Dizionario Arte

Vel

Il più grande pittore della scuola spagnola, uno dei più importanti ritrattisti dell’arte mondiale. Lavorò quasi esclusivamente per la corte reale di Spagna a Madrid, ma crebbe a Siviglia, dove nel 1610-11 si formò con Pacheco (forse dopo un breve periodo di studio con Francisco Herrera il Vecchio). Iniziò l’attività indipendente nel 1617 e l’anno seguente sposò la figlia di Pacheco.
Velázquez fu eccezionalmente precoce: fin da adolescente dipingeva quadri che mostravano originalità e una completa padronanza della tecnica. Lo stile di Pacheco nei dipinti di soggetto religioso era "secco e ispido" (Palomino); Velázquez lo rivitalizzò seguendo il consiglio del maestro di "guardare sempre alla natura". In quadri come l’Immacolata concezione (1618, National Gallery, Londra) e l’Adorazione dei Magi (1619, Prado, Madrid) sviluppò un approccio più realistico all’arte religiosa, raffigurando i personaggi come in un ritratto più che come figure ideali (la giovane moglie dell’artista potrebbe aver posato per la Vergine per entrambi i dipinti). Anche la luce è osservata in modo realistico, pur conservando un carattere di mistero e spiritualità. Il forte chiaroscuro e il naturalismo di questi dipinti mostrano analogie con l’opera di Caravaggio e dei caravaggeschi, ma la pennellata agile e grumosa è completamente originale. In questa prima fase della sua produzione, oltre ai soggetti religiosi, Velázquez dipinse alcuni *bodegón, un tipo di scena di genere alla quale conferì nuova serietà e dignità; il più noto è l’Acquaiolo di Siviglia (1620, Wellington Museum, Londra), nel quale mostra la sua notevole abilità nella resa realistica delle gocce d’acqua che scivolano lungo la brocca.

Durante una breve visita a Madrid nel 1622, Velázquez dipinse il ritratto del poeta Luis de Góngora (Museum of Fine Arts, Boston). L’anno seguente fu richiamato nella capitale dal primo ministro di Filippo IV (vedi Asburgo), il conte di Olivares, per dipingere il ritratto del sovrano (oggi perduto). Filippo ne fu così soddisfatto che lo nominò pittore di corte nonché unico ritrattista ufficiale. All’età di 24 anni Velázquez era diventato improvvisamente il pittore più importante del paese nonché il preferito del re, posizione che mantenne per tutta la vita.
Con la nomina a pittore di corte, la produzione di Velázquez cambiò decisamente rotta. Abbandonò completamente i bodegón e si dedicò quasi esclusivamente ai ritratti, fatta eccezione per i quadri con tema storico, mitologico e religioso che continuò saltuariamente a dipingere per tutta la vita. Anche tecnicamente il suo stile cambiò in seguito al trasferimento a Madrid, la tavolozza si schiarì e la pennellata diventò più larga e più fluida sotto l’influenza delle opere di Tiziano che ebbe la possibilità di ammirare nella collezione reale. Nonostante i ritratti del re e della corte siano imponenti e austeri, Velázquez umanizzò la tradizione formale della ritrattistica di corte spagnola che derivava da Mor e Sánchez Coello, facendo posare i suoi modelli in atteggiamenti più naturali e dando loro maggiore vitalità e carattere.

Il re (che aveva sei anni meno di Velázquez) aveva una grande considerazione per le qualità personali e artistiche del pittore e l’affetto con cui lo trattava era considerato sorprendente, vista la rigida etichetta per la quale la corte spagnola era famosa. Nel 1627 Filippo nominò Velázquez cerimoniere di corte, il primo di una serie di incarichi che gli diedero grande prestigio, ma lo costrinsero anche a occuparsi di questioni prettamente burocratiche che tolsero tempo alla sua arte, determinando una netta riduzione della produzione artistica. Scrupoloso nello svolgimento dei doveri, Velázquez possedeva un temperamento adatto per ricoprire incarichi di responsabilità: il pittore italiano Marco Boschini (1605-1681) lo descrisse come "un gentiluomo di corte di così grande dignità da distinguersi da ogni altra autorità".
Nel 1628-29 Rubens visitò la Spagna durante una missione diplomatica e diventò amico di Velázquez. Palomino riferisce che il contatto con Rubens "risvegliò il desiderio che Velázquez aveva sempre avuto di andare in Italia" e il re puntualmente gli diede il permesso di partire. Rimase in Italia dal 1629 al 1631, visitando Genova, Venezia e Napoli, ma trascorrendo la maggior parte del tempo a Roma. Due importanti dipinti risalgono a questo periodo, La tunica di Giuseppe (Escorial) e La fucina di Vulcano (Prado); si tratta di quadri che mostrano come la pennellata di Velázquez fosse diventata ancora più fluida sotto l’influenza dei grandi maestri veneziani e quanto fosse maturata la sua padronanza nella composizione delle figure.

Gli anni Trenta e Quaranta (prima di un secondo viaggio in l’Italia) furono i più produttivi nella carriera di Velázquez. Continuò a dipingere ritratti di sovrani e di personaggi della corte e ampliò l’orizzonte artistico realizzando una serie di maestosi ritratti di personaggi a cavallo (Prado). In questi ultimi dimostrò un’abilità senza precedenti nel raggiungere una perfetta armonia di atmosfere tra il primo piano e il paesaggio di sfondo. Nonostante le pose retoriche derivate dalla tradizione *barocca, le figure non sono appesantite dall’enfasi di ornamenti allegorici; ne risultano ritratti di grande immediatezza. La stessa abilità di guardare al mistero umano, superando le apparenze, si ritrova nell’impareggiabile serie di ritratti dei nani e dei buffoni di corte (Prado). L’approccio di Velázquez a queste opere non cela alcuna volontà caricaturale, al contrario è carico di pathos e umana comprensione per persone che ritiene ugualmente degne di rispetto.

L’opera più celebre del periodo centrale della carriera di Velázquez tuttavia non è un ritratto, bensì un grande capolavoro di pittura storica contemporanea, la Resa di Breda (1634-35, Prado), che apparteneva a una serie di dodici quadri di vari artisti di corte, volti a celebrare i trionfi militari del regno di Filippo, eseguiti per il nuovo Palazzo del Buen Retiro a Madrid. Nonostante la composizione sia accuratamente studiata, Velázquez riuscì nell’intento di creare uno straordinario senso di attualità che nessuna opera precedente che celebrasse un evento della storia contemporanea era riuscita a trasmettere. Il pittore si concentra sul dramma umano della situazione, nel momento in cui Ambrogio Spinola, il condottiero dell’esercito spagnolo, riceve le chiavi della città da Giustino di Nassau, comandante della parte sconfitta olandese, che le porge con un gesto di grande nobiltà.

Tra il 1648 e il 1651 Velázquez fece un altro viaggio in Italia per comprare dipinti e oggetti di antiquariato per la collezione reale (non esistono prove certe di un altro breve soggiorno in Italia nel 1636). Ancora una volta trascorse molto tempo a Roma, dove dipinse numerosi ritratti tra cui due dei più famosi, Juan de Pareja (1650, Metropolitan Museum, New York) e Papa Innocenzo X (1650, Galleria Doria Pamphili, Roma). Juan de Pareja (1610-70), che era lui stesso pittore, era lo schiavo mulatto di Velázquez (che mentre erano a Roma gli concesse la libertà) e Velázquez dipinse il suo ritratto per fare un po’ di pratica prima di eseguire il ritratto del papa. Innocenzo X è universalmente considerato uno dei supremi capolavori della ritrattistica mondiale, eccezionale nel trattamento pittorico e così incisivamente caratterizzato che il papa stesso disse che il quadro era "troppo vero". Durante la permanenza a Roma Velázquez ebbe un figlio illegittimo, Antonio, da una vedova di nome Marta, ma non si sa cosa accadde poi alla madre e al bambino. Forse Velázquez voleva tornare da loro quando nel 1657 chiese il permesso (che gli fu negato) di tornare in Italia; nonostante ciò la vita e il lavoro dell’artista proseguirono con la medesima sobria dignità e la notizia fu scoperta solo nel 1983, quando fu pubblicato un documento inedito che rivelava quella paternità.

Durante gli ultimi anni a Madrid Velázquez continuò ad acquisire nuovi onori (il più importante fu l’investitura a cavaliere dell’Ordine di Santiago nel 1659) e a raggiungere nuovi successi artistici. Tra gli ultimi ritratti spiccano quelli della giovane regina Maria Anna d’Austria (che Filippo aveva sposato in seconde nozze nel 1649) e dei figli. In questi quadri la pennellata diventa più audace e più libera e i sontuosi abiti indossati dai personaggi, così diversi dagli abiti sobri del re e degli uomini di corte, gli consentirono di mostrare tutta la sua abilità di colorista (numerosi esempi sono al Kunsthistorisches Museum di Vienna). Velázquez non smise mai di fondare la sua pittura sull‘attenta osservazione della natura, ma gli strumenti divennero sempre più raffinati e il dettaglio sempre più subordinato all’effetto d’insieme. Nelle ultime opere lo spazio e l’atmosfera sono dipinti con una vivacità senza precedenti, ma quando si osserva il quadro da vicino le forme si dissolvono in quello che Kenneth Clark chiama "una fricassea di bellissime pennellate". Secondo Palomino "l’osservatore non può capirlo se sta troppo vicino, ma vedendolo da lontano è un miracolo".

Il punto più alto della carriera di Velázquez è segnato da Las meninas (Le damigelle d’onore; 1656, Prado). Nel quadro è raffigurato lo stesso Velázquez davanti al cavalletto nel suo studio con vari membri della famiglia reale e della servitù; il pittore sarebbe intento a ritrarre il re e la regina (che sono riflessi in uno specchio), interrotto dall’arrivo dell’infanta Margarita e delle sue damigelle d’onore, ma sono state proposte anche altre interpretazioni. L’intento di Velázquez sembra quello di affermare la propria importanza e l’orgoglio per la propria arte, ma sullo sfondo egli ha posto due quadri (copie di opere di Rubens) che mostrano la caduta dei mortali che hanno sfidato gli dei nelle arti. Apparentemente spontaneo ma in realtà estremamente studiato, il dipinto rappresenta la prova più difficile di Velázquez come ritrattista e allo stesso tempo l’espressione più compiuta della dignità della propria arte. Luca Giordano la definì "la teologia della pittura" perché "come la teologia è superiore alle altre branche del sapere, allo stesso modo è questo il più grande esempio di pittura". I posteri hanno confermato questo giudizio, dato che in un sondaggio tra artisti e critici pubblicato dall’ Illustrated London News nell’agosto del 1985, Las meninas è stato votato -con ampio margine -"il più importante dipinto del mondo".

Il numero di copie contemporanee di opere di Velázquez indica che la sua era una bottega molto attiva, ma tra gli allievi solamente il genero MartÕnez del Mazo raggiunse una certa fama. Come la maggior parte dei pittori spagnoli, Velázquez non ebbe molta notorietà al di fuori dalla Spagna fino a quando le guerre napoleoniche non portarono il paese a partecipare al flusso degli avvenimenti europei. L’apertura del Prado nel 1819, con 44 opere dell’artista in mostra, fece sì che la sua produzione fosse finalmente accessibile al pubblico e dalla metà del XIX secolo fu soprattutto la sua libertà di esecuzione a essere fonte di ispirazione per molti artisti successivi, in particolare per Manet, che lo considerò il più grande pittore di tutti i tempi. La maggior parte delle opere di Velázquez si trova ancora in Spagna; molti dei suoi capolavori sono conservati al Prado. Altre opere si trovano invece fuori dalla Spagna, soprattutto a Londra: al Wellington Museum, nella Collezione Wallace, mentre la National Gallery possiede l’unico nudo femminile di Velázquez, la Venere allo specchio (ca1648).

Nascita: Siviglia 06-06-1599; Morte: Madrid 06-08-1660

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