Teatro

Crisi nera al Teatro Regio di Parma, a serio rischio il Festival Verdi

A giorni Parma celebra il concittadino più rappresentato al mondo (il maestro è nato a Roncole due secoli fa) con un Festival fatto di due sole opere e l’orchestra in arrivo dal Comunale di BolognaDa due anni (2013 e 2014) il Regio non ha più una sua stagione concertistica, sinfonica e cameristica, unico fra i teatri regionali. Non va meglio per il Coro (impiegato solo in una delle due opere del festival): senza impegni di lavoro sarà dura andare avanti. 

l Governo al momento – a differenza di quel che avviene ad esempio per “festival musicali ed operistici italiani di assoluto prestigio internazionale” come la Fondazione Festival Pucciniano di Torre del Lago – nega uno stanziamento stabile alla rassegna relegata a evento di portata locale. Il sindaco di Parma Federico Pizzarotti ha incontrato il ministro della Cultura Dario Franceschini per “reclamare l’attenzione del Governo sul teatro Regio, messo in difficoltà dalla situazione economica a tutti nota, e purtroppo in gran parte condivisa con gli altri teatri di tradizione”.

Già perché l’arrivo del M5s alla guida della città è coinciso con un progressivo sganciamento dei partner dalla compagine societaria che guida la Fondazione Regio. Il cerino è rimasto nella mani del primo cittadino – presidente della Fondazione – e della torinese assessore comunale alla Cultura Laura Ferraris. Lontani i tempi dalla grandeur quando il centrodestra – poi travolto dagli scandali giudiziari – avrebbe voluto dedicare al compositore 27 statue (tanto quanto le sue opere) nel centro della città. Si è sfilata un socio storico come la Provincia per ovvi motivi istituzionali, defilata la Camera di Commercio, altre priorità per Cariparma, la banca a controllo francese più rappresentativa del territorio. Gli imprenditori privati sponsorizzano serate e singoli eventi ma è chiaro che questo non basta per una programmazione duratura e di lungo periodo.

Ci ha provato il sovrintendente Carlo Fontana, manager di lunga esperienza teatrale. Il suo ingresso, due anni fa, alla guida di un teatro di tradizione dell’ex sovrintendente della Scala – affiancato dall’ex direttore artistico del Maggio Musicale – entrambi con stipendi da primi posti nelle fondazioni liriche – sembrava poter dare l’abbrivio al rilancio ma Fontana e Arcà sono dimissionari e resteranno in carica fino a dicembre. Pare che i motivi siano riconducibili a differenti vedute con l’assessore Ferraris, ma quantomeno i conti son stati rimessi in ordine.
Come la produzione e lo sviluppo del teatro, grosse incognite riguardano i lavoratori del Regio che in questi giorni hanno dichiarato lo stato di agitazione, dopo che alle promesse di stabilizzazione dei precari storici non sono seguiti i fatti. 

 


Come dice il musicologo Gian Paolo Minardi, decine e decine di stagioni liriche alle spalle, cittadino onorario di Salisburgo, “la condanna del Festival Verdi”, che si terrà dal 10 ottobre al 4 novembreha trasformato la città spesso “in quella del vorrei ma non posso”. Non che a Busseto vada meglio, dove tra liti di eredi vanno all’asta luoghi verdiani. 

 

A Parma resistono meglio all’urto della crisi consolidate realtà teatrali – dalla Fondazione Teatro Due al Festival Traiettorie – capaci di offrire stagioni e rassegne da tutto esaurito. Ad alcune di esse in queste ore è giunto il supporto di Banca Monte.


Verdi è patrimonio del mondo, Verdi attrae il mondo – gran parte degli studenti del Conservatorio sono orientali –  ma tra una settimana, anche l’aeroporto che porta il suo nome potrebbe chiudere per sempre. Produrre questo inimitabile “made in Italy” di nome Verdi per la Corea e per il danaroso Oriente? Putroppo gli stanno levando anche l’aeroporto al povero “Cigno di Busseto”. Gli restano, nella sua terra, le note dell’Aida amplificate all’entrata delle squadre in campo in serie A allo stadio Tardini.


I soldi contano ma sarebbe ancora più importante avanzare idee spendibili anche all’estero. Per usare un termine caro alle imprese: internazionalizzare. Perché i progetti in un’impresa culturale sono decisivi tanto quanto i conti in ordine. Insomma è un po’ come se la Ferrari producesse i propri bolidi solo per Maranello. Senza fondi e iniziative per conquistare il mondo. Così, nella sua terra, oggi Verdi muore. 

 

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