Dizionario Arte

antichità

I resti concreti del mondo greco e romano, e più in particolare i resti dell’antica statuaria, che per gli artisti successivi hanno rappresentato una fonte d’ispirazione, una sfida e un canone di perfezione. Tali resti non sono stati mai totalmente dimenticati o trascurati. La pietra proveniente dalle rovine degli edifici romani è stata spesso riutilizzata, e le decorazioni e i drappeggi della scultura classica sono spesso riecheggiati nella scultura medievale; a volte si raggiunse una vera solennità classica, come nel gruppo della Visitazione (1250 ca) sul portale centrale della facciata occidentale della cattedrale di Reims. Tuttavia, bisogna aspettare il rinascimento italiano perché la riscoperta e la rinascita del passato classico diventi un ideale intenzionalmente perseguito. Gli scritti di Ghiberti, per esempio, testimoniano la sua ammirazione per le statue e i *cammei antichi, e molte delle sculture di Donatello sarebbero inimmaginabili senza un accurato studio dell’antichità (un chiaro esempio è il *Marco Aurelio, l’opera con la quale si misurò per il suo Gattamelata). Lorenzo de’ Medici e papa Giulio II (Giuliano Della Rovere) furono pionieri nel collezionismo d’arte antica, e Vasari attribuiva il raggiungimento della perfezione da parte della generazione di Leonardo, Michelangelo e Raffaello anche alla scoperta di alcuni famosi marmi come l’ *Apollo del Belvedere e il *Laocoonte, anche se fu soprattutto la generazione successiva, in particolare i visitatori del nord Europa (Heemskerck per esempio), a trarre spunto in modo sistematico dall’antichità. Intorno alla metà del Cinquecento lo studio dell’antichità era ormai un punto fermo nella formazione degli artisti. Nel suo libro De’ veri precetti della pittura (1587), il pittore e scrittore Giovanni Battista Armenini (1525 ca-1609) già forniva una lista delle antichità ‘canoniche’, compreso il famoso *Torso del Belvedere, e queste opere entravano nelle botteghe di ogni artista tramite incisioni, calchi, copie.
La giustificazione filosofica per questa dipendenza verso i modelli antichi venne data dalla famosa orazione di Bellori, Idea (1664), dove dichiarò che la statuaria antica rappresentava la rivelazione di una bellezza assoluta che era stata scoperta una volta per tutte (vedi ideale). Per i seguaci dell’istruzione accademica, ognuna delle grandi opere antiche, alle quali ora si aggiungevano l’ *Ercole Farnese, il *Guerriero Borghese, la *Venere de’ Medici e il Fauno Barberini, rappresentava una tipologia del corpo umano che poteva servire come modello costante per l’artista. Ma l’influenza dell’antichità non rimase confinata a quegli artisti le cui opere erano più chiaramente di ispirazione classica (come *Poussin). Bernini, per esempio, quando tenne un discorso all’ Accademia di Parigi nel 1666, disse che nella sua prima gioventù trasse spesso spunto dalle figure classiche, e che quando fu in difficoltà con la sua prima statua si rivolse all’ *Antinoo “come a un oracolo”. La venerazione per l’antico ritrovò una grande vitalità quando il movimento *neoclassico reagì alle frivolezze del rococò. Opponendosi a quanto si credeva in precedenza, Winckelmann espresse la convinzione che gli artisti classici evitavano deliberatamente di rappresentare passioni estreme, e considerava l’antico non tanto una fonte di formule espressive quanto un modello di nobile controllo. L’antichità classica iniziò a perdere la sua autorità con l’avvento del romanticismo, quando l’espressione individuale divenne preponderante, eppure la sua influenza sopravvisse. Copiare dal vero calchi di antiche sculture ha continuato a costituire parte integrante dell’insegnamento dell’arte per tutto il Novecento, e Picasso, per esempio, si serviva spesso dell’arte classica come fonte d’ispirazione; in particolare, i suoi dipinti ‘neoclassici’ degli anni Venti furono direttamente influenzati dalle sue visite al Museo Archeologico di Napoli.

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