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Medio prezzo, alta qualità

Ristampato in edizione economica Sulk degli Associates, uno dei migliori album della new wave elettronica degli anni Ottanta Nel mare elettronico della new wave anni Ottanta, spesso inquinato dal trash, c’era un piccolo pertugio, elitario, di culto, riservato agli artisti malati di nostalgia: quelli che malsopportavano le svenevolezze reggae dei Culture Club, stavano alla larga dall’appeal cicisbeo dei new romantics e per questi motivi cullavano l’ipotesi di un nuovo art rock sulle orme dei primi Roxy Music, di David Bowie e degli Sparks. Gli Associates, insieme ai Soft Cell e agli Human League degli esordi, sono stati la punta di diamante di un movimento che poneva il sintetizzatore al servizio di atmosfere decadenti e grottesche. Formati dagli scozzesi di Dundee Billy MacKenzie (voce) e Alan Rankine (tastiere), gli Associates esordiscono nel 1979 con la cover di Boys Keep Swinging (Bowie) per poi registrare, l’anno successivo, l’album The Affectionate Punch . La loro condotta sonora è lampante: calembour fra technopop in stile Kraftwerk e cabaret mitteleuropeo innervati dalle acrobazie vocali di un MacKenzie che si ispira al Duca Bianco della trilogia berlinese, a Scott Walker e allo sparksiano Russell Mael. Il capolavoro, però, arriva nel 1982 con Sulk , anticipato nel 1981 dalla raccolta di singoli Fourth Drawer Down . Entrambi i titoli sono stati ristampati a medio prezzo dall’etichetta V2 con l’aggiunta di brani inediti. MacKenzie era sicuro che prima o poi sarebbe riuscito a comporre una canzone da brividi come Heard It Through The Grapevine , ma gli bastava avere interpretato, per la British Electric Foundation degli ex Human League Martyn Ware e Ian Craig Marsh, la bowiana The Secret Life Of Arabia e avere inciso con Rankine gioielli di voluttuosa perdizione come Club Country, Gloomy Sunday e Party Fears Two . Eppure Sulk , ironia della sorte, mise contemporaneamente in scena l’ascesa e la caduta del duo, che cercherà di ricompattarsi nel 1993: sei brani tratti da quelle sessions, gli Auchterhouse Demos , trovano ora spazio nel compact disc Double Hipness con materiale pre- Affectionate Punch e registrazioni live. Billy consuma in solitudine l’epilogo degli anni Ottanta, e i Novanta li trascorre quasi sempre fuori dalla ribalta. Accetta solo di collaborare con gli elvetici Yello per poi rientrare nell’anonimato. Il 23 gennaio 1997 si suicida: nel cestino, vicino alla sua scrivania, ha gettato pillole di paracetamolo, antidepressivi e un biglietto con scritto «sorry». Intanto, gli Apollo 440 pubblicano Electro Glide In Blue . Dentro c’è Pain In Any Language , cantata da Billy MacKenzie, l’epitaffio di un artista che poteva diventare grande, se l’avesse voluto. (stefano bianchi)

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