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Colette, un genio come Proust

Patrizia Zappa Mulas parla della scrittrice francese e dello spettacolo di Perugia Patrizia Zappa Mulas dall’8 al 25 marzo è in scena al Teatro della Sapienza di Perugia con il suo nuovo spettacolo Colette parlerà (di quel triste piacere) con la regia di Gigi Dall’Aglio. La protagonista è Colette, la grande scrittrice francese che visse nella prima metà del Novecento. Fu una donna straordinaria, estremamente avanti rispetto alle sue contemporanee. I suoi primi libri, tra cui Claudine a scuola e Claudine a Parigi , che raccontano le vicende di una adolescente, furono pubblicati con il nome di suo marito, Willy. Colette ebbe una vita molto intensa e molto scandalosa per l’epoca. Ci siamo fatti raccontare da Patrizia Zappa Mulas come è nato e come si è sviluppato il suo lavoro teatrale su questo interessantissimo personaggio.
Perché ha deciso di fare uno spettacolo su Colette?
Per gratitudine verso Colette! Perché è una grande scrittrice che mi ha sempre incoraggiato, la sua forza artistica mi ha sempre spinto nel mio percorso di attrice e di scrittrice. Per scrivere i miei due romanzi L’orgogliosa e Rosafuria (editi dalla Baldini & Castoldi, ndr.) per me lei è stata una maestra. In Italia non è molto apprezzata, anzi è proprio sottovalutata, mentre in Francia negli ultimi anni è stata molto rivalutata ed è diventata oggetto di «culto». In Francia sono stati fatti diversi lavori teatrali su di lei mentre qui non è mai stato realizzato nulla. Ma piano piano anche qui la figura di Colette sta riacquistando valore. Io credo che sia un genio, non meno di Proust: dal punto di vista del coraggio, dello stile e della profondità. E Proust, infatti, era un suo fan.
Come ha scritto lo spettacolo?
A partire dai suoi libri della maturità. Sembra che questi libri siano nati dalle conferenze che Colette tenne in giro per l’Europa. I romanzi a cui mi sono ispirata di più sono Sido , La nascita del giorno , Il puro e l’impuro , La vagabonda , nel quale racconta la sua esperienza di attrice. Ma tutto lo spettacolo si basa soprattutto su Il mio apprendistato , il suo racconto autobiografico principale. Ho lavorato su Colette per un paio d’anni perché il problema era trasformare il suo stile narrativo in forma teatrale: ha uno stile talmente articolato che è quasi impronunciabile a teatro. E infatti quello che ne è venuto fuori è un testo in versi sciolti. Ho selezionato 29 brani tratti dai suoi libri. Ho cercato di fare un sunto estremo delle sue verità più profonde. Lo spettacolo è strutturato come un mosaico perché ho preso una frase da un romanzo e l’ho affiancata alla frase di un altro romanzo e così via…È un pastiche, un montaggio nel quale ho tenuto in primo piano le esigenze del teatro. Lo spettacolo è una conferenza immaginaria di Colette: dai racconti del periodo in campagna con la mamma all’iniziazione al piacere, dal duro impatto con la vita parigina al divorzio da Henry-Gauthier Villars, il famoso Willy che firmava i suoi primi libri Claudine a scuola , Claudine a Parigi … Il senso di fondo dello spettacolo si può racchiudere in una frase: «com’è difficile avere vent’anni». Perché quell’età rappresenta il momento in cui s’inizia a trovare se stessi, come dice la stessa Colette «la giovinezza non è l’età in cui si seduce ma quella in cui si è sedotti». Al centro di tutta la storia di Colette e dello spettacolo c’è il plagio di suo marito, l’esordio letterario occultato e la Parigi truffaldina. Willy era solito far scrivere ad altri articoli che poi firmava lui: lo faceva anche con le recensioni musicali di Debussy, gliele commissionava e poi le firmava lui. Lui ha inventato la figura dell’editor: aveva le idee e le faceva mettere in pratica agli altri. In questo modo ha posto le basi per l’industria culturale moderna. Lui ha costruito l’immagine pubblica di Colette, le faceva da agente. Lei s’innamorò di lui quando era ancora una ragazzina: s’invaghì di questo giornalista parigino brillante, e a 16 anni gli saltò addosso e finirono a letto. Colette faceva parte di un ambiente sociale molto laico, repubblicano e intellettuale. Lui la portò a vivere a Parigi e l’impatto con la città per lei fu molto forte. Da subito venne considerata una ragazzina molto sveglia, sgamata e sexy. Non ci volle molto tempo perché Colette scoprisse che lui era un vero libertino e iniziò a soffrire molto dei sui tradimenti. Lui la spinse a scrivere le memorie della sua adolescenza, ma i suoi scritti rimasero chiusi in un cassetto per lungo tempo. Solo dopo tre anni Willy si accorse del valore che avevano e decise di pubblicarli con il nome suo. Dopo il divorzio Colette aveva bisogno di guadagnare e si mise a fare la pantomima al Café Chantant: nel 1908 fece grande scandalo perché si esibì a seno nudo e poi perché si baciò in pubblico con la sua amante, la marchesa Mathilde de Morny, detta Missy, una nobildonna che apparteneva alla famiglia reale. Tutto questo lei lo faceva per soldi e perché aveva un grande senso di libertà, non per esibizionismo.

Com’è visivamente lo spettacolo?

Un immenso libro posto in piedi costituisce la scenografia dello spettacolo. All’inizio, quando entro in scena lo apro in due e sulle sue pagine poi verranno proiettate diverse immagini: fotografie d’archivio della vita di Colette che si trasformano e si colorano e poi altre immagini costruite col computer che si muovono, come un cielo, una torre Eiffel che si capovolge, turbolenti ricordi erotici… Queste immagini hanno un valore evocativo, il libro è generatore di memoria e immagini. Ma alle volte la memoria sfugge, scivola nell’incertezza ed è come se i ricordi subissero delle piccole variazioni… All’inizio sono la Colette appena arrivata in città e indosso un cappottino nero, con il colletto, tre bottoni, un modello particolare perché ha la parte davanti più lunga, che va giù un po’ a punta, si tratta di una ricostruzione coltissima di uno di quei soprabiti da signorina di una volta. Quando faccio la parte della mamma di Colette indosso un cappello di paglia smunto e smilzo, che è di una eleganza vertiginosa. La cosa particolare è che questo cappello era di una signora francese elegantissima che era stata qui a Perugia e che aveva conosciuto la figlia di Colette, per me trovarlo è stato un segno di ottimo auspicio! Poi per quasi tutto lo spettacolo io indosso un frac (come faceva spesso Colette) con gilet e papillon bianchi. Alla fine dello spettacolo c’è un momento di danza: Colette sta osservando molto attentamente alcuni suoi giovani amici omosessuali, e in quel momento arriva anche chiedersi se è la prima volta che «lo sguardo di una donna (…) osserva così da vicino» un gruppo di giovani omosessuali.

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