passa dai toni di ‘superverismo’, che mostra i muscoli nell’idillio, a momenti di ambiguità tonale – tocchi arcaizzanti per la melodia e l’armonia – ma sempre accattivanti. E tutto in un seguito di quadretti che infilzano una storia quasi senza intreccio, il cui esito è noto dalla prima battuta, come in tutte le storie d’amore che finiscono bene.

Type:

Commedia lirica in tre atti

Author:

Pietro Mascagni (1863-1945)

Subject:

libretto di P. Suardon [Nicola Daspuro], dal romanzo omonimo di Émile Erckmann e Pierre-Alexandre Chatrian

First:

Roma, Teatro Costanzi, 31 ottobre 1891

Cast:

Fritz Kobus, giovane e ricco possidente (T); Suzel, giovane figlia del suo fattore (S); Beppe lo zingaro (Ms); David, rabbino (Bar); Federico (T) e Hanezò (B), amici di Fritz; Caterina, governante di Fritz (S); contadini e contadine

Signature:

r.ma.

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