Mame Arte: Fondazione Stelline a Milano arriva Roberto Ferri
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Fondazione Stelline: a Milano arriva Roberto Ferri

La Fondazione Stelline ospiterà Oscura Luce, la mostra dell’artista Roberto Ferri (1978) a cura di Angelo Crespi.

DAL 14 MARZO AL 1° APRILE 2018 ALLA FONDAZIONE STELLINE ARRIVA ROBERTO FERRI

Ferri è un artista contemporaneo senza tempo, di origine tarantina, Taranto è un luogo dalla memoria storica e artistica densa di rimandi e suggestioni. Sulla tradizione di un posto che per secoli, e ancora oggi, vive di una plasticità conferita dalla forma delle anfore e dai corpi scultorei della statuaria classica.

E’ proprio la corporalità il primo dato che salta all’occhio, giocato sui toni carnali e finemente ricercati in una materia che è olio su tela. La pittura, la tradizione, il bello e il vero recuperati da una storia fatta d’arte che giunge dal passato e si inonda di Cinquecento italiano per forma e stile, ma non solo.

Oggigiorno forse il lavoro più difficile è proprio il recupero della memoria e “svecchiare” la patina del tempo a favore della pittura contemporanea. Un compito assolutamente riuscito per Roberto Ferri.

C’è qualcosa di altamente surreale nei suoi dipinti, forse il concetto alla base del suo lavoro, forse le pose dei corpi, armoniosi e sensuali, o forse i dettagli aggiunti. Sembra esserci qualcosa “fuori contesto” ma poi scopri che tutto è palesemente calibrato e mirabilmente addizionato.

Fondazione Stelline
L’abisso

Il Curatore

Il curatore descrive così la sua arte «Il risultato, sono opere di una straordinaria bellezza, minata però da una profonda inquietudine. Di corpi che si adeguano alla mollezza della ragione, colti nel dormiveglia, presi in quel soprassalto tra sonno e vita. Il nero è il limite dentro il quale sprofondano le certezze, il non colore che genera per esuberanza miracolosa la luce e dunque anche le cromie. Cromie appena accennate, flebili e quasi momentanee increspature di una buia totalità».

Continua dicendo «Si compie così l’ossimoro della “luce oscura” per chi è abituato di notte alla visione scotopica con cui si coglie prima la brillantezza, il baluginare delle cose. E solo dopo – scrutando– se ne apprezza la cromaticità. Le membra si radicano, sembrano sul punto di farsi altra scorza, in una metamorfosi solo in apparenza naturalistica. Invece, se guardata con attenzione, è una sorta di ibridazione meccanica, in cui gli ingranaggi o le catene rimandano a visioni ombrose. Ai miti di quella cultura romantica che si oppose in nome dell’oscurità e delle forze ctonie allo stolido ottimismo del positivismo nei confronti di un progresso senza fine».

Fondazione Stelline, Milano: come arrivare

 

 

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