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Musica,  Spettacolo

‘Songs for Drella’: Andy Warhol in musica secondo Lou Reed

Sono trent’anni che Andy Warhol ci ha lasciato, l’artista e supremo creatore e divulgatore degli idoli della società di massa. Dopo la sua morte, Lou Reed e John Cale, suoi debitori e collaboratori, gli dedicarono il commovente album ‘Songs for Drella’: ripercorriamone storia e motivi

“Where did Picasso come from / there’s no Michelangelo coming from Pittsburgh / if art is the tip of the iceberg / I’m the part sinking below”. Il primo assaggio di Songs for Drella, nel brano ‘Smalltown’, già riassume la dimensione umana e caratteriale da cui parte Andy Warhol:

un alieno atterrato a New York non da galassie e stelle lontane, bensì dalla piccola Pittsburgh, la cittadina, parafrasando il testo di Cale e Lou Reed, in cui non potevano nascere artisti. A parte Andy, o, meglio Drella: uno dei soprannomi a cui l’artista era meno affezionato, crasi di Dracula e Cinderella, un nomignolo cattivo, che pure ben racchiudeva le due anime dell’artista americano, quella dimessa e malinconica (che si nascondeva al meglio emergendo in superficie, come direbbe Wilde), e quella dell’affarista rapace e genialmente abile a trasformare una firma in oro colato.

Per parlare del rapporto tra Reed, Cale e Warhol

Per parlare del rapporto tra Reed, Cale e Warhol non si può che partire dai Velvet Underground, la band che rivoluzionò il modo di fare rock dalla fine degli anni sessanta. La loro musica irruppe come un fulmine nel ciel sereno dell’era flower power: era decadente, sporca, oscena, nutrita delle liriche ruvide e disperate di Lou Reed accompagnate dalle note orgiastiche, alla viola, di John Cale e della voce catacombale della vestale Nico. 

Un gruppo creato da Warhol, che impose la valchiria tedesca al gruppo già formatosi per dare quel tocco di algida e inquietante bellezza alla band, una scelta che fu motivo di contrasti con lo stesso Reed, che non sopportava l’idea di dividere la popolarità con una donna, con quella donna. Warhol disegnò la copertina dell’album d’esordio della band, l’iconica banana su sfondo bianco, Warhol spalancò a Reed e soci la porta della popolarità producendoli e facendoli suonare alla leggendaria Factory. Poi si abbandonarono, ma il rispetto e l’ammirazione rimasero.

Songs for Drella’ è uscito l’11 aprile del 1990 e rappresenta l’ultimo commosso saluto di Reed e Cale, la chiosa simbolica, post-mortem, della collaborazione con Warhol. Già con il secondo brano del disco, ‘Open House’, abbiamo una canzone delicata come un acquarello dedicata ai primi anni di Warhol a New York: la sua glaciale anaffettività ‘I like lots of people around me but don’t kiss hello / And please don’t touch fusa in modo apparentemente contraddittorio con il desiderio di accattivarsi gli altri e accoglierli.

Style it takes’

A questa segue l’egloga dolcissima di ‘Style it takes’: un breve saggio sul modo disinvolto, magico, con il quale Andy faceva arte: ‘I’ve got a Brillo box and I say it’s art / It’s the same one you can buy at any supermarket /’Cause I’ve got the style it takes / And you’ve got the people it takes / This is a rock group called The Velvet Underground / I show movies on them /
Do you like their sound / ‘Cause they have a style that grates and I have art to make’.

Con Works’ è Reed, accompagnato, questa volta, dal piano di Cale, che parla in prima persona. Un ritratto dedicato alla severa etica professionale di Warhol, che rimproverava il cantante di produrre troppo poco: ”How many songs did you write – I’d written zero – I lied and said 10 / You won’t be young forever, you should have written 15 / It’s work!’. Andando avanti nell’album si raccontano le mille ossessioni di Warhol, le sue avventure, compreso il tentato assassinio compiuto dalla femminista Valerie Solanas, in ‘Believe’, un brano esplosivo, da rock opera.

Le ultime canzoni

Con le ultime canzoni, l’album perde la tensione e la spinta all’analisi della biografia e della psicologia della star e si scioglie in dolci ballate che trasmettono il genuino affetto di Reed e Cale: nel conclusivo Hello It’s Me’ Reed dice addio a Warhol, un saluto commovente a un sodale, a un amico (per quanto due pezzi unici di tal fatta, due esseri così stravaganti, potessero ritenersi tali). Le ultime dolci parole. Goodbye Warhol. ‘Goodbye Andy.’

LA RECENSIONE DI ‘SONGS FOR DRELLA’ SUL DIZIONARIO ROCK DI MAM-E

LA VOCE DI ANDY WARHOL NEL DIZIONARIO DELL’ARTE DI MAM-E

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