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Moda

FASHION WEEK: È CRISI NEL SISTEMA MODA?

La moda? Parla ancora francese. La prova sta nelle Fashion Week appena concluse.

Le Fashion Week di New York, Londra, Milano e Parigi confermano la capitale d’oltralpe regina della moda.

Dopotutto, si sa la moda è il manifesto della società ma non uno spettacolo fine a se stesso.

Gli applausi nel frotn row si affievoliscono sempre più. Ai designer – non a tutti, per carità- manca l’entusiasmo.

La New York Fashion Week ha dimostrato le sue prime lacune.

Se nelle presentazioni precedenti, Kanye West e il clan Kardashian avevano catalizzato l’attenzione della stampa con una collezione insulsa ma molto Social, quest’anno la settimana della moda a stelle e strisce ha dovuto commentare l’addio di eccellenze Made USA e di ritiri forzati.

Alexander Wang sfilerà fuori calendario mentre Victoria Beckham ritorna in patria per il suo primo decimo anniversario di attività nella moda.

Marchesa, brand co-fondato da Georgina Champman – moglie del discusso produttore cinematografico Harvey Weinstein – ha dovuto abbandonare il calendario ufficiale per via del caos mediatico che si è abbattuto sulla sua famiglia dopo le accuse di molestie sessuali da parte di alcune attrici hollywoodiane ai danni dell’ormai ex marito.

Il gossip, dunque, ha imperversato nelle gelide presentazioni newyorkesi.

Basti pensare, ad esempio, che il mollettone di Alexander Wang è stato più dibattuto rispetto alla stessa sfilata.

Sono passate inosservata anche le presentazioni di Calvin Klein e Michael Kors. È andata meglio, invece, per Marc Jacobs che ha presentato una collezione degna di essere chiamata tale.

Anche a Londra si avvertono le prime avvisaglie di una corda che andrà spezzandosi se non si correrà ai ripari.

Le fatiche dei designer nei loro atelier sono state surclassate dalla Regina in persona.

Queen Elizabeth seduta nel front row è sicuramente una notizia che ha dell’incredibile. La famiglia reale, dopotutto, è “regina”dei rotocalchi londinesi.

Seduta accanto alla temutissima direttrice di Vogue America, Anna Wintour, la matriarca di casa Windsor ha premiato lo stilista emergente Richard Queen con il Queen Elizabeth II Award.

Il resto? Senza lode e senza infamia.

L’unico dato oggettivamente interessante nella London Fashion Week è la protesta di alcune volontarie della PETA. Il flash mob aveva l’unico obiettivo di invitare l’opinione pubblica a “Vestire la propria pelle”.

Questa crisi d’identità della moda potrebbe trovare centro nevralgico proprio nella London Fashion Week, sempre più povera d’idee e concetti.

L’unica a brillare è Simone Rocha che ha trovato una vetrina affascinante proprio nella Milano Fashion Week grazie a Mocler Genius.

Che cosa è accaduto a casa nostra? C’è un divario importante tra New York, Londra e Milano?

Vince il Made in Italy ma non sempre per i suoi contenuti.

Qui in Italia, più che all’estero, la generazione dei Millennials ha tenuto banco. Un folto gruppo di ricchi “arricchiti” dalle proprie famiglie, attaccati ai social come fosse la macchina che tiene in vita, muove milioni e forse miliardi di fatturati.

Assurdo, direte? Assolutamente no se manca il valore della creazione.

Sì, è proprio questo il punto. Mancano le idee, le sfide, i concetti, le forme.

La creatività è l’arte di sommare due e due ottenendo cinque”, sostenne a suo tempo il saggista Arthur Koestler.

Oggi, “la creatività è sommare uno e uno ottenendo due: fatturato e fatturato.”

Purché se ne parli”, è il motto che imperversa durante la Milano Fashion Week.

È inutile sottolineare come Alessandro Michele sia più un abile venditore che un ottimo designer.

Fashion Week
Gucci esibisce una testa mozzata in passerella

Le teste mozzate di Gucci hanno fatto il giro del mondo: non era forse questo l’obiettivo della collezione?

La carta stampa e il WWW hanno dedicato abbastanza tempo per spiegare una collezione in termini elogiativi.

Si sa, dopotutto, che le marchette hanno la precedenza sull’proprietà intellettuale di un giornalista o di un blogger. Ça va sans dire!

La sala d’aspetto è trendy, lo sapevate?

L’emotività facile” di Alessandro Michele non è piaciuta a The King Giorgio Armani che ha commentato: “Non mi piace esagerare con un’emotività troppo forte. Per me sarebbe troppo facile mettere una testa mozzata in passerella. Preferisco inseguire un’idea di grazia ed eleganza”.

Si può essere d’accordo o meno con la dichiarazione lapidaria di Armani, ma su un dato ha ragione: manca l’idea di grazia ed eleganza.

Come se non bastasse, a seguito del successo dell’idea creativa, Gucci ha lanciato l’hashtag #guccichallenge che è la definizione perfetta di obbrobrio.

Su Instagram imperversa la moda delle teste decapitate come fosse un gioco, dimenticando ciò che accade in Medio Oriente ogni giorno.

Le provocazioni vincono sulla creatività, si appropriano del fashion system producono una crisi anaffettiva del fare moda.

E Parigi, guardinga, sta a guardare. Non basta il lusso delle location (in Italia ai talenti vengono riservati luoghi asettici di capannoni fatiscenti), lì la moda è un atto d’amore.

Dopotutto, i grandi couturier nascono nelle fredde città del nord. Sfidavano la società attraverso esperimenti di tagli e stoffe che oggi sembrano solo un lontano miraggio.

E se eri bravo come Elsa Schiaparelli e se lo sei come Alessandro dell’Acqua, Marianna Rosati, Pier Paolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri, ecco, quel posto diventa tuo di diritto.

Il ritorno di Poiret sulla scena parigina è la riconferma che la moda è e sarà sempre legata al passato.

La Fashion Week parigina recupera tutti i valori che le altre settimane della moda hanno perduto.

La ricchezza non è frutto di un fatturato che cresce in semestre in semestre, ma di un’incessante ricerca esplorativa, di fonti d’ispirazioni, di studi di volumetrie, di messaggi che restano subliminali.

Parigi è lì. Come sempre!

 

 

 

 

 

 

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