Padmâvatî
Dizionario Opera

Padmâvatî (1923)

Padmâvatî: Il fascino dell’Oriente Roussel l’aveva subìto fin dall’epoca del suo primo viaggio in Indocina, compiuto allora in qualità di ufficiale di marina. In quegli anni giovanili – avviati a una carriera nella marina militare poi presto interrotta per ragioni di salute – affondano le radici biografiche di un esotismo che caratterizzerà poi gran parte della sua produzione, divenendone la principale cifra stilistica.

Il compositore continuerà a viaggiare in Oriente per tutto l’arco della sua vita, attingendovi non solo suggestioni di natura romantica e letteraria, ma anche autentico materiale musicale, diligentemente annotato in una serie di appunti. Materiale in parte utilizzato anche in quest’opera, il cui soggetto fu tra l’altro suggerito dalla visita compiuta alle rovine della città di Tchitor, ora Chittaurgarh, nel Rajasthan.

Rani Padmini - Wikipedia

La stesura del libretto fu affidata all’orientalista Laloy, al cui fianco Roussel collaborò strettamente anche per la realizzazione dell’apparato scenografico. La storia fu desunta da La Légende de Padmanî, reine de Tehitor, d’apres les textes hindis et hindouis (1856) di Théodore-Marie Pavie,

a sua volta basata su due antiche cronache, Padmavat. Histoire de Padmavat, reine de Tchitor, en vers hindoustan (1540 circa) di Jayasi Malik-Mohammad e Legend of the Padmanee Wife of the Ranal of Tchittor, Including the Attak on Tchittor-gurh by Allaudin on Her Account and the Actions of Gorah and Badul on Her Defense (1620 circa) di Djatmal.

Roussel cominciò a lavorare alla partitura a Parigi nel dicembre 1913, con l’intenzione di realizzare una forma di spettacolo che potesse esprimere il dramma con la danza – e la tragica conclusione dell’opera sarà espressa solamente in forma danzata – oltre che col canto solistico e corale; l’opera venne portata a termine a Perros-Guirec nel 1918.

PADMAVATI - regia Sanjay Leela Bhansali

Atto primo . Tchitor, intorno al 1300. All’esterno del palazzo imperiale. Il sultano mongolo Aladino entra nella città indù, che ha fatto circondare dalle sue truppe con il pretesto di firmare un trattato di pace; lo accompagna il bramino, garante della sua conversione, che gli ottiene il permesso di assistere alle danze delle donne del palazzo. Aladino desidera però ben altro: vuole ammirare il volto della bellissima e inaccessibile Padmâvatî.

Ratan-Sen lo accontenta a malincuore. Folgorato dal fascino della regina, Aladino lascia la città senza aver firmato la pace, facendo poi recapitare un laconico messaggio: desisterà dall’assedio se potrà avere per sé Padmâvatî. A questa notizia la folla inveisce contro il bramino traditore, uccidendolo, mentre la sovrana si rivolge agli dèi, timorosa di perderne la protezione se dovesse compiere l’atto sacrilego.

Atto secondo . Nel tempio. Viene preparata una pira funeraria e i sacerdoti di Shiva avvertono: non basterà un solo sacrificio. Ratan-Sen torna ferito dalla battaglia che ha intrapreso a strenua difesa della città e invita la consorte, narrando gli orrori cui ha assistito, a sacrificarsi per il bene dei sudditi.

La reazione dell’altera e fedele regina alla vile proposta è immediata: piuttosto che tradire la loro unione pugnala il marito, promettendogli fedeltà nella morte. I sacerdoti trasportano in processione il corpo esanime del re e Padmâvatî si prepara ad affrontare il rogo: viene opportunamente vestita e ornata dei suoi gioielli, mentre il fumo comincia a salire dalla pira.

In French opera 'Padmavati', sweetness, dread, and lots of sighing and twirling

Quattro creature simili a vampiri inscenano una danza macabra, cui segue la danza di Kali, flessuosa come un serpente. Altre danzatrici si uniscono a lei e a poco a poco circondano la regina, accompagnandola in corteo verso il braciere. La tensione raggiunge il punto culminante quando quest’ultima sale sul rogo e si fa ardere insieme con lo sposo. Troppo tardi per il sopraggiunto Aladino: la tragedia si sta ormai consumando.

L’atmosfera indù, i rumori della guerra, le danze, i riti sacri, la drammaticità dei conflitti umani, l’immobilità e l’imperscrutabilità del volere divino; in Padmâvatî la molteplicità di questi elementi misteriosi si intreccia come nella trama di un tappeto orientale, e trova un proprio equilibrio, all’interno di ogni atto, partecipando alla costruzione di grandi curve di tensione: l’annodarsi delle maglie del destino attorno a un unica figura nel primo atto, il loro scioglimento grazie a un gesto di virtù eroica nel secondo.

A un consolidamento dell’unità drammatica e musicale contribuisce anche la presenza di ‘temi-reminiscenza’. Nell’insieme la partitura risulta ispirata, in modo tutt’altro che superficiale, al mondo musicale orientale, sia per la presenza di modi esotici (come quello impiegato nel canto del bramino) e di interi temi basati su autentico repertorio etnico (come nella seconda danza del primo atto, la ‘Danse des esclaves’, in cui viene utilizzato un canto arabo annotato da Roussel a Touggourt, in Algeria; o come nel tema di Padmâvatî, libera elaborazione di un canto indù); sia per il carattere di decorativo arabesco frequentemente conferito all’invenzione melodica, per l’impiego di ritmi ipnotici, per la presenza di sonorità che ripropongono tipici impasti timbrici orientali.

Di notevole interesse risulta infine la scrittura corale, spesso svincolata da un testo e inserita in qualità di valore timbrico nel tessuto sinfonico (come nel momento dell’entrata dei mongoli o durante la ‘Danse des femmes du palais’ nel primo atto), talora volta all’intonazione di mantra nella loro originale lingua sanscrita.

Type:

Opéra-ballet in due atti

Author:

Albert Roussel (1869-1937)

Subject:

libretto di Louis Laloy

First:

Paris, Opéra, 1º giugno 1923

Cast:

Padmâvatî, regina di Tchitor (A); Ratan-Sen, suo marito (T); Alaouddin, sultano dei mongoli (Bar); il bramino (T); Gora, amministratore del palazzo (Bar); Badal, ambasciatore di Ratan-Sen (T); Nakamti, una giovane donna di Tchitor (Ms); il cus

Signature:

m.t.m.

Conclusione: Padmâvatî: Il fascino dell’Oriente Roussel l’aveva subìto fin dall’epoca del suo primo viaggio in Indocina, compiuto allora in qualità di ufficiale di marina

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