Intervista Marco Boglione di Basicnet
Moda

Intervista a Marco Boglione: «I nostri prodotti sono il nuovo lusso»

«Ci sono tutti gli elementi per essere ottimisti ma ci sono ancora molti punti interrogativi riguardanti soprattutto l’andamento delle valute e la chiusura del mercato cinese». Intervista esclusiva a Marco Boglione

Marco Boglione è un grande imprenditore e un nome noto nel panorama della moda italiana e non. Da imprenditore, come prosegue l’attività di BasicNet anche alla luce della pandemia? Quali prospettive per le aziende di moda italiane?

L’anno horribilis è stato affrontato nel modo migliore possibile, siamo soddisfatti. Sapevamo di avere un’azienda solida, molto flessibile e giovane. Questo ci ha permesso di adeguarci al difficile periodo e attraversare la tempesta quasi illesi. È stata una grande soddisfazione per tutti.

Oggi abbiamo il nostro business, sta andando bene e ne stiamo uscendo più forti di prima. Infatti il 2021 lo chiuderemo al massimo delle nostre aspettative, ovvero come si era chiuso il 2019. Lo reputiamo un traguardo importante ma il problema vero della pandemia lo stiamo iniziando a vedere adesso: la ripresa è a singhiozzo e se prima della pandemia un containers costava 3.000€, adesso ne costa 20.000€. Anche il prezzo del cotone è aumentato notevolmente di più del doppio.

Adesso stiamo impattando nell’onda lunga della pandemia che sta dando problemi soprattutto con la logistica, lo scenario si è complicato per tutti e stiamo andando incontro ad un periodo da gestire con grande attenzione perchè potrebbe essere uno di quei periodi molto favorevoli imprenditorialmente ma altrettanto complicato per l’impatto dell’inflazione.

In virtù di ciò, pensi che questo scenario possa aumentare il prezzo medio dei prodotti di punta dei marchi di BasicNet?

Non lo so, nessuno lo sa quale sarà esattamente l’andamento del prezzo finale e questa è proprio la complicazione post pandemica sulla quale stanno inciampando e inciamperanno gli imprenditori. Il ministro Cingolani ha recentemente annunciato un aumento dell’energia elettrica del 20%, quindi delle conseguenze al livello generale ci saranno sicuramente.

Non c’è nessuna strada in discesa, ci sono tutti gli elementi per essere ottimisti ma ci sono ancora molti punti interrogativi riguardanti soprattutto l’andamento delle valute e la Cina che sta sempre di più chiudendo i suoi mercati. Questo soprattutto porta grande incertezza nella produzione, verranno alzati i prezzi e i cinesi raccoglieranno i frutti di tutti gli investimenti che hanno fatto.

Dalla nostra parte verrà meno il vantaggio competitivo che avevamo grazie alla produzione in quei paesi molto efficienti. Bisognerà iniziare a produrre anche in Italia e in Europa, se ciò non avviene rischiamo di chiudere.

Qual è il rapporto tra Basicnet e la Cina?

La Cina oggi ha sostituito quello che faceva prima il Giappone. Non solo le cineserie quindi. Fanno tutto, molto bene e hanno imparato a fare tutto meglio di tutti noi. Noi di Basicnet importavamo un po’ tutto, soprattutto scarpe e capispalla, meno la maglieria perché per loro è un prodotto duttile, povero. La maglieria la produciamo prevalentemente in Turchia, India e Sud America. Nel 2012 producevamo il 72% del fabbisogno in Cina, oggi solo il 25%. Durante la pandemia abbiamo già spostato gli uffici da Hong Kong a Sekong in Vietnam perchè sitiamo pensando ad un ricollocamento della produzione.

Raffaello Napoleone ha detto che la pandemia ha cambiato lo stile dell’abbigliamento verso look più casual. I prodotti di marchi come K-Way, Sebago, Kappa ma anche Superga e JesusJeans rispondono molto bene a questa nuova tendenza. Cosa ha implicato per l’azienda? In termini di fatturato è stata una cosa rilevante?

Si, questo spostamento lo abbiamo sicuramente percepito. Nel nostro settore il prodotto cambia e si cambia molto velocemente. Molto dipende dal posizionamento, per esempio oggi anche il lusso deve essere sostenibile. Quando si parla di lusso, si parla piuttosto dell’ostentazione del lusso.

La stessa scarpa venduta a 2.000€ da un marchio di lusso, noi la possiamo produrre a 25€, cambia il posizionamento del marchio e quello che il cliente vuole dire di sé. Con i nostri marchi, da K-way a Sebago, siamo quasi più in tendenza degli altri proprio grazie alla moda più casual e informale, ma i marchi di lusso hanno il vantaggio di essere di lusso -appunto- quindi di dare quell’immagine di ostentazione.

Sicuramente questa nuova tendenza ci ha offerto un vantaggio perché riusciamo ad essere competitivi mantenendo prezzi equi con qualità ottima. I nostri prodotti sono il nuovo lusso. Per la loro qualità, le giacche che prezziamo 400€ potrebbero essere vendute anche per il doppio ma preferiamo una politica dei prezzi intelligente che renda giustizia ai nostri prodotti, senza strafare.

Qual è il marchio che sta andando meglio per ora?

K-way va molto bene, è il marchio che ci da più soddisfazioni. Nonostante la crisi e un prodotto più o meno standard, continua a crescere costantemente influendo maggiormente sulle percentuali di fatturato. Sebago è ancora piccolo ma cresce del 50% ogni anno. Kappa al livello di percentuale sale di meno con una crescita del +8% -contro quella di K-way del 18%- ma è il marchio che porta più contributo all’azienda.

Parliamo di materiali. Punto di forza delle vostre iconiche giacche a vento K-way. State investendo in ricerca e sviluppo sul miglioramento della qualità del prodotto?

Nel nostro settore, più che parlare di miglioramento della qualità preferiamo parlare di mantenimento di standard della qualità. Per noi la grande ricerca è aggiornare il prodotto ai bisogni del consumatore, quindi anche una maggiore attenzione alla sostenibilità. Creiamo prodotti con fibre cui possiamo dimostrare, tramite certificazioni, di essere sostenibili perchè a bassissimo impatto ambientale.

L’investimento viene fatto non per aumentare la qualità ma per cambiare il prodotto mantenendo una qualità costante, in tutto il mondo, allo stesso prezzo.

Quanto incidono le sponsorizzazioni sportive nella politica aziendale e per il successo del marchio?

Dipende dal brand e dal suo posizionamento. Per alcuni marchi è totalmente determinante, per altri quasi nullo. Per Kappa per esempio è rilevante per il 95% percento, per Superga e Sebago quasi niente anche se Sebago è un brand associato alla nautica che piuttosto che uno sport è un ambiente, un attitude; Kway forse un 10%.

Con Kway e Kappa ci sono state anche molte collaborazioni con influencer e personaggi dello spettacolo come Maria Carla Boscono e la Dark Polo Gang. Funzionano?

Si, funzionano. È un’attività trasversale dei marchi, abbiamo utilizzato gli influencer oltre dieci anni fa forse anticipando i tempi. Chiara Ferragni è stata nostra sponsor per Superga. Il lato positivo degli influencer è che i loro dati sono misurabili, cosa che invece è un limite negli spot tradizionali.

Questo ti permette di avere risultati visibili e targettizzare bene il prodotto. Una collaborazione molto entusiasmante è stata per esempio quella con Hell Raton, si è rivelato molto disponibile e affine ai valori di Kappa. Manuel è un ragazzo che ama Kappa, si vestiva con i capi del brand ancor prima che venisse scelto da noi e questa per me è la strategia vincente.

Con gli influencer non è solo una questione di follower, devono amare un prodotto per essere credibili nella sponsorizzazione, se ciò non accade il pubblico se ne accorge a lungo andare ed è una perdita per tutti.

Hell Raton x Kappa

C’è qualche collaborazione che ricordi con piacere che è stata un successo particolare per l’azienda?

Si, anche se più che di collaborazione si tratta di successo di prodotto e stima reciproca. Negli anni ’90 le Spice Girl hanno indossato la tuta Kappa semplicemente perchè gli piaceva. C’è una storia molto divertente riguardante Mel C: mi ha raccontato che una volta Adidas le aveva offerto un contratto molto remunerativo per indossare i suoi capi, lei ha rifiutato perchè voleva indossare Kappa e per lei questa scelta non c’entrava nulla con i soldi.

Era un’anticonformista quindi mentre tutti indossavano Adidas, lei portava in alto, orgogliosa, la bandiera di Kappa. Dobbiamo molto anche agli Oasis che hanno lanciato il marchio Kappa negli anni ’80-’90 in Inghilterra. Loro adoravano Kappa e lo indossavano quotidianamente.

Spice Girls, Mel C indossa una tuta Kappa
Spice Girls, Mel C indossa una tuta Kappa

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