Dizionario Teatro

THE SUIT di PETER BROOK

THE SUIT di PETER BROOK “Posso prendere un qualsiasi spazio vuoto e chiamarlo ‘palcoscenico vuoto’. Un uomo attraversa questo spazio vuoto mentre qualcun altro lo guarda, e questo è tutto ciò di cui ho bisogno perché si inizi un atto teatrale” (Peter Brook, Lo spazio vuoto)

 

THE SUIT di PETER BROOK  E’ nella sconvolgente essenzialità di una scena povera che l’energia dei corpi degli attori Nonhlanhla Kheswa, Jared McNeill, William Nadylam si manifesta in tutta la sua straordinaria e potente semplicità e si dipana la vicenda di Matilda e Philomen, narrata nel romanzo The Suit dello scrittore sudafricano Can Themba.

Poche sedie colorate, un tavolo, e degli appendiabiti, diventano credibili oggetti di una semplice quotidianità ed efficaci spazi in cui la coppia si muove consumando le pagine della tragedia nella quale Philomen si converte improvvisamente da marito innamorato a uomo tradito.

L’abito (the suit) dimenticato dall’amante di lei durante la fuga, diviene simbolo tangibile della colpa commessa, testimone silenzioso dello scambio improvviso dei ruoli: l’adultera diviene la vittima, colei che per scontare la pena dovrà servire e riverire il vestito come un ospite d’onore, e la vittima del tradimento diviene l’aguzzino, colui che, con insaziabile desiderio di vendetta, costringe la donna a ricordare quotidianamente il proprio peccato.

La leggerezza apparente ed impalpabile dell’allestimento è dunque il segno di una riflessione più profonda sulle relazioni e sui comportamenti umani, le immagini quasi comiche della relazione tra Matilda e l’abito non sono che l’atroce riflesso di un adulterio, i colori e soprattutto i suoni portati in scena dai musicisti Arthur Astier, Raphaël Chambouvet, David Dupuis immediatamente evocano l’atmosfera affascinante e al contempo tragica di Sophiatown, una cittadina abitata dal guizzo artistico e politico dei neri sudafricani, e rasa al suolo per decreto nel 1955 quando la popolazione fu deportata a Meadowlands (Soweto).

The Suit racchiude e sprigiona simultaneamente suggestioni e sentimenti diversi l’amore di un uomo, la delusione di un tradimento, la speranza di un canto che sale leggero, il desiderio di vendetta e di perdono, la desolazione dell’apartheid, la fragile sofferenza del senso di colpa cucito addosso come un abito, la sapiente semplicità di una scena fatta di niente e che contiene tutto.

 

Visto il 4 dicembre 2013 al Teatro dell’Aquila di Fermo in inglese (lingua originale del testo).

 

 

 

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