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Covid, apertura scuole: il governo di Draghi ci crede, ma gli studenti protestano

Apertura scuole e Covid: Draghi sottolinea la necessità di tornare in presenza

L’apertura delle scuole è stato uno dei temi tanto dibattuti negli ultimi giorni a causa dell’attuale situazione Covid. La ripartenza è stata piuttosto complicata, tra le molte assenze e contestazioni. Ma il governo di Mario Draghi spinge sulla didattica in presenza, adottando un approccio diverso rispetto al passato. Si cercano, infatti, di minimizzare gli effetti sociali sui più giovani, che hanno risentito moltissimo delle chiusure dal punto di vista psicologico e della formazione.

Eppure, sono molti gli studenti che in questi giorni di rientro stanno protestando contro la decisione del governo. Spesso, infatti, le aule sono sovraffollate, gli edifici inadatti per gestire la pandemia, gli screening completamente saltati e le mascherine Ffp2 non sempre garantite. Senza contare, poi, i trasporti utilizzati da milioni di ragazzi per andare a lezione, la maggior parte delle volte gremiti già di prima mattina.

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Covid: Draghi è fermo sull’apertura delle scuole

L’istruzione è fondamentale per la democrazia e va tutelata, non abbandonata. Il governo ha come priorità che la scuola resti aperta. Basta vedere gli effetti tra gli studenti causati dalla didattica a distanza per capire che questo sistema provoca diseguaglianze destinate a durare sul futuro della loro vita, lavorativa e salariale. Non ha senso chiudere la scuola quando poi alla sera i ragazzi vanno in pizzeria e fanno sport tutto il pomeriggio.

Queste sono state le parole di Mario Draghi nella conferenza stampa di ieri per illustrare le misure del governo. Il premier ha sottolineato che probabilmente ci sarà un aumento del ricorso alla Dad per le prossime settimane. Ma è “da respingere il ricorso generalizzato alla didattica a distanza”.

Draghi ha inoltre riportato un esempio, paragonando l’Italia ad altri Paesi europei con numeri di contagi e decessi simili ai nostri. Eppure, “il nostro Paese ha chiuso 65 giorni in più”. Alcuni comuni italiani, l’anno scorso, hanno chiuso per un mese e mezzo le lezioni in presenza. Secondo il governo questa situazione non è più realizzabile.

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Apertura scuole e Covid: le proteste degli studenti

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha sottolineato che le scelte attuali sono regolate in maniera responsabile, e non affidate al caso. Bianchi ha presentato alcuni numeri per dimostrare che la riapertura delle scuole di ieri, 10 gennaio, è andata tutto sommato bene.

«I docenti No Vax – ha dichiarato – dopo il varo dell’obbligo vaccinale sono diventati lo 0,72% del totale, quindi si parla di 7/8 mila cattedre vacanti». Inoltre, i dati riportano che l’opposizione al decreto del 5 gennaio scorso non è dilagata tra i comuni, visto che la maggior parte ha accettato la riapertura.

Continuano comunque le proteste di studenti e rappresentanti degli istituti scolastici. Il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, Antonello Giannelli, ha sottolineato che «le previsioni parlano di 200mila classi in Dad entro 7 giorni da oggi». A suo avviso, quindi, sarebbe stato preferibile rinviare l’apertura di 2 o 3 settimane.

Infatti, contrariamente a quanto sostenuto da Bianchi, la situazione reale è diversa nelle classi. Sono state moltissime le assenze degli studenti al rientro. Nelle principali città italiane sono già stati organizzati scioperi immediati e assemblee contro le decisioni del governo. L’Unione degli Studenti scrive: “Per l’ennesima volta il ritorno è a singhiozzo e non sicuro, centinaia di scuole sono in sciopero e altre lo faranno nei prossimi giorni. Basta al ricatto tra presenza e dad, il governo ha gravi responsabilità per questa ripartenza disastrosa”.

 

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Editor: Susanna Bosio

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