morto gianni celati
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È morto lo scrittore Gianni Celati: “nomade” della narrativa italiana novecentesca

È morto la scorsa notte Gianni Celati, scrittore, traduttore italiano e critico letterario, all’età di 84 anni. Secondo quanto appreso, era ricoverato da tempo in un hospice di Brighton, città inglese dove si era trasferito alcuni anni fa.

È morto Gianni Celati: la sua esperienza nella letteratura

Dopo la Laurea in letteratura inglese presso l’Università di Bologna con una tesi su James Joyce, comincia a pubblicare le prime traduzioni e a scrivere i primi articoli. Il folgorante esordio arriva nel 1971, con il suo primo romanzo Comiche per Einaudi. Un libro che prende spunto dagli appunti di un vecchio paziente del manicomio di Pesaro.

Un’esperienza nel mondo della letteratura quasi “irregolare“, una parabola artistica all’insegna del nomadismo e dell’inquietudine. Lo stesso Celati scrisse di sé in questi termini all’interno della nota autobiografica scritta per Conversazioni del vento volatore. Con l’incipit “Spizzico qua e là” lascia intendere com’è stato il suo vivere: un continuo spostamento, da Bologna alla Tunisia, da Londra alla Normandia e poi il trasferimento in Inghilterra. Tutto questo tra svariate collaborazioni artistiche, come quella con Calvino, ed esperienze nella narrativa.

È da questo nomadismo che derivano alcuni dei suoi lavori riconosciuti come i più belli della narrativa e della saggistica degli ultimi decenni. Si parla, appunto, di Comiche, ma anche di Parlamenti buffi, Finzioni occidentali, Narratori delle pianure, Quattro novelle sulle apparenze, Verso la foce.

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L’insegnamento di Gianni Celati, morto a 84 anni

Gianni Celati ha lasciato un importante insegnamento sul rapporto tra l’uomo e la letteratura. Si rendeva conto che «il nostro tempo non è predisposto alla fantasticheria, all’immaginazione, che infatti è stata smontata, disfatta e distrutta. Anche e soprattutto dalla letteratura che ci circonda». Un’involuzione drammatica che premia il narcisismo degli scrittori e un loro attaccamento all’attualità. Questo, per lui, causava lo spegnimento dell’istinto narrativo di ciascuno.

Provò allora a recuperare le origini della nostra tradizione, riprendendo il fiorire della narrazione vera e pura, la sonorità delle parole e la pazzia della voce. Celati si è sempre rapportato alla scrittura come un atto gratuito e non si è mai considerato uno scrittore professionista in carriera.

Si scrive per passare le serate, per coltivare l’interiorità. Perché la gratuità è fonte di contentezza. Invece ora pare che si scriva solo per fare colpo sul pubblico, per vendere copie avvinghiati ai fatti e all’attualità, perdendo la dimensione avventurosa della scrittura e la sua potenza immaginativa. In fondo, scrivere racconti e novelle è come spedire delle lettere. Anche se non mi è più tanto chiaro a chi siano indirizzate.

Il suo ultimo grande lavoro, quasi a chiudere un cerchio quarant’anni dopo quella tesi di Laurea, fu proprio la traduzione dell’Ulisse di Joyce. Frutto di un lavoro di oltre sette anni, un’immane fatica che avrebbe di fatti compromesso il suo stato di salute.

 

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Editor: Susanna Bosio

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