Spettacolo,  Cinema

STONEWALL: IL FILM DI EMMERICH NELLE SALE ITALIANE

Danny (Jeremy Irvine) è un giovane provinciale del Midwest che approda a New York e fa amicizia con un gruppo di ragazzi che frequentano lo Stonewall Inn, locale punto di ritrovo per gli omosessuali del luogo. Sarà lui a dare avvio alla rivolta storicamente più importante legata al Movimento gay.

Questa la storia di Stonewall, il film che uscirà nelle sale italiane giovedì 5 maggio e che verrà proiettato in anteprima stasera al TGLFF – Torino Gay & Lesbian Film Festival, a quasi un anno dalla release negli Stati Uniti.

Il film di Roland Emmerich è dedicato agli scontri violenti inaugurati il 28 giugno 1969 (data poi scelta simbolicamente dal movimento LGBT per festeggiare il “Gay Pride”), in cui la polizia newyorkese fece irruzione nel locale e diede di fatto inizio alla prima grande insurrezione di una comunità omosessuale.

Roland Emmerich, regista di Stoccarda trapiantato ad Hollywood, è noto per aver diretto alcuni tra i maggiori blockbuster americani degli anni Novanta: Stargate, Indipendence Day e Godzilla. Ma i risultati di Stonewall al botteghino, sopratutto se paragonati ai citati film del regista, sono stati assai deludenti. Questo è dovuto a diversi fattori: in primo luogo il film è anomalo all’interno della produzione di Emmerich, il regista ha infatti desiderato girare per la prima volta nella sua carriera un’opera a carattere vocazionale e fortemente personale. Inoltre Emmerich, pur dichiarandosi assai soddisfatto del risultato finale e degli attori che hanno recitato per lui, ha dovuto affrontare gli strascichi delle polemiche dovute ad alcune sue parole rilasciate in un’intervista a Buzzfed, in cui ammise di aver scelto il protagonista (Jeremy Irvine) per incontrare i gusti di un pubblico eterosessuale. Questa confessione ha provocato una protesta generale del movimento LBGT, che ha boicottato il film dichiarando che il regista avrebbe deliberatamente oscurato la decisiva importanza che i ragazzi di colore hanno avuto durante i moti del ’69. Sulla stessa linea d’onda il critico cinematografico del The New York Times, Stephen Holden: “l’invenzione di un generico Re Bianco che incita alla rivoluzione gettando il primo mattone contro una finestra è come rubare la storia al popolo che l’ha compiuta”.

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