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Supreme, la contraffazione danneggia il brand

Arriva da New York la stoccata all’Italia: Supreme danneggiato per milioni di dollari a causa della contraffazione

Supreme potrebbe rallentare il suo piano di crescita a causa di alcuni contraffattori nostrani.

Sì, il monito viene proprio da New york, metropoli che ha dato i natali al marchio da 1 miliardo di dollari.

Non è uno scherzo. I dati forniti da BoF giungono proprio dalla polizia italiana interessata, da alcuni mesi, all’operazione “Golden Brand”.

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ancona, coordinati dalla locale A.G. hanno scovato alcuni covi dove erano stati nascosti capi di Supreme e THRASHER, per un valore stimabile di 10 milioni di euro.

L’operazione è stata condivisa da diverse regioni italiane tra le quali figurano anche Marche, Puglia, Sicilia, Emilia Romagna, Campania, Lazio, Veneto, Toscana, Trentino alto Adige e Lombardia.

Ritratto James Jebbia
James Jebbia, fondatore di supreme

Come diramato dal Sistema Informativo Anticontraffazione: “venivano prodotti in distretti specializzati nel settore manifatturiero italiano e/o importati da Cina e Albania“.L’indagine ha consentito, inoltre, di venire a capo di un mercato parallelo ancor più florido con l’esportazione della merce contraffatta in Spagna, Regno Unito e Repubblica di San Marino.

I 700.000 capi sequestrati dalle nostre fiamme gialle non sono altro che il frutto del successo del marchio; una sorta di rovescio della medaglia che rischia di porre una forte crisi economica all’interno della griffe.

A commentare l’insidia è fondatore della griffe James Jebbia che si dice preoccupato da questi continui atti criminali ai danni di Supreme.

Ai microfoni di Business Of Fashion, dichiara: “Non penso che un’altra azienda abbia dovuto affrontare questo come noi […] La gente dovrebbe sapere che l’idea dei falsi legali è una farsa completa. Sarebbe triste se la nuova generazione pensasse che in realtà è legittima“.

A far temere di più è il danno d’immagine. Soprattutto ora che il marchio si appresta ad entrare nel mercato cinese.

Altri problemi per il marchio statunitense

Un’altra tegola è l‘affaire IBF VS Supreme.
È ancora in atto il contenzioso tra il marchio newyorkese e Supreme Italia (regolarmente registrato nel nostro Paese) per l’esclusività del nome.

Un legal fake, come molti insinuano, che potrebbe danneggiare ulteriormente la reputazione di Supreme.

 

 

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