INFLUENCER: UN BUSINESS DA MILIONI DI DOLLARI
Influencer, la pubblicità dei marchi passa da Instagram
I dati parlano chiaro, gli influencer sarebbero i promotori principali delle grandi firme.
Questo è quanto è stato rilevato da The States of the Influencer Marketing di Klear.
Instagram sarebbe a tutti gli effetti un vero colosso del business con una crescita attestata al 198%.
Il think tank L2 (società di ricerca e business intelligence che valuta le competenze digitale dei marchi di consumo) ha dichiarato che questo sistema attirerà almeno 2 miliardi di dollari in investimenti entro il 2019.
A parlare di questo fenomeno è Gil Eyal, fondatore du Hypr – agenzia leader al mondo dell’influencer marketing con un catalogo di più di 10 milioni di profili – dichiarando: “Prima i brand erano soddisfatti con due influencer da 2 milioni di follower l’uno, ma ora preferiscono 20-20 influencer con meno follower”.
L’intervista rilasciata a Forbes chiarifica l’aumento di questa tendenza.
Nel 2016 gli hashtag #ad (abbreviazione di advertisement) e #sponsored erano stati generati nel 60% dei post mentre lo scorso anno si sono attestati al 90%.
Ma chi è l’influencer?
L’influencer medio si occupa principalmente di moda e beauty ma la tendenza toccherebbe anche i globetrotter e i foodblogger.
L’84% degli influencer sono donne di età compresa tra i 18 ai 34 anni. Sono prevalentemente fashion e beauty blogger contattate da aziende per “sponsorizzare, dietro compenso, il proprio prodotto.
Qual è il loro tariffario?
Secondo Fabio Betti, fondatore di 2mutchTV (agenzia che fa da intermediario tra brand e influencer), i “piccoli influencer” da 100k follower guadagnerebbero da 0 a 500 euro a collaborazione, i “medi” (con 500k follower) da 500 a 5000 mila euro e i “grandi” (con oltre 1 milione di seguaci) dai 2.500 ai 10.000 euro.
Questa realtà, che non è più “virtuale” e che ha surclassato le ADV, celerebbe però delle insidie.
Fabio Mazzocca, presidente dell’agenzia di digital PR WakeUp, ha dichiarato: “L’influencer deve sempre sembrare autonomo nelle sue scelte: le marchette troppo palesi lo danneggiano[…]D’altro canto, questo ormai è un business: nella mia esperienza, è raro che qualcuno si rifiuti di promuovere un prodotto”.
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