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L’intensità della struggente penna del Cile

 

 

 

Il disincantato trentenne aretino Lorenzo Cilembrini, inarte Il Cile, arriva a Napoli per presentare il suo cd d’esordio Siamo morti a vent’anni.

La musica del Cile consiste in un affresco fatto di fotogrammi neorealistici di una generazione scombussolata e sconvolta.

Lorenzo  racconta, con una semplicità efficace e funzionale, i sentimenti contrastanti che annebbiano e affollano la testa di chi, stenta a trovare uno spiraglio ma, nonostante tutto, non smette di continuare a credere che qualcosa possa cambiare.

Siamo morti a vent’anni, nuovo singolo in uscita che dà anche il nome all’album, è un titolo provocatore”, spiega il Cile, “Ho voluto riunire la satira, la rabbia, il disincanto. Per me scrivere è una liberazione e con queste 9 tracce ho provato a spiegare il coraggio di fare il primo tuffo nel vuoto per vedere cosa succede”.

Si, il primo tuffo nel vuoto, quello che ti toglie quasi il respiro perché non sai mai come andrà a finire.

Sulle note de Il mio incantesimo, Il Cile pare auspicare il ritorno alla luce ed esorcizzare il mito degli anni ’90, di una generazione che “disperde tutto a terra” e che “ ha perso la guerra con sé stessa” perché “ogni ricordo è un diluvio di sogni accartocciati”.

“A volte però cadere serve anche a rialzarsi”, racconta Il Cile, “la voglia di riappropriarsi dei propri spazi sta facendo capolino in maniera sempre più forte nei cuori dei più” e, a proposito del dominio dei social network, Lorenzo dice: ” Non si possono fermare le onde di un oceano però il fatto che il contatto umano faciliti la comprensione dell’altro rimane un fatto indiscutibile”.

Il Cile viene sempre più spesso definito la giovane promessa del cantautorato italiano ma lui si schernisce:” Nella mia musica c’è molto degli Oasis, infatti le mie prime cover erano delle loro canzoni, nel frattempo i miei genitori mi hanno trasmesso una grande passioni per i grandi cantautori italiani. Il risultato è una sorta di interconnessione di generi per provare a dire la mia ma sempre in punta di piedi”.

Lo showcase del Cile si conclude con Cemento Armato, una sorta di fotografia istantanea della vita in tutte le sue sfaccettature più amare “Anche questa è vita: un lavoro che non sopporti ma che devi fare, perché senza uno stipendio sei un difetto sociale, Perché crepi per consumare e consumi crepando”, “Anche questa è vita: respirare i silenzi spietati di una donna che hai perso”. “Dove sei? Mi hai lasciato in un oceano di filo spinato. Io ti ho dato prati di viole e tu cemento armato”. L’intensità letteraria dei versi del Cile aspira a smuovere gli animi dal loro interno.

“La musica può essere diletto ma anche e soprattutto confronto”, chiude Lorenzo, noi non possiamo far altro che sottoscrivere e concordare.

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