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Intervista a Silvia Paoli

L’autrice di Lost in Fashion si racconta a Dellamoda.it

Silvia Paoli è nata a Pisa nel 1969, ma è cresciuta in provincia di Livorno. Laureata in Diritto Internazionale, è giornalista dal 1997. Ha lavorato per il mensile «Marie Claire», i settimanali «D-La Repubblica delle Donne» e «Vanity Fair», dove è stata caporedattore moda per cinque anni. Su «Vanity Fair» tiene una rubrica dal titolo Lost in Fashion, seguitissima da lettori e addetti ai lavori. Ha studiato danza per dieci anni e ora sta seguendo un corso per istruttore di Pilates. Il suo sito www.lostinfashion.it è dedicato al superfluo indispensabile (la moda, ovviamente). Vive a Milano.

Tra la redazione e il set fotografico le abbiamo fatto qualche domanda per cercare di carpire i segreti di una fashion writer di successo… e capire come si diventa giornalisti di moda dopo aver studiato diritto internazionale. Di mezzo, ci sono minigonne rosa, tacchi vertiginosi e un intuito tutto rosa…

-Come si diventa una giornalista di moda di successo?
Come ci sono diventata io? Al mio primissimo colloquio da stagista in Mondadori, la direttrice della selezione del personale mi mandò a Marie Claire. Potevo finire a Panorama, a Sorrisi & Canzoni, a Confidenze. Sono arrivata in un magazine colto, brillante, con una moda adulta e intelligente. Mi sono innamorata all’istante.

-Hai studiato Diritto Internazionale. Nel tuo caso la moda era una passione latente o hai cominciato per caso?
Durante gli studi, al Seminario Giuridico dell’Università di Wurzburg, portavo già dei discreti trampoli (anche delle micro-gonne di jeans rosa che i tedeschi apprezzavano molto). Ma era una manifestazione spontanea, non un pensiero programmatico. Non ci pensavo per niente a lavorare nei giornali di moda, però li compravo. Volevo fare una carriera nelle Organizzazioni Internazionali, come gli altri colleghi dell’Istituto di Diritto Internazionale di Pisa.

-All’inizio del tuo libro è specificato che fatti e persone raccontati sono frutto di fantasia. La protagonista del romanzo, Irene, ha però molti punti in comune con te. Quanto e in che modo il libro è autobiografico?
Ci sono sfilate a cui ho davvero assistito, situazioni paradossali in cui mi sono davvero trovata, luoghi visti sul serio e episodi vissuti ma non da me. E’ più ispirato a una vita collettiva nel mondo della moda, che unisce la mia, quella di qualche amica o pierre, o redattrice. Un’esistenza molto più grandiosa e divertente della mia.

-La vita di una fashion editor è davvero così frenetica?
E’ più frenetica di così. Le fashion editor vanno sul set, non saltano neppure una sfilata, una presentazione, un press day: un tour de force massacrante. Io sono però una fashion writer, il mio territorio è la scrivania, l’intervista, la scrittura. Una galera, la cui finestra sul mondo si chiama pc.

-Sul numero corrente di Vanity Fair è uscito un bel servizio fotografico su di te. La gonna di tulle, la tua rubrica settimanale, un libro e l’ambientazione rosa: impossibile non pensare alla protagonista di Sex and the City, Carrie Bradshaw.
Magari essere Carrie. Lei scrive cinque minuti a settimana e poi vive. Io scrivo tutta la settimana e cinque minuti vivo. Insomma io molto più City e lei molto più Sex (uffa!). Ad ogni modo: onore alle riflessioni di Carrie. Era la parte della serie che preferivo. Anche perché, se io avessi un’amica che va in giro vestita come Carrie la rinchiuderei in casa. A volte era tremenda. Posso dirlo, perché la amo molto.

-Hai un sito internet (www.lostinfashion.it) oltre che diversi blog su testate online. Da molto si dice che l’informazione su carta stampata sia destinata a scomparire a favore di quella web. Che ne pensi?
Che scompaiano i magazine di moda mi pare improbabile. Che si ridimensioni l’offerta e la foliazione delle pubblicazioni è possibile. Il web per me è un territorio dove i confini della creatività sono elastici, aperti e espandibili, quindi mi attrae come una calamita. Vado in quella direzione, con spirito di conquista.

-La protagonista del libro ama particolarmente Prada e Blumarine. Quali sono i tuoi stilisti preferiti?
Amo tantissimi altri, purtroppo per le mie finanze: Jil Sander, Marni, Lanvin, Balmain (ah, la giacca militare). Chanel. Ho dimenticato qualcuno di sicuro…nel libro invece li ho messi un po’ tutti.

-Qual è il tuo rapporto quotidiano con la moda? Istitivo o calcolato?
Istintivo, senza dubbio. Io scrivo d’istinto, cucino d’istinto, vivo d’istinto. Quindi spesso sbaglio (d’istinto). Ad esempio compro sempre pantaloni stretti. Giacche rosa. Mollettine per capelli. Non le metto, però non desisto.

-Rifaresti tutto da capo?
No, se potessi farei tutto diverso. Così per vivere due vite. Anche perché questa mi è andata così bene che a volte penso: chissà, magari se avessi fatto la diplomatica, a quest’ora sarei ambasciatrice… e conoscerei il presidente Obama.

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