Arte

Essere uno street-artist in Italia: Parla Ozmo

 

Abbiamo fatto una chiacchierata con Ozmo, uno degli street artist italiani più apprezzati in patria e all’estero, per capire quali sia il suo punto di vista sull’arte di strada e su come sia vissuta all’estero, negli States, dove si trova in questo momento.


Sei uno degli street artist più famosi d’Italia e hai iniziato negli anni Novanta. Come è cambiata la scena in questi anni?

Innanzitutto negli anni novanta si faceva writing, volgarmente graffiti, la parola street art è di uso comune solo da una decina di anni.
I soggetti erano principalmente lettere anche se massimo una decina in Italia inserivano anche figurativi più o meno fumettosi.
Nella street art si porta al massimo sviluppo evolutivo questo aspetto figurativo anche se l’astratto che deriva dalle lettere ultimamente sta recuperando terreno.


Arte sacra e arte urbana hanno in comune il saper parlare direttamente alle masse, anche se hanno dei pubblici diversi. In che modo l’una accresce l’altra nelle tue opere?

Dovremmo definire il termine ‘arte urbana’ per capire di cosa stiamo parlando, ancora oggi c’è molta disinformazione e partire dal linguaggio sembra imprescindibile.
Inserisco e sovrappongo nei miei lavori elementi che mi appartengono e che mi affascinano, cercando di farli convivere al meglio, immediatamente riconoscibili sono quelli appartenenti alla cultura popolare del fumetto e dell’advertising, come i riferimenti sacri e alla storia dell’arte.

Un altro modo in cui sacro e profano convivono in te è dato dal fatto che hai esposto sia in luoghi non ufficiali come il Leoncavallo, sia in musei come il Macro di Roma o il Museo del Novecento di Milano e persino nelle gallerie private. Ti trovi a tuo agio con le istituzioni e il mercato?

Mi trovo a mio agio quando lavoro con persone che rispettano il mio lavoro, questo purtroppo in Italia avviene sempre più raramente, sia il contesto istituzionale o underground.

Ora sei negli Stati Uniti, che sono la mecca della street art. Quali sono i progetti ai quali stai lavorando?

Ho appena terminato un murales per ‘Open Walls Baltimore’, un intervento a Bushwick a Brooklyn, un intervento di dimensioni più contenute in Little Italy per ‘lisa project’ e proprio ora sto dipingendo assieme a Gaia, Nanook ad Atlanta un murales a 6 mani.

Quali sono le differenze tra gli States e l’Italia nel considerare l’opera d’arte negli spazi urbani?

Principalmente la nostra storia del muralismo si ferma all’arte sacra e chi dipinge murales oggi viene considerato nel caso migliore un ex vandalo che si diverte imbrattando un muro con risultati buoni o meno buoni.
Negli Stati Uniti, come nel resto dell’Europa del nord, questa pratica ha conseguenze molto serie in termini di seguito, attività culturale e conseguentemente mercato.


Con che spirito rientrerai? Hai già nuove idee?

Ho nuovi progetti, nuove idee e nuove energie!

 

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