fieno ponza il fieno
Arte,  Libri

Il Fieno, una storia segreta di Ponza: quinta parte, di Antonio De Luca

Una storia segreta di Ponza: il Fieno

“Il Fieno: una storia segreta di Ponza” è il libro pubblicato su Mam-e.it di Antonio De Luca poeta e scrittore di Ponza.

Il Fieno, una storia segreta di Ponza: quinta parte, di  Antonio De Luca

Il Fieno, a Ponza, un’isola nell’isola: tra Mito e letteratura

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.

Cesare Pavese

Nel mondo ci sono luoghi, la cui esistenza ci induce a conservarli nella mente, come parte di noi stessi. Sembra che questi luoghi ci siano sempre appartenuti, li abbiamo sempre pensati e da sempre conosciuti. Goethe nel suo viaggiare, questi luoghi li chiamava ​i luoghi dell’anima​. Essi entrano nella nostra memoria fino ad appartenerci, si fanno così luoghi metafisici con cui interagiamo e dialoghiamo nel vivere quotidiano. Pensiamo alle Langhe pavesiane o alla Dublino di Joyce, così come alla Praga di Kafka o le isole caraibiche di Derek Walcott: ogni scrittore ha dato alla sua terra la propria anima e dalla terra ha ricevuto il proprio sangue; soprattutto se a questi luoghi la letteratura ha dato delle storie e gli uomini sono diventati i cantori della loro memoria, della loro vita. Uomini e luoghi diventano un tutt’uno. Sta per nascere così il Mito.

Ci sono paesaggi che a gran voce reclamano le loro storie

Questi luoghi ci chiamano e ci aspettano, per ritornare, una volta conosciuti. Con questi luoghi è come se nascesse un amore. A questi luoghi inconsapevolmente diamo una voce e mettiamo degli occhi, li facciamo muovere con noi e ce li portiamo dentro, come corpi indipendenti, che ci vivono a fianco. Spesso, diventando ombre di noi stessi, pensiamo cos’è Lisbona nella letteratura di Fernando Pessoa. A Lisbona si incontra Pessoa dappertutto. Penso al Cesare Pavese di Santo Stefano Belbo:​ Qui bisogna averci fatte le ossa, averla nelle ossa come il vino e la polenta allora la conosci senza bisogno di parlarne. Questi luoghi sembrano perdere la loro materia, diventano luoghi dell’oltre. E per questa loro immaterialità diventano un non-luogo.

Entrano in noi come una memoria primitiva, essenziale per vivere, in questi tempi moderni, di angosce e solitudini. E quando abbiamo bisogno di ombre, dove abbiamo lasciato parte di noi stessi, siamo costretti a ritornare.

Le ombre ci attendono

Le ombre ci gridano di ritornare, ci richiamano al nostos omerico. Ancora Pavese: ​È una terra che attende e non dice parola. Nel mio vagabondare ho incontrato molti di questi luoghi che gridano sempre un ritorno e sempre questi luoghi sono legati alla letteratura. Molti di questi mi sono entrati nell’anima e nella memoria fino a divenire una vera patria. ​La vera patria è là dove gli uomini mi assomigliano,​ lessi su un muro nel quartiere Le Panier di Marsiglia.

Tra i tanti che ho conosciuto e vissuto cito Pompei, Lisbona, Sant’Elmo in Buenos Aires, la casa di Tiberio a Capri, Volubilis la città di Annibale e Marco Aurelio in Marocco, la biblioteca di Adriano ad Atene, il porto
di Marsiglia o di
Istanbul, i quartieri di Napoli, luoghi di silenzio nel deserto marocchino già scelti da Pasolini nel suo Edipo Re, e naturalmente il Fieno. Luogo in cui vissi prima tra le favole e poi nella realtà conquistatrice. A poche miglia dal promontorio del Circeo sta l’isola di Ponza, ultimi residui affioranti di un antico vulcano risalente a 5 milioni di anni.

Il Fieno è a sud dell’isola di Ponza, guarda la Tunisia e l’Algeria, oltre la linea dell’orizzonte marino che lo circonda. Isolato dal resto dell’isola, dal mondo. Nessuno passa di qua se non qualche perduto turista. Difficile raggiungerlo dal mare per le alte scogliere e per le perenni onde di risacca. Sono pochi i giorni dell’anno in cui il mare permette ad una barca di avvicinarsi agli scogli. Anche via terra non è facile arrivarci: viaggiatore dovrai camminare per un’ora, ma non sentirai la fatica tra le tante emozioni che il paesaggio ti darà.

La città di Napoli per Ponza è stata la madre culturale mediterranea, la sua nutrice fino a qualche decennio fa. La Roma borghese e papalina ha sostituito la Napoli capitale mediterranea già ai tempi del fascismo, per volere politico di Mussolini. Ma la storia sempre ritorna alle sue radici, ed è allora che l’uomo esprime il meglio di sé. E qui, a Ponza, esiste un luogo alle spalle del Monte Guardia, una vallata isolata dal paese, che guarda a sud, e davanti solo mare e mare, come un pelagos greco. Ed oltre questo mare c’è l’Africa, la madre di tutte le terre. Il suo nome è Fieno: non sappiamo il perché di questo nome. Possiamo solo immaginare che qui si coltivasse del fieno nei tempi che mai conoscemmo.

Questo luogo, come scrisse Cesare Pavese, ​l’ho conosciuto attraverso il latte materno​. Era la vigna di mia nonna, la quale morì giovane, e in casa sempre si parlava di lei, della sua vigna, del suo amore per questa terra. Mia madre mi portava nelle albe delle estati, quando non si andava per mare, con mio padre per rotte mediterranee. Viaggiatore che passerai per queste isole del Mediterraneo, il Fieno ti invita alla sua scoperta. Un paesaggio che volge a ovest e a sud-ovest ai piedi del Monte Guardia, un triangolo che degrada terrazzato sul mare. Dal mare è simile a un anfiteatro greco. E al ritorno del tuo cammino mediterraneo, viaggiatore, rimarrà in te un pensiero: è questo forse il luogo non-luogo che cercavo. Coltivato a vigna sin dai tempi conosciuti. Ma è nell’età borbonica che assume l’attuale conformazione morfologica, grazie alla colonizzazione voluta dal Regno di Napoli nel 1700. Il versante viene così terrazzato, con muri a secco di pietre trachitiche del basalto ponzese. Un lavoro durissimo e difficile.I muri a secco sono la cornice di pietra che avvolge tutto il mediterraneo, come un abbraccio che avvolge la gente che abita le sue sponde. Lungo un fianco di questa scoscesa, nel tufo bianco, vengono scavate grotte adibite a cantine, qualcuna a ricovero per uomini e animali. Ma non sappiamo se alcune di queste grotte, fossero già vissute ai tempi dell’uomo pre-neandertaliano che qui frequentò. In tal senso sono prove i resti di utensili e di lavorazione di ossidiana.

Il Fieno da tre secoli viene coltivato a vigneto.

I primi contadini erano emigrati, forzatamente mandati dall’isola di Ischia dal governo borbonico per colonizzare l’isola. Una seconda colonizzazione ha portato invece gente dal napoletano e le limitrofe città costiere. Allora arrivarono genti di mare e artigiani del legno e del ferro che diedero la vera identità alle future generazioni. Questi uomini avrebbero navigato in tutto il Mediterraneo. La prima colonizzazione da Ischia era costituita perlopiù da persone del malaffare e detenuti per motivi vari, i cosiddetti coatti, che erano però al contempo ottimi artigiani, inconsapevolmente depositari di un’antica cultura mediterranea.

Qui generazioni di contadini hanno tramandato un’arcana sapienza, che si riscontra nelle pagine di Esiodo e nel Simposio di Platone. Quella cultura venuta dalla Pithaecusa ellenica, l’attuale Ischia, e portata al Fieno proprio dai suoi abitanti, e perché no, forse proprio dagli stessi ellenici già nel loro primo insediarsi nel bacino tirrenico. Di questo ne parlo ampiamente nel mio libro ​Vinea Loquens,​ già terminato, ma di cui sto ideando un’approfondita seconda edizione.

Ischia è stata la prima colonia greca nel Centro dell’Italia. Qui i greci hanno portato le loro vigne, come attesta un vaso di fattura ellenistica al museo di Lacco Ameno, piccolo comune di Ischia. Il poeta Alceo, dalla sua isola di Lesbo, invitava già 2500 anni fa, ​a piantare la vigna prima di altre piante.

La coltivazione della vigna, il fare vino e i rapporti umani, hanno risentito in questi secoli della cultura greca e del suo continuo confronto con le altre culture mediterranee, come quella fenicia, volsca o etrusca. Questo depositarsi di sedimenti culturali ha contribuito a fare di questo Fieno un paesaggio della memoria, della civiltà contadina e marinara, quindi un mito. Quel mito che precede il pensiero, l’idea e la filosofia, che nasce con le prime parole, le prime meraviglie.

E tu viaggiatore, nell’attraversare questi non-luoghi nel silenzio tutto intorno, potrai sentire i versi di Whitman, o di Esiodo. Sarà la poesia che allieterà la memoria dell’anima. Ti sentirai come un argonauta di Giasone o il Perseo o ancora il marinaio omerico. Il tuo camminare, il tuo ascoltare e guardare tutto intorno la natura, il mare, sarà come entrare nel mondo bucolico e georgico del poeta Virgilio.

Tutto questo e tanto altro hanno contribuito a fare di questo luogo non-luogo, uno dei tanti Miti mediterranei, dove la memoria conserva il suo passato, il divenire. Il tempo inesprimibile.

Questa cultura è stata tramandata al principio solo attraverso una tradizione orale. Io l’ho ereditata dapprima attraverso favole e racconti, poi attraverso una vita vissuta, finchè non ho sentito il dovere di metterla per iscritto. Adesso, questo luogo ha trovato posto in una letteratura mediterranea. ​Vinea Loquens ​racconta l’origine e la storia degli uomini che qui vissero​, d​ i cui i media culturali si interessano con servizi televisivi e giornalistici, non solo in Italia.

Grazie soprattutto a poeti, scrittori e artisti che da qui son passati. Lo scrittore Simone Perotti ha ambientato ​Uomini senza vento. L’architetto Giuliano Massari qui ha avuto per alcuni anni un vigneto e ha poi celebrato questa terra attraverso scritti e pitture. Gianni Silvestri, amico e scenografo, qui veniva ai Simposi primaverili, prima e durante le pause dell’Ultimo Imperatore, pluripremiato film di Bernardo Bertolucci. Qui è venuto a raccontarmi del film il Tè nel deserto, film tratto dal libro di Paul Bowles, sempre con la regia di Bernardo Bertolucci. La regista moldava Ana-Felicia Scutelnicu, Premio Cinema XXI Festival Internazionale del Cinema Roma 2012 con il film PANIHIDA, è venuta a trascorrere un lungo periodo nel rifugio del Fieno, io terminavo di scrivere VINEA LOQUENS, lei la sceneggiatura del film ANISHOARA. ANISHOARA è stato poi presentato con successo a Monaco e subito dopo al Festival Internazionale del Film di San Sebastian, poi girò il mondo nei vari festival. Ha vinto premi ai Film Festival di Vancouver e Cleveland. Insieme abbiamo girato delle riprese su quei giorni. Lei ne ha fatto una storia che ha successivamente presentato alla prima di VINEA LOQUENS tra gli applausi del pubblico e la commozione dei contadini.

Il vino è stato sempre materia di letteratura. Hemingway, Cros, Verlaine, Kerouac, per citarne alcuni degli ultimi secoli. C’è saggezza nel vino,​ disse lo stesso Hemingway. Così la storia del Fieno assurge a importanza ambientale e materia letteraria, grazie a quegli uomini che per secoli, con fatica sovrumana e passione ancestrale, hanno perpetrato la coltivazione della vigna. E te ne farai vanto viaggiatore nel tuo peregrinare di essere stato, almeno una volta nella tua vita, in questo luogo. Il Fieno oggi è frequentato, vissuto e descritto da artisti, scrittori e poeti, che ho ospitato nel mio rifugio tra i vecchi vigneti. E questo luogo diventa fonte di ispirazione e riflessione nell’ambito di una cultura Mediterranea.Lo stesso Predrag Matvejevic mi ha scritto: ​magari avessi conosciuto i tuoi scritti prima della stesura di Breviario Mediterraneo, la mia visione di questo mare, Antonio, tu l’hai arricchita con i tuoi racconti, le tue storie, con le poesie che mi invii.
Viaggiatore, raggiungere il Fieno e scendere lungo i suoi paesaggi letterari, attraversare i vigneti tra i lunghi terrazzamenti, camminare sugli antichi camminamenti in una ricca macchia mediterranea, entrare nelle vecchie cantine, annusare i profumi dell’antico, bere vino e guardare il mare, parlare con gli ultimi contadini, ascoltare il volo del falco pellegrino, tutto questo è un viaggio che farai in un tempo che non conosce né inizio né fine. Un viaggio che attraversa le pagine della letteratura mediterranea, di poeti, pittori e scrittori, geologi e naturalisti, dove la natura, l’uomo, il paesaggio, le opere antropiche, sono il fine di una civiltà sedimentata in oltre 4000 anni di storia.
Il Mediterraneo come un ​Breviario:​ così scriveva ancora Predrag Matvejevic, lo storico cantore e poeta di questa cultura

Il Mediterraneo è un teatro, una casa, una piazza, una fonte battesimale per tutte le religioni, un porto, un mercato, un atelier, una biblioteca, un’agorà. Ma ora anche un cimitero. Il peggiore dei cimiteri. Le camere a gas dell’era post-industriale, del capitalismo finanziario mondiale. Un simposio di popoli​, ho detto al maestro Predrag in uno dei nostri incontri romani: il suo viso approvava. Nel silenzio del Fieno sono gli dei dell’Olimpo, oppure i poeti, a prenderti per mano, viaggiatore, e ad accompagnarti con la dovuta accortezza lungo ogni sentiero. Porta con te un libro di poesie, Antonio Machado, Giorgio Seferis, Odisseas Elitis, Friedrich Schiller, Alexander Puskin, o anche Bjorn Larsson con il libro ​Raccontare il mare. Pablo Neruda qui ti dirà di aver dormito sopra un’isola con la sua donna, l’amore, e, baciandola, di aver sentito sulla bocca il sapore dell’acqua marina, di alghe, di terra. Saranno questi i migliori compagni di viaggio con cui confrontarti e vagabondare nel pensiero.

leggi anche:
“Il Fieno, una storia segreta di Ponza”  il libro di Giuliano Massari

Vuoi ricevere Mam-e direttamente nella tua casella di posta? Iscriviti alla Newsletter, ti manderemo un’email a settimana con il meglio del nostro Magazine.

CLICCA QUI PER SAPERNE DI PIÙ!