Moda, richiesti 47 mila addetti super-tech. Figurino
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MODA, RICHIESTI 47 MILA ADDETTI AL SUPER-TECH

Il settore della moda chiama – o reclama – migliaia di addetti ai lavori, che non ci sono

Le scuole di moda sono alla deriva. Le nuove generazione di studenti sono disinteressate ai lavori manuali e, per tal motivo, uno dei settori trainanti del nostro mercato è in affanno.

Sembrerebbe utopico ma è la dura realtà. Se da una parte ci confrontiamo con la dispersione delle aziende fuori dal territorio italiano, dall’altra manca la manodopera che possa consentire, a chi produce Made in Italy, di non servirsi di dipendenti stranieri.

L’industria della moda, infatti, sarebbe pronta a offrire 47 mila posti di lavora ma manca il personale.

L’anno scolastico avviato lo scorso settembre ci pone davanti ad alcuni interrogativi.

Perché solo tremila studenti hanno intrapreso un percorso di studio tecnico-professionale?

Manca forse una giusta motivazione o in Italia, i giovani aspirano a posizioni molto più agiate ma realisticamente irraggiungibili a causa di una bassa offerta?

Entro il 2022, Maison del lusso come Gucci, Herno, Albini, Max Mara, Ratti e Zegna (ma la lista è ancor più corposa) progettano di inserire nei loro team un totale di oltre 40 mila addetti. Molti di questi posti, sia chiaro, rimarranno vacanti.

Disoccupazione giovanile in Italia. I dati non sono rassicuranti.

Moda, richiesti 47 mila addetti super-tech. ITIS
ITIS. Photo by Max Mara

Il quadro negativo sull’occupazione giovanile ci viene fornito dai dati emessi da Eurostat. L’Italia va meglio di Spagna e Grecia ma non regge il confronto con il Nord Europa.

Basti pensare, ad esempio, che nella sola Calabria il tasso di disoccupazione tra i giovani di età compresa dai 15 ai 24 anni è al 55,6%, qualche percentuale in meno rispetto a Melilla (Spagna) dove si registra una disoccupazione giovanile tra gli under 24 del 62,7%.

Settore moda tra domanda e offerta.

Gianni Brugnoli, vice Presidente di Confindustria e imprenditore tessile, ha dichiarato: “Lo scorso anno si sono diplomati all’Istituto Facchinetti di Castellanza, Varese, appena 12 studenti, di questi solo 4 nell’indirizzo tessile-moda. Anche da Fendi c’è preoccupazione perché non si trovano sufficienti disegnatori, prototipisti e modellisti. Per una pmi o un’impresa non brandizzata, il mishmatch è ancora più penalizzante”.

È tutta colpa dei giovani?

Gli istituti professionali sono ritenuti dalle famiglie italiane, scuole di serie B. Stessa sorta è toccata, negli anni Sessanta, per gli indirizzi artistici come il teatro e la musica.

Il restyling da istituti professionali a licei non è servito a sdoganare l’immagine low profile degli istituti tecnici.

Per tal ragione, Confindustria Moda, in partnership con associazione 4.manager, Umana e il Ministero della Pubblica Istruzione ha deciso di siglare un protocollo d’intesa volto a spingere gli studenti e le famiglie verso il mestiere di “mastertech” dell’industria della moda.

L’accordo sarà firmato il prossimo 30 novembre 2018 a Verona in occasione del “Job&Orienta” che sancirà la nascita di “TAM Tessile, Abbigliamento, Moda“: un progetto che creerà un ponte tra imprese e istituti tecnici.

Come sottolinea Paolo Bastianello, capo del comitato SMI: “I mestieri tecnici della moda non sono di serie B, come molte famiglie ancora pensano, ma sono i pilastri dell’industria […] La nostra priorità è, pertanto, abbattere questi pregiudizi. Lo faremo iniziando a dialogare con i dirigenti delle scuole, grazie anche al programma 4.Manager.

 

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