elio germano, che tempo che fa
Cinema

Elio Germano stasera a che tempo che fa

I 7 ruoli più intensi di uno dei più grandi talenti del cinema italiano.

Elio Germano sarà ospite questa sera del salotto di Fabio Fazio ‘Che tempo che fa’

Il 37enne attore romano sarà l’ospite di punta, questa sera, al talk show di Fabio Fazio. Dodici film girati negli ultimi cinque anni: una carriera al servizio dei più grandi registi italiani (Gianni Amelio, Mario Martone, Gabriele Salvatores, Paolo Virzì) e un viso e carisma che non si dimenticano facilmente.

Germano è il Gian Maria Volonté del cinema italiano contemporaneo: somiglia al grande attore scomparso per la grande versatilità interpretativa, per la capacità di interpretare con furia (controllata) personaggi trascinati dalle passioni, per l’engagement politico.

Elio Germano sarà su Raitre con Fabio De Luigi per presentare la commedia Questioni di karma. Ecco 7 tra i ruoli più passionali ed intensi interpretati dall’attore nel corso della sua ormai lunga carriera, attraverso le recensioni dei film tratte dal Dizionario del Cinema di Mam-e.

Sangue – La morte non esiste

Yuri (Elio Germano) e Stella (Emanuela Barilozzi) sono fratellastri. Lei continua a vivere col padre, sogna di diventare una ballerina e presto riuscirà a coronare questo sogno.

Lui invece ha scelto di essere un freak, vive da solo in un pozzo esistenziale, allevando zanzare (che nutre con il suo stesso sangue), leggendo e fumando canne in maniera compulsiva. I due hanno un rapporto incestuoso, si amano e sono – ognuno a suo modo – ossessionati l’uno dall’altra. La morte della madre ha lasciato tracce profonde nelle loro personalità.

Stella deve dire a Yuri che parte, va a danzare in America, ma non riesce a farlo: i due, dopo aver litigato e fatto l’amore, decidono invece di andare a un rave party all’interno di una fabbrica abbandonata. Qui faranno strani incontri e finiranno per sbattere violentemente il muso contro il loro ineluttabile destino.

Come Dio comanda

Provincia del Nord Italia. Una landa desolata alle pendici di maestose montagne. Case sparse e costruite lungo una superstrada in mezzo a enormi depositi di legna e centri commerciali. Qui vivono un padre e un figlio. Rino e Cristiano Zena. Rino è un disoccupato. Cristiano fa le scuole medie. Il loro è un rapporto d’amore tragico e oscuro. Soli combattono contro tutto. Rino educa suo figlio come può.

Come sa. Cristiano lo ama, lo venera, lo considera il suo faro, la sua guida spirituale. Un amore sbagliato, ma potentissimo. Hanno un solo amico. Si chiama Quattro Formaggi. Che non sta tanto bene. Per via di un incidente, la sua testa non funziona più come prima. Quattro Formaggi vive per Rino, adora Cristiano, e passa le sue giornate in casa costruendo uno strano presepio, fatto di pupazzi, soldatini, bambole e oggetti che lui recupera dalle discariche della città…

Mio fratello è figlio unico

Accio (Elio Germano) è un ribelle e come tutti i ragazzi della sua età e della sua epoca non conosce le mezze misure. La sua famiglia vive a Latina e, nonostante viva davanti alla tv gli eventi a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta, la sua voglia di emulazione è irrefrenabile.

Diventa un picchiatore fascista e, di conseguenza, la pecora nera della famiglia: suo padre operaio e suo fratello maggiore (Riccardo Scamarcio) stanno dall’altra parte, dalla parte dei comunisti. Accio cresce a suon di botte e in continuo litigio con il fratello.

Deluso dai suoi compagni di partito, si converte e passa dall’altra parte, proprio quando suo fratello partecipa all’assassinio del direttore di una fabbrica. I due sono costretti a separarsi e partono entrambi per il Nord. Due anni dopo si ritrovano a Milano ma il fratello muore per mano della polizia.

Il passato è una terra straniera

Giorgio conduce la vita normale e ordinaria di un ragazzo di ventidue anni. Una vita senza crepe, almeno in apparenza, fino a quando una sera incontra Francesco. Bello ed elegante, Francesco esercita su uomini e donne un fascino misterioso e oscuro. Per vivere gioca a carte, sa vincere, ma più che fortunato è un abile baro e sembra avere in mano le chiavi per il successo.

I tavoli da gioco si spostano da ville sontuose a bettole senza nome e i suoi avversari possono essere ricchi industriali o miserie umane: il risultato non cambia. In una Bari dai contorni sfocati, in cui ambienti segreti e torbidi fanno da sfondo a una quotidianità tranquilla e rassicurante, Giorgio diventa amico di Francesco e complice.

Passando da partite truccate a viaggi reali e immaginari, attraversando letti senza amore con donne di lusso annoiate, imparando a muoversi nei luoghi dove la buona e la cattiva società sembrano confondersi, Giorgio vede l’immagine di se stesso sgretolarsi per lasciare posto a qualcosa di sconosciuto.

Diaz – Non pulire questo sangue

Luca (Elio Germano) è un giornalista della Gazzetta di Bologna. È il 20 luglio 2001, l’attenzione della stampa è catalizzata dagli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine durante il vertice G8 di Genova. In redazione arriva la notizia della morte di Carlo Giuliani.

Luca decide di partire per Genova, vuole vedere di persona cosa sta succedendo. Alma (Jennifer Ulrich) è un’anarchica tedesca che ha partecipato agli scontri. Sconvolta dalle violenze cui ha assistito, decide di occuparsi delle persone disperse insieme a Marco (Davide Iacopini), un organizzatore del Genoa Social Forum, e Franci, una giovane avvocato del Genoa Legal forum.  Nick (Fabrizio Rongione) è un manager che si interessa di economia solidale, arrivato a Genova per seguire il seminario dell’economista Susan George.

Anselmo (Renato Scarpa) è un vecchio militante della CGIL e con i suoi compagni pensionati ha preso parte ai cortei contro il G8. Etienne (Ralph Amoussou) e Cecile sono due anarchici francesi protagonisti delle devastazioni di quei giorni. Bea e Ralf sono di passaggio e hanno deciso di riposarsi alla Diaz prima di partire. Max (Claudio Santamaria), vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, comanda il VII nucleo e non vede l’ora di tornare a casa da sua moglie e sua figlia. Luca, Alma, Nick, Anselmo, Etienne, Marco e centinaia di altre persone incrociano i loro destini la notte del 21 luglio 2001.

Il mattino ha l’oro in bocca

La pellicola ricostruisce con ironia l’inizio carriera di Marco Baldini, celebre spalla di Fiorello a Viva Radio 2. Brillante intrattenitore radiofonico e dj negli anni Ottanta, Baldini nello stesso periodo fu anche un incallito giocatore d’azzardo e scommettitore. Una fase della sua vita ricca di entusiasmo e di successi ma anche di difficoltà economiche causate dal vizio del gioco. La pellicola è liberamente ispirata al romanzo Il giocatore di Marco Baldini edito dalla Baldini Castoldi Dalai editore. A interpretarlo in questo film un intenso Elio Germano.

 Il giovane favoloso

Pur avendo avuto feconda influenza su grandi filosofi del passato come Nietzsche e Schopenhauer, Leopardi è stato relegato ai margini della storia culturale europea. Complice la sua lingua, la marginalità culturale dell’Italia agli esordi del diciannovesimo secolo, l’eccezionalità della sua statura intellettuale, la sua opera più nota – i cumuli d’appunti dello Zibaldone – è stata tradotta in inglese per la prima volta solo nel 2013.

Leopardi, come meteora che perfòra i tetti fragili e falsati della letteratura italiana del suo tempo, stretta tra il pedante moralismo del Tommaseo e il provincialismo dei critici del tempo, Leopardi come ‘Giovane favoloso‘. Così Martone, evidentemente a suo agio nel raccontare storie di grandi outsider italiani (come quella di Renato Caccioppoli in “Morte di un matematico napoletano”), ha scelto un titolo che sarebbe forse stato più adatto per introdurre alla biografia del romantico Keats piuttosto che quella del genio italiano, che nell’adattamento cinematografico risulta (metaforicamente) ingobbito dai tarli adolescenziali del regista, dalla sua scelte talvolta didascaliche, come quella di ambientare il momento fatidico della composizione de “L’Infinito” proprio di fronte alla fatal siepe.

Elio Germano è straordinario, ma il suo perdersi tra i damaschi della magione dell’amata e civettuola Fanny Targioni Tozzetti ci consegna il sapore della telenovela, così come si percepisce odore di “Bohéme” pucciniana nel suo rapporto a chiasmo artista-uomo/uomo-artista con l’amico fraterno Antonio Ranieri. Ciononostante, Martone ha fatto qualcosa di importante con “Il giovane favoloso”, di affascinante, difficile, che merita almeno una visione: seguire la traiettoria di un Leopardi immaginato, anche se per poco più di due ore di film, è cosa preziosa.

 

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