Dizionario Opera

Diamants de la couronne, Les

Il metodo di lavoro di Auber è il prodotto di una sintesi di volontà, ispirazione e applicazione severa, che contrasta con il risultato: una musica sempre fresca e spumeggiante, vero distillato di spirito parigino. Allievo di Cherubini, dal maestro aveva tratto solidità di studi e serietà nella composizione. Era uomo abitudinario e di disposizione sobria: si alzava presto e si coricava tardi, bastandogli pochissime ore di sonno; si diceva che spesso non dormisse affatto, di modo che componeva regolarmente anche durante la notte. Laure Cinti-Damoreau, una delle più abili interpreti di ruoli auberiani, ricordava che più di una volta il compositore andò a cercarla verso le tre di mattina per suonarle l’ultima aria che aveva scritto. Al mattino, per colazione, una tazza di camomilla, e proseguiva a lavorare per parecchie ore con impegno e senza sosta. Nel primo pomeriggio si presentava al Conservatoire, del quale era direttore; compiuti i suoi doveri, amava andare a cavallo al Bois, e di sera all’opera o a teatro. Quando tornava a casa per cenare, la sua tavola, si diceva, era degna d’un epicureo, su cui non mancavano mai vini pregiati; quello notturno era, dopotutto, il suo unico pasto quotidiano. Infine, quando gli ospiti se ne erano andati, Auber si ritirava nel silenzio della notte per riprendere il lavoro. Era una routine raramente turbata da visite o da avvenimenti esterni: gli riusciva facile separare i visitatori seri dagli insulsi, precisando che chiunque volesse fargli visita doveva presentarsi alle sei di mattina. Non lasciò l’amata Parigi neanche durante l’invasione prussiana del 1870-71 e nei tristi giorni della Comune. Les Diamants de la couronne fu rappresentata all’Opéra-Comique per ben 379 volte fino al 1887; la prima rappresentazione in lingua italiana ebbe luogo a Napoli nel 1879, con il libretto tradotto da Marco Marcelliano Marcello e i dialoghi posti in musica dal Gelli.

Atto primo . In Portogallo nel 1777. Sorpreso da un temporale sulle montagne dell’Estremadura, Don Enrico di Sandoval si rifugia tra le rovine di un vecchio castello, dove viene catturato da una banda di falsari comandata da Rebolledo e dalla bella Caterina. Al solo vederla Don Enrico se ne innamora, ma egli è promesso alla cugina Diana, figlia del conte di Campo Mayor ministro di polizia. Dopo avergli sequestrato un salvacondotto in bianco che permetterà ai falsari di fuggire, Caterina lo libera in cambio del silenzio su quanto ha visto.

Atto secondo . Nel castello di Coimbra giungono Rebolledo e Caterina, che si fa passare per la contessa di Villa-Fior e Rebolledo per il suo intendente, chiedendo ospitalità perché la loro carrozza si è rovesciata. Diana legge su una gazzetta la descrizione del capo dei briganti, e vi riconosce Caterina; Don Enrico la supplica di non denunciarla. Diana accetta a patto che possa sposare l’uomo che ama ovvero Don Sebastiano; a sua volta Don Enrico rivela a Diana d’amare Caterina. La cugina favorirà la fuga di Caterina se Don Enrico non firmerà il contratto di nozze. Al momento cruciale, Don Enrico balbetta qualche scusa, e non firma. Un servo annuncia che Caterina è partita con la carrozza di Campo Mayor.

Atto terzo . Il giorno seguente, nel palazzo della regina a Lisbona, Rebolledo attende d’essere ricevuto dalla sovrana. Entra la regina, che altri non è che Caterina, che ringrazia Rebolledo per il lavoro svolto: i diamanti della corona sono stati contraffatti e quelli veri venduti, affinché la regina potesse salire al trono senza chiedere prestiti o imporre nuove tasse. Rebolledo è promosso intendente supremo della polizia, perché «per conoscer i birbi / è mestiere essere stato uno di loro». La regina impone a Campo Mayor un decreto col quale si dichiara ch’ella è libera di scegliersi lo sposo; nomina poi Diana sua dama di compagnia, promuove Don Sebastiano capitano delle guardie, e sceglie Don Enrico per suo sposo.

Les Diamants de la couronne , sfornata dalla grande ‘officina’ di Scribe, è commedia più di situazioni che di caratteri; questi infatti sono predeterminati a tavolino, e rispecchiano, per certi aspetti, alcune maschere e tipologie della più classica commedia dell’arte. L’originalità degli autori consiste nel gioco delle situazioni, e nel risolvere – Auber musicalmente e Scribe drammaticamente – il complicatissimo intrigo: piccole variazioni sul tema, ma sufficienti per imbastire un libretto movimentato, vivace e ricco di colpi di scena, anche se di nessuna attendibilità. La musica procede di pari passo con la varietà del libretto, con un gusto e un virtuosismo che riecheggiano le opere buffe di Rossini. Il carattere franco e deciso della protagonista è già delineato nell’aria di entrata “Oui, c’est moi votre compagne”, al pari di “Je suis femme, je suis reine” del terzo atto, nella quale prende la decisione di sposare l’uomo che ama. Come ne Le Domino noir (1837), anche qui vi è un personaggio – Caterina – perno della vicenda, la cui vera identità rimane misteriosa fino alla fine. Il meccanismo teatrale di Scribe-Auber prevede, tra l’altro, inserimenti di arie a vario titolo; il secondo atto è così costellato di momenti di svago, utili per inframmezzare brani come il duetto Diana-Caterina in forma di bolero “Dans le défilés des montagnes”, o l’aria con variazioni di Caterina “Ah! je veux briser ma chaîne”.

Type:

Opéra-comique in tre atti

Author:

Daniel-François-Esprit Auber (1782-1871)

Subject:

libretto di Eugène Scribe e Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges

First:

Parigi, Opéra-Comique, 6 marzo 1841

Cast:

Catarina (S), Rebolledo (B), il conte de Campo Mayor (B), Diana (S), Don Henrique de Sandoval (T), Don Sébastien d’Aveyro (T), Barbarigo (B), Muñoz (T); falsari, cavalieri, dame, nobili portoghesi, corteggio del re, soldati, guardie, uscieri

Signature:

l.ge.

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