Arte

I NABIS, GAUGIN E L’AVANGUARDIA ITALIANA

A Palazzo Roverella una mostra sulla grande stagione dei Nabis, da Gauguin alla pittura d’avanguardia italiana.

La mostra Nabis, Gauguin e la pittura italiana d’avanguardia, a Palazzo Roverella di Rovigo, documenta un aspetto centrale per la nascita della pittura moderna, con la straordinaria avventura tra la scuola di Pont-Aven e il movimento dei Nabis attorno alla figura carismatica di Paul Gauguin.

A Pont Aven, sulla costa della Bretagna, Paul Gauguin giunse nel febbraio del 1888. Vi era gà stato per un breve soggiorno due estati prima. Il sodalizio con Van Gogh nel frattempo era finito, l’olandese aveva scelto il sud della Francia, lui la Bretagna. Qui si era andato formando un eden primitivo e quasi incontaminato, popolato da una comunità internazionale di giovani artisti che, dipingendo spesso insieme, traevano ispirazione dal paesaggio e dalle loro comuni esperienze e riflessioni.

Alla loro ricerca sottendevano tensioni intellettuali. Molti cercavano la semplicità, nella vita così come nell’arte. Una semplicità fortemente creativa, decantata dai fumi tardo-impressionisti, tesa all’essenziale. Profeti di un nuovo che attingeva ad un primigenio, all’essenza. Pur in una visione soggettiva della realtà e della natura essi cercavano anche di coglierne i significati simbolici nascosti.

Il linguaggio espressivo e antinaturalistico del gruppo entrò anche in contatto con le poetiche del primitivismo e dell’esotismo assai in voga nell’Europa di fine Ottocento. Confluì in varie correnti artistiche e ne influenzò nascita e caratteri.

I NABIS

Su tutti spicca l’esperienza parigina dei Profeti, o meglio Nabis, dall’antico ebraico.  La stagione che ne seguì segnò la nascita dell’arte moderna. Liberi dal naturalismo e dall’imitazione della realtà, i Nabis crearono un linguaggio pittorico nuovo: colori intensi, profili marcati, rinuncia al dettaglio. Sarà una pittura sintetica ed elementare, frutto di una semplificazione fino all’essenziale (donde la definizione di Sintetisti per un gruppo di loro).

Questi stimoli innovativi contaminarono l’Europa, senza tralasciare l’Italia. Ed è proprio sul versante nazionale che si concentra la seconda parte della rassegna.

La stagione bretone dell’arte italiana tra gli anni ‘Ottanta dell’Ottocento e i primi decenni del secolo successivo la si può incontrare in diversi artisti, o meglio in precise fasi della loro produzione.
Sono pittori che in molti casi hanno vissuto a Parigi e che nella capitale francese, o comunque oltralpe, hanno acquisito caratteri e cadenze linguistiche di inequivocabile qualificazione gauguiniana a Pont Aven.

GINO ROSSI

Non a caso la rassegna continua con Gino Rossi e la sua Burano. Rossi, uomo e artista pregno di illuminazioni e di tenebre, straordinario campo di forze, di polarità, di tensioni, di urgenze e di riflessioni. E, con lui, il grande Arturo Martini e il gruppo gravitante su Ca’ Pesaro.

Gauguin e Rossi, due storie lontanissime eppure vicine: il primo conquistato, catturato e tragicamente sedotto dai paradisi tahitiani, il secondo scivolato in un fulminante itinerario sin dentro i gironi d’inferno di un manicomio di provincia.
Eppure capaci, entrambi, di una pittura dove la semplicità e purezza primigenia e insieme ingenuità, affinamento alchemico e traduzione di un pensiero filosofico cristallino, lucido e tragicamente fragile.

L’ultima parte della rassegna è un grande capitolo dedicato agli eredi di questo universo artistico. Il Sintetismo, calato nella nuova sensibilità borghese e moderna grazie a protagonisti come Paul Sérusier, Émile Bernard, Paul Elie Ranson, Maurice Denis e gli svizzeri Cuno Amiet e Felix Vallotton (presenti in mostra con celebri capolavori), vive una stagione straordinaria anche in Italia: Felice Casorati, Oscar Ghiglia, Cagnaccio di SanPietro, Mario Cavaglieri.

 

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