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Attualità

Sanremo 2015: una riflessione sui gusti televisivi degli italiani

Nel 2015 sono in tanti ad interrogarsi sull’utilità di un evento nazional-popolare come il festival di Sanremo: la morente discografia italiana cerca di raggranellare quel che può ma non produce niente di memorabile; la Rai ci punta per risollevare gli ascolti in declino di tutta la tv generalista e la città di Sanremo ci campa tutto l’anno.

E il pubblico? Davvero abbiamo bisogno di una festa televisiva che blocchi la nazione per una settimana?

Dai discorsi della gente, dall’hype praticamente nullo, la previsione sugli ascolti era bassa. E invece no: il Sanremo di Carlo Conti ha fatto il 50%. Cioè, metà della popolazione tv italiana ieri sera era sintonizzata su Rai Uno.

Perché? Cos’è che interessava così tanto? La solita liturgia di un evento che però non c’era? Perché di questo si è trattato: di un programma tv banale e normale, senza nessun picco e nessuna innovazione. Il conduttore ha fatto due passi indietro rispetto alla solennità di quelli che lo hanno preceduto, e di certo è un bene perché da Conti poteva arrivare molto più trash, ma non ha portato nessun messaggio, nessuna vera idea su quel palco. Per questo, mille odi a Fabio Fazio, criticato da sempre per la sua impronta radical al Festival, che ha sempre cercato la novità, la confezione, il contenuto.

Ieri sera non c’era niente che fosse realmente di qualità: la conduzione, le canzoni, gli ospiti musicali e non. Un compitino ben fatto, per carità, ma certe cadute di stile: le brutte battute sui loro trascorsi coniugali per Al Bano e Romina; la debacle con il bimbo sovrappeso per Siani; la famiglia più numerosa d’Italia che non avrebbe sfigurato in un becero talk show della domenica; l’imbarazzante imitatore di Michael Bublè. Davvero il pubblico tv vuole questo?

Il 50% degli italiani davanti alla televisione ieri sera sì, ha voluto questo.

L’Italia, forse, è davvero questa qua.

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