Dizionario Opera

Armida

L’opera fu il risultato di un progetto ambizioso per il San Carlo, ossia ‘a grande spettacolo’, con un notevole impiego di parti corali e alcuni numeri di danza. Anche il soggetto era atipico per Rossini, che in genere aveva evitato l’elemento soprannaturale nelle sue opere. Armida , però, non era Cenerentola , e ciò che in una favola era sembrato inopportuno poteva al contrario rivelarsi suggestivo in un dramma per musica. Le parti principali furono affidate ad Amedeo Nozzari e alla Colbran, che nei panni di Armida era, non a caso, il solo personaggio femminile dell’opera, intorno al quale ruotava l’intera costruzione drammaturgica (unica tra le opere di Rossini, Armida prevede addirittura tre duetti d’amore tra i protagonisti). L’uso controllato e sapiente di una scrittura vocale virtuosistica e brillante conferisce alla parte della protagonista una passionalità accesa e sensuale, evidente soprattutto nel monologo “D’amore al dolce impero” che conclude il secondo atto.

Malgrado tutto questo, la prima rappresentazione non fu un successo. L’opera sembrò infatti stravagante rispetto alla tradizione del melodramma italiano («Chiara la sua origine italo-alemanna», scrisse all’indomani della ‘prima’ il ‘Giornale delle due Sicilie’). In effetti Armida contiene molte pagine di impostazione nuova, a cominciare dall’introduzione orchestrale, certamente più moderna rispetto al modello messo a punto da Rossini negli anni precedenti. Anche “In quale aspetto imbelle”, un terzetto per tre tenori, dovette apparire una pagina singolare a un pubblico che pure non ignorava la tradizione operistica francese ( La vestale e Fernando Cortez di Spontini furono rappresentate al San Carlo nel periodo in cui Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat avevano governato Napoli). I cori furono trovati complessi e polifonicamente elaborati, le danze troppo numerose e tecnicamente impegnative. Il finale, fulmineo e conciso, con Armida che scatena le Furie e distrugge il castello costruito per Rinaldo, apparve persino stravagante e precipitoso. Armida era quindi troppo audace per il pubblico napoletano e forse, più in generale, per il periodo in cui era stata presentata; ciò spiega la sua scarsa fortuna nel primo Ottocento. Forse per questa ragione il duetto “Amor! Possente nome” fu riutilizzato da Rossini come finale lieto per la rappresentazione romana dell’ Otello nella stagione 1819-20 e da allora ripreso a Venezia e altrove nel corso degli anni Venti, fino al definitivo ripristino dell’originale esito tragico. Più tardi, Rossini reimpiegò le danze nel Moïse et Pharaon francese e il duetto Carlo-Ubaldo del terzo atto nel Viaggio a Reims . Armida è ancora oggi difficile da rappresentare, in primo luogo per l’oggettiva difficoltà di reperire ben sei tenori di cui almeno tre (Rinaldo, Ubaldo e Carlo) impegnati in ruoli di primo piano. La prima rappresentazione moderna ebbe luogo al Maggio musicale fiorentino nell’aprile del 1952, con la regia di Alberto Savinio che, insieme al pittore Corrado Cagli, aveva realizzato anche le scene; Maria Callas impersonò il ruolo della protagonista.

Type:

Dramma per musica in tre atti

Author:

Gioachino Rossini (1792-1868)

Subject:

libretto di Giovanni Schmidt

First:

Napoli, Teatro San Carlo, 11 novembre 1817

Cast:

Goffredo (T), Rinaldo (T), Idraote (B), Armida (S), Gernando (T), Eustazio (T), Ubaldo (T), Carlo (T), Astarotte (B); paladini, guerrieri, demoni, larve, soldati franchi, damasceni seguaci di Armida

Signature:

a.p.

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