Spettacolo,  Musica

PRINCE MORTO PER OVERDOSE DI OPPIACEI

Prince, trovato morto il 21 aprile a Minneapolis, avrebbe assunto una dose eccessiva di fentanyl, un analgesico più potente dell’eroina.

I risultati dell’autopsia sul corpo di Prince hanno rivelato che a essergli fatale è stata una forte dose dell’oppiaceo, che il cantante si sarebbe autosomministrato. Una rivelazione che ha sorpreso i familiari e gli amici, convinti che Prince facesse una vita sana e che non avesse nessuna famigliarità con alcol o droghe.

Il corpo esanime di Prince era stato ritrovato all’interno dell’ascensore di casa sua da alcuni membri del suo staff: il primo messaggio rilasciato delle forze dell’ordine non rivelava alcun segno evidente di trauma sul corpo del cantante e non accampava nessun sospetto che potesse riportare all’idea di un omicidio o di un suicidio. Una settimana prima della morte, la rock star era stata ricoverata d’urgenza dopo un concerto ad Atlanta: il comandante del jet che lo doveva riportare a casa dopo lo show fu costretto ad un atterraggio d’emergenza per permettere un rapido soccorso al cantante, trovato privo di coscienza per overdose di oppiacei; spaventato per il rischio corso, Prince aveva deciso di farsi seguire da un dottore che si prendesse cura di lui.

L’abitudine a consumare antidolorifici in dosi massicce deriverebbe dei forti dolori alle ginocchia e alle anche causati dalle spettacolari performance sul palco: prove diventate pericolose ed estreme per un artista che aveva ormai raggiunto i 57 anni d’età. Da questo partirebbe l’abitudine al consumo di Fentanyl, destinata a rivelarsi fatale: resta da capire per quale motivo il dottore che ha avuto in cura il cantante abbia potuto prescrivergli dosi tali da ridurlo alla dipendenza fisica.

Il folletto di Minneapolis non è un caso isolato: la “painkiller addiction” è un piaga sempre più comune negli Stati Uniti. Secondo uno studio della Kaiser Family Foundation – un’organizzazione no profit che si dedica alle ricerca sui problemi di salute – un americano su cinque avrebbe un componente della famiglia dipendente dagli antidolorifici e più di quattro americani su dieci conoscerebbero personalmente una persona che soffre di questa dipendenza.

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