Era il 17 dicembre 1989 quando la gialla famiglia de I Simpson debuttava in tv

17 dicembre 1989: I Simpson prima puntata

31 anni fa andava in onda la prima puntata de I Simpson, intitolata Un Natale da Cani (Simpsons Roasting on an Open Fire), sulla rete statunitense Fox. Oggi, la serie animata ideata da Matt Groening è ancora seguitissima, da grandi e piccoli. Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie hanno conquistato il pianeta, tra risate e gag surreali.

Ma facciamo un passo indietro, risalendo alla genesi di questa famosa serie. In realtà, la famiglia Simpson è apparsa per la primissima volta in tv nel 1987, negli intermezzi pubblicitari del Tracey Ullman Show, sotto forma di corti animati. Il primo di questi corti s’intitolava Good Night e fu trasmesso il 19 aprile 1987. Gli irriverenti personaggi gialli conquistarono presto la simpatia del pubblico, debuttando poi in prima serata il 17 dicembre 1989.

Una serie di successo

Oggi, I Simpson è ancora la serie più lunga mai trasmessa. Il numero del magazine TIME del 31 dicembre 1999 l’ha acclamata come miglior serie televisiva del secolo, mentre il 14 gennaio 2000 lo show ha ottenuto una stella nella Hollywood Walk of Fame. Inoltre, nel 2002, la rivista TV Guide ha classificato I Simpson all’8º posto tra I migliori 50 spettacoli televisivi di tutti i tempi, miglior posizione tra le serie animate. I critici Alan Sepinwall e Matt Zoller Seitz hanno inoltre classificato I Simpson come la migliore serie TV americana di sempre nel loro libro TV (The Book).

E, non ci crederete, ma il celebre “D’oh!” di Homer è stato inserito nell’Oxford English Dictionary. Un’altra dimostrazione di quanto questo show sia importante nella storia della televisione.

La satira della società americana

Chi dice che I Simpson sia una serie per bambini o per stupidi, non sa evidentemente di che parla. Infatti, basta guardare un solo episodio per rendersi conto di quanto lo show sia una brillante satira della società americana. La stessa famiglia protagonista, per l’appunto, rappresenta la famiglia media americana, mettendone in luce tutte le contraddizioni e le ipocrisie. Homer è un impiegato senza arte né parte, che affoga le sue frustrazioni nell’alcol e nel cibo spazzatura. La moglie Marge è una casalinga rassegnata alla propria monotona vita, che accetta lo squallore della propria esistenza in nome dell’amore per il marito. Il rapporto tra i due, nonostante tutto, è caratterizzato da una certa tenerezza.

Anche i figli di Homer e Marge sono bambini-tipo: Bart è un piccolo scansafatiche che adora combinare guai, Lisa è la tipica secchiona con grandi ambizioni e Maggie… be’, Maggie ha il suo ciuccio e osserva basita tutto ciò che le capita intorno.

Ogni personaggio (il reverendo Lovejoy, il titolare indiano del mini market, la maestra della scuola, l’obeso proprietario del negozio di fumetti, ecc) è uno stereotipo. Di conseguenza, ogni vicenda evidenza gli aspetti più assurdi della società statunitense, dimostrando al mondo che, dopotutto, il sogno americano è soltanto un sogno.

Ma anche in questa dura verità, alla fine, c’è sempre una morale consolatrice: i Simpson si amano l’un l’altro e, proprio per questo, riescono comunque a trovare un po’ di felicità nelle loro vite standardizzate. Sebbene il destino non ci riservi sempre gioie, possiamo scegliere di essere appagati con ciò che abbiamo. Anche se ciò che abbiamo non è un granché.

 

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