Mastroianni
Spettacolo,  Cinema

Mastroianni: l’antieroe del cinema italiano del 900

Vent’anni fa moriva Marcello Mastroianni: divo lontano dalla ribalta, amato alter ego di Fellini e volto gentile del cinema europeo

Se Vittorio Gassmann aveva il fascino intellettuale e il fisique du role del grande teatrante, Nino Manfredi il magnetismo rustico, Gian Maria Volonté la straordinaria espressività e Alberto Sordi l’abilità di vestire a pennello le maschere trasfigurate dell’italiano medio, Marcello Mastroianni ha rappresentato per il cinema italiano e internazionale qualcosa di raro: la dimensione dell’estraneo, del diverso che non strepita, non disorienta e che somiglia solo a sé stesso.

Mastroianni

Per la sua versatilità attoriale, figlia della sua gentilezza caratteriale, Mastroianni è stato scelto ed apprezzato dai più grandi registi italiani ed internazionali nel corso dei sessant’anni della sua carriera cinematografica: Scola, Monicelli, Ferreri, Antonioni, Petri, Angelopulos, de Oliveira, Altman.

Soprattutto Federico Fellini, che lo scelse per interpretare la parte di Marcello Rubini, il giornalista protagonista di la La Dolce Vita, un ruolo grazie al quale l’attore originario di Fontana Liri si fece conoscere in tutto il mondo con la sua semplicità costantemente sfiorata dagli spifferi della boutade e della malinconia.

Mastroianni era il dolce tormentato che non voleva e non poteva farsi salvare (“Perché non sai voler bene” le diceva la Cardinale in “La dolce vita”), l’uomo dimesso in prestito alla rivoluzione anarchica e comunista (così in “Sostiene Pereira” di Faenza e in “Compagni” di Monicelli), il diverso per condizione politica ed esistenziale (l’antifascista e omosessuale Gabriele in “Una giornata particolare”, l’orfano dell’amato fratello in “Cronaca familiare” e “lo straniero” nell’omonimo film di Visconti), qualcuno da cui si aveva l’impressione di imparare qualcosa solo guardandone il vasto volto, empatico eppure lontanissimo. 

Diversamente da Gassmann, che iniziò ad interpretare un ruolo puro da commedia solo a metà della propria carriera, a 40 anni ne “Il sorpasso”, Mastroianni ha vestito con grazia ruoli da comici, grotteschi e sopra le righe ben prima, ne “I soliti ignoti” di Monicelli e successivamente ne “La grande abbuffata” di Ferreri,

dando forse il meglio nei panni dell’uomo meridionale tradito dalla sua virilità o dagli ingannevoli giochi seduttivi femminili ne “Il bell’Antonio” di Bolognini, “Divorzio all’italiana” di Germi e “Il dramma della gelosia” di Scola: maschera stereotipata dell’italiano primitivo e passionale così perfetta da essere poi parodiata da Woody Allen in una scena di “Provaci ancora Sam“.

Un uomo così non poteva che essere amato come, e forse più, di tanti altri attori della sua generazione: dalla giovane Silvana Mangano, dalla moglie Flora Carabella,  da Catherine Deneuve, da Faye Dunaway e in ultimo, dalla regista Anna Maria Tatò, che lo riprese nel documentario-testamento “Mi ricordo, sì io mi ricordo” a lui dedicatoche racconta l’anima curiosa e disponibile dell’attore in due frasi capaci di rappresentarlo più di altre:

Mi ricordo il desiderio di vedere cosa farà questo mondo, cosa accadrà nel 2000, ed essere li’ e ricordare tutto come un vecchio elefante, sì, perché, mi ricordo, sono sempre stato curioso, così curioso!” e “ A me piace la gente, io amo la vita. E forse per questo sono stato riamato, dalla vita: infatti mi considero un uomo fortunato. Con gli alti e bassi che hanno tutti, ma fortunato.”

PER APPROFONDIRE: LA NOSTRA VOCE DEL DIZIONARIO DEL CINEMA DEDICATA A MASTROIANNI.

Vuoi ricevere Mam-e direttamente nella tua casella di posta? Iscriviti alla Newsletter, ti manderemo un’email a settimana con il meglio del nostro Magazine.

CLICCA QUI PER SAPERNE DI PIÙ!