Dizionario Opera

Cordovano, Il

In un’intervista del 1966, Petrassi parlò del Cordovano come di «un tentativo di evasione» dagli orrori della guerra. Questa sua prima opera in un’unica scena, composta a Roma tra il 1944 e il ’48, sembra in effetti contrapporsi alla tragica interiorità del famoso Coro di morti (1940), su testo di Leopardi. Ma se di soggetto buffo si tratta, il risultato espressivo è quello di una invenzione di raffinata modernità sul tema della comicità e dell’ironia: una sorta di ‘intrusione’ lucida e disincatata nell’universo del ‘doppio’, dove si incontrano realtà e finzione. L’ entremes El vejo geloso (1615) di Cervantes, cui Petrassi attinse nella traduzione e versione ritmica di Eugenio Montale, sfrutta canovaccio e personaggi tipici della narrativa popolare e potrebbe far pensare, ancor prima che alle trame dell’opera buffa settecentesca, agli scenari di Boccaccio, Ruzante o Rabelais.

L’esuberante nipote Cristina mette in contatto Donna Lorenza, che peraltro non si fa troppo pregare, con la mezzana Hortigosa. A lei il compito di organizzare un incontro tra Donna Lorenza e un giovane galante, disinvolto e un «po’ arrischiatello». La giovane sposa potrà così vincere la noia e la malinconia di una vita condotta con un marito ricco sì, ma vecchio d’età e di idee. Hortigosa riesce a condurre il giovane in casa del gelosissimo Cannizares avvolgendolo in un tappeto, un cordovano che lei finge di volergli vendere ma che lui si rifiuta di comprare perché vi sono rappresentate delle figure maschili, particolare che naturalmente potrebbe insinuare pensieri sconvenienti nella mente della moglie. Il giovane (muto e senza nome, a suggerire la sua consistenza psicologica assolutamente secondaria), si è già infilato in camera, dove lo raggiunge Donna Lorenza, la quale si diverte a esprimere ad alta voce tutto il suo benessere e la sua soddisfazione. Cannizares pensa senz’altro a uno scherzo, ma vuole verificare di persona. Donna Lorenza, però, gli getta in faccia un secchio d’acqua, impedendogli di vedere l’amante che sgattaiola fuori. Gran trambusto e accorrere di gente, compresa una guardia. Donna Lorenza recita sdegnosa la parte della vittima ingiustamente accusata. Nel frattempo, un gruppo di musici di passaggio per festeggiare un matrimonio, intonano un canto alla pace che sempre segue alle baruffe tra moglie e marito.

La ribellione di Donna Lorenza all’opprimente gelosia del marito è, come scrive Claudio Tempo, «radicalmente riscattatoria, perché non si pone come ‘evasione’ o come semplice ‘tradimento’ ma come affermazione di sé». Petrassi ricama una marcata stilizzazione dei ‘luoghi’ topici dell’opera buffa, mantenendone però la forza propulsiva e archetipica. Infatti, la spinta al piacere di Lorenza o l’erotismo di Cristina rappresentano l’aspetto liberatorio e libertario di una definizione del sé aperta a una continua ‘riscrittura’, fuori da ruoli prestabiliti. La gelosia ossessiva diventa oggetto di scherno al punto da innescare un crescendo di disagio quasi allucinatorio, per cui Cannizares accetta come burla, secondo i criteri che governano la sua visione del mondo, ciò che gli risulterebbe altrimenti insopportabile. È il tessuto strumentale, timbricamente duttile e polifonicamente ben saldo – sia nelle sue più ampie arcate sia nei dettagli strutturali – a suggerire un continuo ‘spostamento’ rispetto al rigido punto di vista dei pregiudizi, dei luoghi comuni e delle convenzioni. Allo stesso modo la vocalità prevalentemente femminile attraversa le più varie sfumature, dall’intonazione di linee melodiche al declamato e al recitativo. Il ritmo serrato di matrice rossiniana svolge una funzione di forte direzionalità formale; in questo senso la scrittura strumentale polifonica, nonostante la duttilità espressiva delle voci che sempre si piegano alle ragioni sonore e di significato del testo, porta a un grado estremo di stilizzazione il patrimonio dell’opera buffa tradizionale. Così il rigore strutturale di un linguaggio sospeso tra atonalismo e politonalità, si impone per un’eleganza propositiva che crede nel gesto linguistico comunicativo e si diverte (nel senso etimologico di divertere , volgere altrove) a esplorarne le potenzialità. Il fatto che Petrassi scriverà, subito dopo, un’altra opera in un atto, Morte dell’aria (1950) e poi abbandonerà definitivamente il teatro musicale, resta, nonostante la supposta «mancata vocazione» da lui stesso dichiarata, un interrogativo aperto. L’esperienza operistica, rimasta isolata, confluirà piuttosto, con i suoi aspetti assolutamente caratteristici, nella produzione strumentale, nei balletti e nella musica per film. Ed è significativa la pagina corale maschile, che vorrebbe ristabilire ‘la pace e l’allegria’ prima dell’addio conclusivo, nella quale il canto si scopre soggetto primario del Cordovano e depositario di un simbolico e indefinibile potere di leggere la realtà dentro e oltre ogni rigida griglia moralistica.

Type:

Opera in un atto

Author:

Goffredo Petrassi (1904-)

Subject:

dall’entremes El vejo geloso di Cervantes, nella traduzione di Eugenio Montale

First:

Milano, Teatro alla Scala, 1949 (seconda versione: Piccola Scala, 1959)

Cast:

Donna Lorenza (S); Cristina, sua nipote (S); Hortigosa, la vicina (A); Cannizares, marito di Donna Lorenza (B); un compare (T); la guardia (Bar); un musico (T); un giovane (m); ballerini, musici

Signature:

l.b.

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