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Ferragamo, la Cina è sempre più vicina

La griffe del lusso italiana festeggia ricavi e utili in aumento nei primi 9 mesi dell’anno. La fetta più grande viene realizzata nell’area Asia Pacifico

Due diversi modi di aggredire il mercato, entrambi vincenti, a giudicare dai risultati. Se Prada ha deciso di andarsi a quotare direttamente a Hong Kong, per essere più vicina ai mercati del futuro, Salvatore Ferragamo ha invece scelto di restare in Italia, quotandosi a Milano pochi giorni dopo la società di Miuccia e Patrizio Bertelli. Qui il titolo – pur in un contesto fortemente instabile – ha guadagnato da giugno circa il 30%. Ieri i listini di Piazza Affari hanno chiuso con una perdita dell’1,99% mentre il titolo della griffe toscana ha fatto segnare in controtendenza +2,45%.

Eppure, anche per Ferragamo l’obiettivo più importante rimangono i mercati del Far East, dove tutti gli indicatori pongono il nuovo Eldorado del lusso. Il presidente Ferruccio Ferragamo e l’amministratore delegato, Michele Norsa, possono intanto stappare una bella bottiglia di spumante rigorosamente made in Italy dopo la diffusione dei dati di bilancio relativi ai primi nove mesi dell’anno. I ricavi totali hanno raggiunto i 701,3 milioni di euro con un incremento del 27,6% a cambi correnti e del 26% a cambi costanti; l’Ebitda è cresciuta fino a 132,4 milioni (+67,8%) e l’utile netto è stato pari a 78,3 milioni (+85%).  “Crescite significative” sono state registrare in tutte le aree geografiche e in tutte le linee di prodotto, si legge nella nota emessa da Ferragamo, ma – Giappone a parte, dove sui consumi pesano ancora i postumi del terremoto/tsumani/incidente nucleare di marzo – è proprio l’area Asia-Pacifico a rappresentare la fetta più grossa della torta.

La Cina è il mercato in cui Ferragamo ha focalizzato maggiormente gli sforzi nell’ultimo periodo, concentrando qui investimenti, stringendo accordi commerciali e solide partnership con grossi imprenditori locali come Peter Woo, diventato azionista della società pochi mesi fa. Molte delle nuove aperture – una decina sulle trenta previste ogni anno – sono proprio localizzate nello sterminato Paese asiatico. Intendiamoci, la “vecchia” Europa e il mercato interno non sono da meno in quanto a dimensioni e prospettive. Se in Asia Ferragamo dichiara incrementi del fatturato pari al 36%, in Europa si registra una crescita del 29,3%; bene anche Nord e Centroamerica, con incrementi rispettivamente del 31,1 e 33,3%. Rispetto alle categorie di prodotto, la parte del leone la fanno sempre le calzature, accessorio prediletto dal fondatore Salvatore e tutt’ora icona della maison, ma anche le borse e gli accessori in pelle fanno registrare incrementi significativi del 28,5%.

Cina ma non solo nell’orizzonte Ferragamo. Recentemente Michele Norsa ha preso parte a un incontro patrocinato dal governo dell’India, dove molte griffe di alta gamma del made in Italy si sono dette interessate a investire nei prossimi anni. Il governo di New Delhi si è impegnato a favorire l’afflusso di capitali esteri e la nascita di nuove partnership con imprese italiane. “Dei cinque anni in cui siamo presenti sul mercato indiano, questo è il migliore grazie a incremento delle vendite del 40%”, aveva dichiarato Norsa, aggiungendo: “Il nostro obiettivo, nei prossimi 3-5 anni, è di portare a 10 il numero delle nostre boutique, espandendo la presenza anche in altre città oltre New Delhi e Mumbai”. Insomma Cina o India che sia, il lusso guarda là dove sorge il sole.

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