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Mefistofele: applausi a Palermo

L’opera di Boito, riletta arditamente da Del Monaco, non è dispiaciuta al pubblico del Massimo

Arrigo Boito andò incontro a un clamoroso insuccesso quando il suo Mefistofele debuttò alla Scala di Milano il 5 marzo 1868, poco meno di un secolo fa. È andata meglio a Giancarlo Del Monaco, regista della versione andata in scena al Teatro Massimo di Palermo in apertura di stagione lirica. Figlia non di quella scaligera (lunga ben sei ore), bensì di quella che il celebre compositore e librettista scapigliato dette sette anni più tardi a Bologna (10 ottobre 1875), quando la ripresentò profondamente rivista, snellita e più in sintonia coi gusti del pubblico italiano.

La rilettura di Del Monaco non è dispiaciuta agli spettatori della "prima", i quali forse non hanno gradito i frequenti cambi di scena che hanno allungato un po’ troppo la durata, ma in generale hanno apprezzato l’ardito accostamento del Faust goethiano a certe trovate di chiaro intento dissacratorio, a tratti persino divertenti, tanto da richiamare un clima da Rocky Horror Picture Show. Del resto, lo stesso regista, in sede di presentazione dell’opera, aveva parlato di "un Mefistofele angelo caduto con le piume arruffate come un Papageno mozartiano, quindi simpatico affabulatore, uomo in frac alla Modugno". Applausi dunque per le scene di Carlo Centolavigna e i costumi di Maria Filippi.

Ma a convincere sono stati anche i cantanti, da Ferruccio Furlanetto nel ruolo eponimo a Giuseppe Filianoti (Faust) e Dimitra Theodossiou (Margherita/Elena). La direzione, vigorosa ma non eccessiva, era di Stefano Ranzani. D’effetto il colpo di teatro finale, con la scena trasformata in un rutilante ed equivoco cabaret, in cui le fiamme dell’inferno lampeggiavano fra lettoni da boudoir e comparse apparentemente discinte, sullo sfondo della guerra di Troia. Repliche fino al 30 gennaio.

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