Musica

Marianne Mirage, la cantautrice pop-chic: l’intervista

 Marianne Mirage è una delle nuove “scoperte” della Sugar di Caterina Caselli. Ha già pubblicato il suo primo singolo ufficiale “Come quando fuori piove”, ha aperto i concerti di  Raphael Gualazzi, Patty Pravo, Tiromancino, Arisa, Roy Paci, ed è molto attiva sul web. Recita, si gira i video da sola con l’aiuto di uno smartphone. Mam-e l’ha incontrata.

–         Tre parole per descrivere il mondo sonoro di Marianne Mirage a chi non lo conosce.

Senza Tempo. Onirico. La nudità del suono.

–         “Come quando fuori piove” è il tuo primo singolo ufficiale. Ce lo racconti?

In questo primo lavoro i testi e la parte sonora muovono entrambi nella stessa direzione, “la rivincita” come nota autobiografica. Se nella vita sono osservatrice silenziosa quando scrivo però trovo la mia dimensione per tradurre in realtà i pensieri, senza filtri.

La voce e il suono mi fanno dimenticare chi sono e questa è la mia dimensione. “Come quando fuori piove” cerca di accordare il mondo del pop con una tematica a lui sconosciuta, ovvero la malinconia e la solitudine, vista come un valore e non come un difetto.

–         Com’è nata invece l’idea della cover di “Boum” di Trenet?

Mi diverte fare cover, immaginare nuovi percorsi e combinare diverse parti di me. “Boum” è nata come un gioco. Conoscevo Trenet e la sua superba mano nello scrivere, ma questa è una filastrocca…è stato anche divertente girare il video con l’Iphone all’alba, sul mare, vestita di palloncini…Sono legata al cantautorato francese perchè l’ho sempre cantato sin da piccola e ho sempre scritto anche in francese.

–         Chi sono i tuoi artisti di riferimento?

Come dicevo, non sono unidirezionale. All’età di 6 anni ascoltavo musica Greca e Turca mentre mio padre dirigeva la barca a vela e questo è entrato nella mia memoria emotiva. Allo stesso tempo mentre mio padre dipingeva ascoltava musica Jazz degli anni ’40 e Classica ed anche queste sono state sistematicamente registrate sin da piccola. Da Wagner a Billie Holiday per intenderci. I miei ascolti poi si sono direzionati verso la psichedelia anni ’60 e I Doors hanno lasciato il segno. Il cantautorato alla Sixto Rodriquez o Rino Gaetano mi hanno dato una direzione verso che tipo di parole volevo usare.

Una delle mie voci preferite (per ora) rimane quella di Jonathan Richman dei “The Modern Lovers” perchè la trovo sporca e unica.

–         Quando hai iniziato a fare musica?

Da piccola volevo suonare il piano, ma in casa avevamo solo una chitarra e così ho cominciato a 13 a suonare tutte le canzoni dell’ Unplugged dei Nirvana e passavo le ore a suonare da sola nella mia camera come autodidatta. Non ho mai preso lezione se non una volta, ma non mi piacevano le canzoni che ci facevano suonare, a parte Battisti e quindi ho preferito fare da sola. La fase di scrittura coincide con l’ascolto di Elliott Smith, sempre ascolti malinconici. Il fatto di cantarle è venuto secondariamente, c’èra un testo e qualcosa doveva succedere.. Poi con I compagni di scuola ho cominciato a suonare jazz per gioco. Intanto che studiavo all’università passavo qualche mese a Berlino, Londra o Parigi dove cercavo di suonare ovunque da sola con la mia chitarra.

–         Come sei arrivata a Caterina Caselli? Cosa hai pensato quando vi siete incontrate la prima volta?

Mi sono trasferita a Milano due anni fa per frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia come attrice e in quella circostanza ho conosciuto una persona che lavorava per la Sugar che ha fatto da tramite e mi ha invitato a suonare qualcosa per loro.

Ho ritrovato quella camera dove sonavo da piccola. Un luogo sicuro dove la mia creatività può moversi. Caterina è speciale, non lo dico io, lo dicono tutti e c’hanno ragione.

–         Come vedi l’ambiente musicale italiano?

Ci sono artisti di cui ho profonda stima come i Verdena, CCCP, Piero Ciampi, Franco Califano e tanti altri. Non sono molto pratica dell’ambiente Italiano perchè ho scritto molto in inglese e francese e facevo riferimento ad un altro tipo di mondo però sto trovando il mio modo di interagire con  l’ambiente Italiano senza per forza cambiare quello che sono.

–         Come ti vedi da qui a 10 anni? Di quale musicista ti piacerebbe ricalcare il percorso artistico?

Riformulo la domanda. Come mi vedo tra 2 anni? 10 anni è un periodo troppo lungo anche per l’immaginazione.

Mi vedo concentrata come ora sul mio lavoro.

Ci sono Artisti che amo da cui non prenderei spunto come percorso artistico tipo Ian curtis o Jim Morrison.

Mi piace pensare ad una carriera come quella di Johnny Cash dove quando finisce lui non c’è più niente. Neanche l’amore.

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