La Festa del Paradiso di Leonardo da Vinci al Castello Sforzesco
Suoni e luci al Castello Sforzesco per rievocare “La Festa del Paradiso” di Leonardo.
Fino al 6 gennaio, tutti i giorni dalle 18 alle 19, uno scenografico mapping proiettato sulla Torre del Filarete e visibile dal Cortile delle Armi, racconta la festa che suggellò più di 500 anni fa al Castello Sforzesco di Milano le nozze tra Gian Galeazzo Sforza, nipote di Ludovico il Moro, e Isabella d’Aragona.
La Festa del Paradiso di Leonardo
Un’iniziativa originale per concludere l’anno del cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, le cui celebrazioni proseguiranno al Castello Sforzesco anche nel prossimo anno con la proroga della straordinaria riapertura della Sala delle Asse fino al 19 aprile e con nuove mostre. Vi narriamo la storia della “Festa del Paradiso” di Leonardo.
Alla corte di Ludovico il Moro
Nel 1482 Leonardo arriva a Milano. È in cerca di gloria e di fama, e trova il suo mecenate in Ludovico Sforza, detto “il Moro”. È in questo periodo che il genio di Vinci dipinge “La vergine delle rocce” e, proprio per per Ludovico il Moro, progetta le famose macchine da guerra.
Sempre per il suo mecenate dipinge quadri come il “Ritratto di Musico”, il “Ritratto di Dama” e “La dama con l’ermellino” e l’affresco del “Cenacolo” nel refettorio di Santa Maria delle Grazie.
La Festa del Paradiso
Arriva l’anno 1490 e Ludovico il Moro commissiona a Leonardo uno spettacolo, quello che fu poi ricordato come “La festa del Paradiso”. La prima opera teatrale di cui si sappia, con la scenografia di Leonardo da Vinci.
L’occasione era proprio quella dei festeggiamenti in onore del matrimonio tra Gian Galeazzo Maria Sforza a Isabella d’Aragona. Leonardo, genio della pittura e della meccanica, creò effetti stupefacenti che non mancarono certo di colpire gli invitati e quanti ebbero la fortuna di assistere.
La rappresentazione
Il Paradiso era fatto a forma di semiuovo, tutto d’oro all’ interno, con molte luci che davano l’impressione delle stelle. In delle nicchie o alloggiamenti stavano gli attori, vestiti secondo la tradizione classica, che rappresentavano i sette pianeti, posizionati a seconda del loro grado. Sulla parte superiore dell’ uovo erano posti dodici tondi di vetro decorati con i dodici segni zodiacali e con dei lumi dentro. Il tutto era accompagnato da suoni e canti soavi.
La storia
Una volta fatto il silenzio e caduto il velo che ricopriva lo spazio teatrale, inizia a parlare Giove. Rivolgendosi ad Apollo, gli narra delle bellezze di Isabella d’Aragona e di come abbia intenzione di recarsi sulla terra a vederla di persona. Apollo ne è sconcertato: non conosce Isabella, di cui Giove parla come se fosse una novella dea.
Così, mentre gli dei discendono dall’Empireo alla cima del monte terrestre guidati da Giove, viene mandato in Terra Mercurio, a controllare di persona e a portare alla sposa gli omaggi di Giove. Una volta tornato al consesso degli Dei, pure Mercurio narra delle bellezze di Isabella.
Alle lodi di Mercurio si uniscono Diana, la Luna, Venere, Marte, Saturno e Apollo, finalmente convinto. Giove fa chiamare le tre Grazie e le sette Virtù e comunica loro che ha deciso di mandarle in dono ad Isabella. Apollo si offre di accompagnare Grazie e Virtù da Isabella, per presentare il dono e poterla omaggiare di persona.
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