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Artemisia

Interessanti spunti di riflessione vengono dal lavoro che la giovane regista e drammaturga Manuela Cherubini ha tratto dall’omonimo libro del 1947 di Anna Banti, nel ventennale della scomparsa della scrittrice Sono interessanti gli spunti di riflessione che vengono da un lavoro, seppur marginale nella dinamica nazionale, come Artemisia, che la giovane regista e drammaturga Manuela Cherubini ha tratto dall’omonimo libro del 1947 di Anna Banti, nel ventennale della scomparsa della scrittrice.
Artemisia Gentileschi è figura affascinante: pittrice di talento, donna libera ed inquieta, diventa per la Banti una sorta di alter-ego, uno specchio doloroso attraverso il quale riflettere sulla propria scrittura, sul proprio essere donna. Arte e femminilità, dunque, e forse creatività e femminismo, si intrecciano, si confondono in un continuo gioco di rimandi e di citazioni. Le due donne, nel romanzo, dialogano, si scambiano la parte, (si) raccontano un vissuto che – allora come oggi – risente del maschilismo imperante, dell’ottusità machista, della violenza, conclamata e strisciante, di una società che magari combatte il burqua ma accetta silenziosamente le tante violenze domestiche e famigliari.
Manuela Cherubini, dunque, prende questa materia incandescente, firma un raffinato lavoro di adattamento alla scena, e – allieva di un maestro come José Sanchis Sinisterra – affida alle due attrici il compito di collaborare attivamente, tra immedesimazione e improvvisazione, alla resa scenica.
Visto, in «prima», al teatro Furio Camillo di Roma, lo spettacolo si apre su uno spazio fortemente evocativo: panni stesi, foglie morte a terra, bottiglie vuote di varia dimensione e colore, mele rosse sparse ovunque. E poi loro, le due donne: più forte e materica la Banti (affidata alla fisicità incisiva di Patrizia Romeo), maliziosa e affascinante Artemisia (la brava Luisa Merloni). Il dialogo è incessante e languido, come sospeso in un’atmosfera rarefatta, dove si mescolano ricordi e affermazioni, domande e misteriosi silenzi. È un registro lieve, dubitativo: sembra ci si muova in un’eterna attesa, di qualcosa o di qualcuno che possa dare una sterzata (o una sferzata) a quel dolce parlare. Su un flusso sonoro che alterna rumorismo ed elettronica, lo spettacolo stenta però a decollare. Proprio la difficile cifra interpretativa, fortemente antinaturalista fino all’astrazione, rischia di far mancare incisività a un lavoro che, forse, deve ancora coniugare intelletto e passione, parola e sangue. Ma vi sono momenti di grande candore e poesia, di raffinata ed elegante fattura: il movimento distratto di un piede, così femminile e così pudico; il racconto di violenze e amarezze; l’orgoglio di donne che vogliono vivere ed essere libere…
La compagnia, Psicopompo Teatro, attiva dal 2001, giunge qui alla sua prova più intrigante: forse un primo passo verso una consapevolezza e una maturazione artistica che fa ben sperare. (9 giugno 2005)
Artemisia, dal romanzo di Anna Banti. Regia e drammaturgia di Manuela Cherubini – Con Patrizia Romeo e Luisa Merloni – Scene di Marta Calzada Marco – Materiali sonori di Mario Salvucci – Elaborazione live del suono Graziano Lella.

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